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Gli Stati Generali sono un’occasione, Conte non la sprechi. I consigli di De Masi

Il rischio di una farsa c’è. Ma gli Stati Generali dell’economia convocati da Giuseppe Conte a Villa Pamphili potrebbero essere anche qualcosa di più. Magari un punto di partenza per un nuovo modello di Paese, al di là delle singole misure per il rilancio di un’economia demolita dal coronavirus. Domenico De Masi, sociologo e autore di diversi saggi sul lavoro che cambia, vede nell’iniziativa lanciata dal governo la settimana scorsa, nel corso di una conferenza stampa, una grande occasione.

De Masi, con ogni probabilità giovedì prossimo prenderanno il via gli Stati Generali dell’economia. Sensazioni?

Il mio auspicio è che Conte faccia quello che ha promesso: riunire intorno a un tavolo davvero le menti più brillanti. Perché senza personalità di spessore e rilievo non avrà senso tutto quanto. Una cosa è certa, non sarà facile in termini di operazione di concertazione. Lo dico da sociologo, ci sono tante scuole di pensiero in economia, liberisti, neo-liberisti… Sarà possibile trovare una sintesi?

Il rischio qual è?

Che a seconda delle diverse posizioni in campo, e non parlo solo di quelle politiche, si scelga di allocare le risorse del Recovery Fund in un modo piuttosto che un altro. Già questo, per esempio, potrebbe essere un problema. Per questo la sfida di Conte non sarà facile. Inoltre c’è un altro ostacolo.

Sarebbe?

Sarebbe un grave errore ridurre gli Stati Generali a un qualcosa di meramente economico. Mi spiego: è evidente che in questo momento l’economia è un grande problema. Ma qui serve ripensare il Paese dal profondo, non basta fare i conti, non bastano i numeri. Serve un nuovo modello sociale, industriale, un modello politico anche. Sono decenni che l’Italia non ha un modello di riferimento. Questa sì che sarebbe una grande conquista e un modo per mettere a frutto l’occasione che si presenta. Tutte le grandi società sono nate su modelli di riferimento, non dimentichiamolo. La Russia Sovietica nasce nel 1917, ma su idee di decenni indietro, quelle di Marx. L’Italia, questo modello, non lo ha.

Veramente avremmo la Costituzione…

Sì, ma la Costituzione è del 1948. Dal 1948 ad oggi molto è cambiato soprattutto per quanto riguarda il lavoro. Settant’anni fa il lavoro era la metà della nostra vita, oggi circa un decimo. Non le pare che servano dei cambiamenti?

Mi dica una sua idea di Stati Generali…

Ecco, prendiamo come esempio Davos. Ogni anno si riuniscono le migliori menti e i personaggi più di peso della finanza mondiale. Bene, perché non facciamo la stessa cosa per creare quel modello di cui abbiamo bisogno. Bastano una trentina di buoni cervelli, perché prima si creano le idee, poi possono arrivare i politici per metterle in pratica.

De Masi a proposito di lavoro, c’è da giurare che uno dei temi portanti dell’adunata a Villa Pamphili sia il lavoro. Da dove ripartiamo?

Il dibattito oggi è tutto o quasi sulle nuove tecnologie, ovvero sullo smart working. E allora la domanda è: le nuove tecnologie creano più lavoro di quanto ne distruggano o ne distruggono più di quanto ne creano? Dovremmo partire da qui, perché questa è la domanda del futuro sulla quale si sono interrogati molti economisti e sulla quale dovrebbe interrogarsi, soprattutto, la platea degli Stati Generali. Secondo me le nuove tecnologie tolgono più lavoro di quanto ne creano.

Non resta De Masi che augurarsi che questi Stati Generali non solo siano qualcosa di serio, ma anche con un’agenda all’altezza…

Guardi dipende da Conte e da chi chiamerà. Dalla brillantezza dei cervelli e dalle tematiche affrontate. Se ci sarà il giusto mix allora una possibilità che sia un successo c’è.



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