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Tim e Open Fiber, nessuno è di troppo. La versione di Debenedetti

Rete unica sì o no. E a chi il controllo? Il giorno dopo il botta e risposta tra Beppe Grillo e Open Fiber sulla societarizzazione della rete con relativo affido della gestione dell’infrastruttura, ci si chiede ancora se e quando arriveranno le prossime mosse del governo.

Ieri il premier Giuseppe Conte ha offerto una sostanziale sponda al piano di Grillo, che prevede una società della rete a guida Tim ma con una robusta presenza dello Stato nel capitale, a mezzo Cdp, oggi azionista poco sotto il 10% ma che nella logica grillina dovrebbe salire al 25%, portandosi poco al di sopra di Vivendi, la media company francese primo socio privato dell’ex monopolista. In Parlamento il M5S si sta già muovendo, preparando una mozione che vada nella direzione indicata da Grillo. Il nocciolo è però sempre e solo quello, il controllo della rete.

NO A OPEN FIBER FUORI DAI GIOCHI

L’economista Franco Debenedetti, esperto di telecomunicazioni, ha una sua idea ben precisa sul da farsi. “Open Fiber è nato perché si voleva creare della concorrenza. Io sono a favore della concorrenza, se però è giocata ad armi pari. Il problema è che qui non si è giocato ad armi pari e mi riferisco all’azienda di Stato. Quindi, ancorché la presenza di una concorrenza sia benefica è pur sempre una concorrenza falsata. Tuttavia vorrei vedere cosa riesce a fare Open Fiber, non me la sentirei di estrometterla dalla partita della rete”, spiega Debenedetti.

“Voglio dire, Open Fiber esiste, bene. Allora la società porti la sua rete in Italia, Tim faccia invece il suo”, prosegue. “Non mi sembra centrale la questione di quante società della rete dobbiamo avere, non c’è al momento qualcuno da buttare giù dalla torre. Open Fiber ha vinto delle gare, faccia quello che deve fare, poi si vedrà. Faccia della concorrenza a Tim, che da parte sua ha una rete che può funzionare molto bene”.

GUAI A TOCCARE LA RETE DI TIM

“Voglio però chiarire un aspetto. Quando si parla di ingresso in forza dello Stato in Tim, è bene precisare che Tim, senza la rete, non è nulla. E quando dico nulla è nulla, intendo che rimarebbe solo una catena di negozi”, mette in chiaro l’economista. Il punto è questo: integrata o no, con o senza altri partner, è essenziale che Tim abbia il controllo anche societario della sua rete, se non vuole mettere a rischio la sua esistenza come grande azienda”. Debenedetti ha le idee chiare anche sull’ingresso in forze dello Stato dentro Tim, paventato e auspicato dal Movimento 5 Stelle. “Siamo ridotti a farci difendere dai francesi. Bollorè vuole difendere la rete, societarizzarla non è un problema, quello che conta è mantenenerne il controllo. Se così non fosse, è un esproprio. Non si può togliere la rete a Tim, perché sennò la società non vale nulla. Respingo la possibilità di una rete Tim a controllo pubblico, perché così si mette a rischi la società”.

 



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