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5G senza Huawei? Si può fare. Così Gubitosi (Tim) toglie l’alibi ai filo-cinesi

Il 5G si può fare, senza i cinesi. Parola di Luigi Gubitosi, ad di Tim, che al Forum Ambrosetti di Cernobbio ha tirato una linea dritta. “Se mi chiedete se immagino qualche problema nel caso in cui ci trovassimo in una situazione come quella del Regno Unito, la risposta è no” ha detto il manager ai cronisti a margine della kermesse.

Un riferimento al governo di Boris Johnson, che a metà luglio ha annunciato un bando delle aziende cinesi dalla rete inglese a partire dal 2027. Tim è stato il primo e principale operatore italiano a prendere l’iniziativa sul 5G cinese.

A maggio Reuters ha annunciato che l’azienda non ha invitato alla gara per al rete core 5G in Brasile e in Italia Huawei, colosso tech cinese con base a Shenzen accusato di spionaggio dagli Stati Uniti. Decisione strategica presa dal vertice, e ribadita senza se e senza ma al forum degli industriali italiani.

“Noi abbiamo più fornitori – ha detto Gubitosi sabato – il nostro fornitore principale è Ericsson, poi Nokia e Huawei: non avremo difficoltà nel tempo a gestire la situazione”.

È la prima volta che il numero uno dell’ex monopolista si esprime in modo così chiaro sull’addio alla cinese Huawei. La scelta di Tim ha anticipato, se non preso in contropiede, il lavoro del governo italiano per restringere l’accesso del fornitore cinese alla banda ultralarga.

Da Palazzo Chigi nessun bando in arrivo, ma un lavoro di rifinitura del “perimetro cyber” composto dai Cvcn (Centri di valutazione e certificazione nazionale) e la stesura di prescrizioni stringenti per gli operatori che vogliano proseguire con le aziende del Dragone.

Ancora una volta, nella partita del 5G europeo è il mercato a dettare il passo. Gubitosi smentisce chi ritiene infattibile mettere alla porta le aziende cinesi sospette di spionaggio per conto del governo centrale. Si può fare, “senza problemi”.



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