Rafforzare la presenza russa nell’Artico e mettere al sicuro le risorse naturali che lo scioglimento della calotta polare renderà inevitabilmente più accessibili. Questa la ragione di Mosca dietro il recente vasto spiegamento di forze nelle gelide acque a cavallo tra l’Alaska e la Siberia per alcune esercitazioni. Durante l’esercitazione, lo U.S. Northern Command (comando operativo che si occupa della difesa del territorio continentale statunitense e delle zone limitrofe, Artico compreso) ha avvistato un sottomarino in emersione a largo delle coste dell’Alaska.
L’ESERCITAZIONE
Secondo quanto affermato dall’ammiraglio Nikolay Yevmenov, capo della Marina russa, sarebbero state circa 100 gli assetti militari (tra aerei, navi e sottomarini) impegnati nelle manovre nelle acque polari dello scorso venerdì. La flotta russa presente nel Pacifico, che ha partecipato alle manovre, ha affermato che il sottomarino a propulsione nucleare Omsk (un sottomarino, secondo la denominazione Nato, della classe Oscar II) e l’incrociatore Varyag hanno sparato – in simulazioni di tiro – missili da crociera contro bersagli prestabili. Fonti ufficiali hanno riportato anche il lancio di missili da crociera dalla penisola di Ciukci, territorio alle estreme propaggini orientali della Federazione russa, verso le acque limitrofe del Golfo di Anadyr. “Questa è la prima volta che compiamo questo tipo di manovre: ci stiamo abituando agli spazi artici”, ha affermato l’ammiraglio Yevmenov in un comunicato rilasciato dal ministero della Difesa. “Stiamo costruendo le nostre forze – ha aggiunto – per assicurare lo sviluppo economico della regione”.
L’AVVISTAMENTO DEL SOTTOMARINO
In un articolo pubblicato su Forbes, si sottolinea la possibilità che il sottomarino avvistato nelle stesse ore a largo delle coste continentali degli Stati Uniti possa essere proprio il vascello Omsk. Alimentato da due reattori nucleari e armato principalmente con 24 missili antinave SS-N-19 Shipwreck (denominazione Nato) capaci di raggiungere a velocità supersonica obiettivi distanti poco meno di 650 Km, l’Omsk è in grado di trasportare una testata nucleare da 500 chilotoni. Sebbene l’agenzia di stampa di stato russa RIA Novosti abbia riportato fonti vicino alla flotta russa del Pacifico per cui l’emersione dell’Omsk sia da considerarsi come un’azione di routine, la stessa agenzia rilancia un’ interpretazione esattamente contraria. Secondo l’ammiraglio in pensione Viktor Kravchenko, già capo di Stato maggiore della Marina russa, l’azione sarebbe stata portata avanti con la precisa intenzione di inviare un messaggio a Washington. “È un segnale – ha detto – che testimonia che non stiamo dormendo e che siamo ovunque vogliamo”. In un tweet rilasciato nella giornata di venerdì, lo U.S. Northern Command ha confermato che il natante russo non ha inviato richieste di soccorso né invaso le acque territoriali nazionali. È da segnalare, inoltre, che nemmeno i velivoli da ricognizione marittima Tu-142 intercettati nelle stesse ore hanno violato lo spazio aereo canadese o statunitense.
I PIANI DEL CREMLINO PER L’ARTICO
Nel corso del 2020 Mosca ha accelerato i propri progetti di sviluppo nella regione polare. Come sottolineato in un paper pubblicato dal Nato Defense College, l’azione russa nell’area artica si basa su una pianificazione di lungo periodo che guarda al 2035 come data ultima per la realizzazione dei progetti polari del Cremlino: progetti che spaziano dalla ricerca di risorse e alla costruzione di infrastrutture alle tematiche più strettamente legate alla difesa e al confronto con le forze dell’Alleanza Atlantica, che conta quattro dei cinque Stati artici (Canada, Stati Uniti, Norvegia, Danimarca). Data la crescente attenzione internazionale verso le latitudini del circolo polare, l’obiettivo prioritario di Mosca è quello di mantenere e rafforzare la propria posizione di Stato artico in grado di difendere i propri confini e di sfruttare tutte le risorse disponibili: una posizione, come rimarcato dagli studiosi, di sostanziale continuità rispetto alle politiche artiche condotte dall’esecutivo russo nel corso degli ultimi due decenni.
LA CENTRALITÀ DELL’ALASKA PER LA STRATEGIA ARTICA USA
La recente stesura della strategia artica dell’Aeronautica statunitense ha rimarcato l’importanza del Polo nord per i progetti di Washington. “L’Artico è oggi tra le regioni più strategiche del mondo”, ha sottolineato il segretario dell’Aeronautica americana Barbara Barrett, a margine della presentazione del documento. “Questa strategia – ha aggiunto – riconosce il rilevante peso geostrategico della regione e il ruolo cruciale per la difesa del territorio nazionale e per la proiezione a livello globale”. Già nel 2019, all’interno della più generale Strategia per l’Artico del Pentagono, il dipartimento guidato da Mark Esper aveva rimarcato l’importanza del ruolo delle Forze aeree e spaziali nazionali nella regione polare. Sarà proprio l’Alaska una delle chiave di volta per la difendere la regione dalle crescenti attività russe e cinesi: la posizione geografica dello Stato, un tempo parte dell’Impero zarista e acquistato dagli Stati Uniti nel 1867 per volontà dell’allora segretario di Stato William H. Seward (per diversi anni venne chiamato la “ghiacciaia di Seward”) e la decisione della Difesa di stabilire nello stato una delle più alte concentrazione di aerei di quinta generazione F-35 farà dell’ex territorio russo la base di lancio ideale per la proiezione statunitense tra i ghiacci, sempre più sottili, del polo terrestre.