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Salvare Alitalia era blasfemo ma ora c’è da salvare Lufthansa…

E pensare che solo a nominarla, a Bruxelles, a qualcuno veniva il mal di pancia. Alitalia, la compagnia italiana nata, morta e risorta molte volte. Guai a mettere in piedi l’ennesima operazione di salvataggio con soldi pubblici, con quei 3 miliardi freschi inseriti nel decreto Rilancio e destinati proprio al sostegno della newco a trazione pubblica (nocciolo statale, più un partner industriale privato, ancora ignoto e scorporo tra attività di terra e aria) per la nuova Alitalia, che già a maggio avevano risvegliato l’Antitrust europea.

Leggi che però non sembrano valere per la potente Germania. Perché proprio oggi quell’Europa così intransigente con Alitalia, ha dato il via libera al salvataggio di Lufthansa, compagnia di bandiera tedesca e tra i principali vettori europei, fatta a pezzi da tre mesi di pandemia (2,1 miliardi le perdite solo nel primo trimestre dell’anno).

Sei miliardi di denaro pubblico più una garanzia di Stato sui prestiti della Kwf, la Cassa Depositi e Prestiti tedesca, più un ritorno dello Stato nel capitale daranno vita a un’operazione che varrà 9 miliardi. Tanto serve infatti non solo per salvare la compagnia, ma anche per metterla in sicurezza. Non è tutto. Lufthansa dovrà con ogni probabilità ridurre di 100 unità la flotta (760 velivoli) e chiudere la controllata Germanwings. In realtà Lufthansa era in crisi già da prima della pandemia, visto che già nel primo trimestre del 2019 aveva perso 342 milioni, per poi recuperare terreno.

Ma il dato politico c’è e rimane. La Germania potrà salvare la sua compagnia di bandiera, mentre per Alitalia è ancora tutto da vedere e da dire (per ironia della sorte il socio industriale potrebbe essere proprio Lufthansa).

E così, da Bruxelles è arrivato il disco verde alla ricapitalizzazione di Lufthansa. Ricapitalizzazione che poggia su un solido accordo coi sindacati: nella notte i vertici della compagnia (partecipata al 15,5% dal miliardario Heinz Thiele) e il sindacato tedesco dell’equipaggio di cabina Ufo hanno dichiarato di aver raggiunto un accordo che comporterebbe risparmi da 500 milioni di euro per la compagnia aerea. L’accordo – che deve ancora essere approvato dai membri dell’Ufo – include congelamenti salariali, riduzione delle ore di volo, pacchetti di prepensionamento e congedi non retribuiti per gli assistenti di volo della Lufthansa.

L’ammontare dell’operazione approvata oggi, nel dettaglio, si suddivide in 300 milioni di euro di partecipazione diretta equity attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale pari al 20% di Lufthansa, 4,7 miliardi di partecipazione attraverso uno strumento equity non convertibile e un altro miliardo di partecipazione ma attraverso una obbligazione convertibile.

La vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, era indubbiamente soddisfatta. “Questo importante pacchetto di aiuti aiuterà Lufthansa ad affrontare l’attuale crisi che ha colpito particolarmente il settore aereo ma viene adottato con alcune condizioni compresa quella che lo Stato sia sufficientemente remunerato ed ulteriori misure per limitare le distorsioni della concorrenza. In particolare, Lufthansa si è impegnata a rendere disponibili slot e asset sugli scali di Francorte e Monaco”. Anche l’Italia avrà lo stesso trattamento?

Formiche.net ha chiesto un commento all’economista dei trasporti presso la Bicocca di Milano Andrea Giuricin. “Partendo dal presupposto che l’interventismo di Stato è sbagliato se mirato a singole compagnie, l’intervento chiaramente è diverso e segue quello che è il regulatory framework europeo. Non deve quindi sorprendere”, spiega. “Il dato è chiaro: il Covid-19 non può essere la scusa per salvare aziende che erano già in perdita prima della crisi e Alitalia nel 2019 ha perso oltre mezzo miliardo di euro, mentre Lufthansa ha chiuso con 1,2 miliardi di utili”.

“A mio parere l’errore europeo è stato però quello di non aver coordinato l’intervento necessario nel trasporto aereo, magari con prestiti garantiti come è stato fatto in Uk e in tanti altri stati (di fronte alla più grave di sempre) perchè il rischio è quello che alla fine della crisi non rimangano le compagnie più efficienti e meritevoli, ma quelle che sono state in grado di prendere più soldi dei contribuenti”.



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