Skip to main content

Cose turche. Così Di Maio guarda a Turchia e Grecia (con occhio a Libia e Libano)

Difficile ricordare in epoca recente un momento più burrascoso tra le acque del Mediterraneo come questo attuale. Grecia e Turchia nel quadrante orientale, quello dove le correnti sono più forti e mobilitate da tempo, si contendono uno spicchio di mare nevralgico per gli equilibri geopolitici interni all’alleanza Nato, su cui le potenze rivali (Russia e Cina) potrebbero sfruttare l’instabilità con obiettivi strategico-competitivi.

In questo quadro la telefonata con cui il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha cercato Mevlüt Çavuşoğlu, con al centro il tema delicato del Mediterraneo orientale, diventa un impegno importante per riportare la situazione sulla rotta del dialogo, verso la stabilizzazione. Nel quadrante, come riportato su queste colonne, serve un “approccio moderato e collaborativo”, spiega la Farnesina: “Necessità” secondo Di Maio per “ridurre le tensioni e risolvere le questioni pendenti”, argomento su cui c’è “l’impegno dell’Italia a lavorare per facilitare il dialogo”.

Oggi il capo della diplomazia italiana partecipa alla ministeriale Esteri con al centro appunto la situazione nel Mediterraneo orientale, ma anche gli sviluppi della crisi libanese (oltre che Venezuela e Bielorussia). Due dossier geograficamente contigui, il Levante e il Mare Nostrum, che si sommano nella stessa necessità geopolitica: stabilizzare un’area nevralgica, delicata e fondamentale, le cui tensioni sfociano poi sul teatro più sensibile (e sfruttabile) del Nordafrica. Vedere per esempio i collegamenti tra i fronti in campo sul lato greco della contesa mediterranea – con Egitto, Emirati e Francia, supporter più o meno indiretti di un altro fronte, quello sì a forte coinvolgimento, in Libia, sempre contro la Turchia (e il governo onusiano amico dell’Italia).

La partita è molto complessa, Di Maio si trova – anche per colpa della pandemia e della disattenzione generale delle altre stanze del potere italiano, non fosse per la Difesa e per gli Affari Europei, sempre ottimamente connessi – a giocare su schemi delicati. Da una parte c’è l’impellenza di sfruttare il momento per stabilizzare la Libia, come chiedono apertamente gli Stati Uniti, e dunque sfruttare un allineamento con la Turchia – che s’è messa a disposizione per fare il lavoro sporco che altri hanno evitato, ossia assistere militarmente Tripoli contro l’assalto ribelle. Dall’altra fermare Ankara e le sue pretese aggressive con la Grecia, in una partita doppia in cui la Francia allunga tentacoli e cerca di sfruttare gli spazi coprendo un’azione apertamente unilaterale stiracchiando l’effige europea.

Gli Stati Uniti, e la Difesa appunto, con la Nato che diventa l’elemento centrale – ora riconosciuto anche dall’Eliseo, che qualche mese fa parlava di “morte celebrale” dell’alleanza, ma adesso ritiene la cooperazione nel settore come via maestra per la stabilità. Compito arduo per il ministro degli Esteri italiano, muoversi in un quadrante dove stakeholder esterni di primaria importanza, come Israele e paesi del Golfo (in fase di riavvicinamento dopo l’accordo con gli Emirati) proiettano i propri interessi.

Che prevalga la diplomazia è un auspicio ottimistico, ma anche una volontà che proviene da più parti – per primo dagli Stati Uniti che col crescere delle tensioni si sono fatti player centrale anche per perseguire questa necessità. Altrettanto sta facendo la Farnesina, dove chiaramente le luci resteranno accese anche a Ferragosto visto la delicatezza del contesto.

×

Iscriviti alla newsletter