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Infrastrutture, ideologia o buonsenso? Il dilemma di M5S e Pd. Scrive Cianciotta

Le grandi infrastrutture e i dossier gestiti dal Mise (energia e idrocarburi in primis) hanno costituito un nodo cruciale nella continua dialettica politica tra la Lega e il M5S (Salvini non a caso ha aperto la crisi dopo la spaccatura in Parlamento sulla Tav), perché alla base dei diversi valori politici dei due partiti che avevano dato vita al contratto di governo, c’era innanzitutto una visione diametralmente opposta sullo sviluppo e la crescita. Differenza sostanziata nella opposta interpretazione delle politiche economiche (flat tax e reddito di cittadinanza) e nella individuazione degli strumenti a sostegno della crescita (e le infrastrutture costituiscono la misura più importante tra quelle anticicliche).

Pd e M5S sanno bene che questi campi sono minati (soprattutto tra i grillini) e possono produrre deflagrazioni incontrollabili, tensioni che puntualmente si sono materializzate in modo virulento in questi giorni sul caso del prestito ad Autostrade, querelle che fa seguito ad un’altra posizione molto dura sostenuta dal vicesegretario del Pd Orlando contro Fca.

Stavolta è stato il viceministro dell’Economia Buffagni a stoppare qualsiasi ipotesi di prestito ad Autostrade, con una entrata a gamba tesa che ancora una volta ha rimesso in discussione il lungo e faticoso lavoro di mediazione che il ministro alle Infrastrutture De Micheli sta svolgendo da mesi per arrivare ad una soluzione condivisa sul tema delle concessioni autostradali.

De Micheli non è affatto convinta che bisogna procedere con la revoca, e d’accordo con lei c’è una larga parte del Pd oltre ad Italia Viva, e in queste settimane lo stesso ministro ha accelerato la nomina dei nuovi commissari straordinari, ai quali saranno affidate 25 opere strategiche, soluzione che guarda un po’ non piace affatto ai grillini. La revoca della concessione è stato da sempre un cavallo di battaglia del M5S, che ristabilisce il primato di questo principio ogni volta che va rinegoziato l’equilibrio di forze all’interno della maggioranza di governo.

Chi scrive ha più volte manifestato la propria contrarietà ad ogni soluzione che contempli la revoca della concessione, ipotesi che darebbe un segnale negativo al mercato oltre a minare la fragile reputazione del Sistema Paese (per fortuna che gli investitori istituzionali hanno dato una risposta positiva sui BTP), che continua a non tutelare e sostenere l’investimento privato.

Quando si discute di più Stato nell’economia, del resto, a prevalere ancora una volta è la cultura antindustriale e la demonizzazione del contributo privato, fondamentale invece per la realizzazione e per la gestione di nuove infrastrutture, a patto che lo Stato non abdichi al suo ruolo di controllore come per troppi anni è accaduto proprio nel sistema delle concessioni autostradali.

È tempo che Pd e M5S escano dalla logica dei sussidi e delle politiche redistributive, peraltro a debito, che non producono crescita, superando quella strategia sulla quale hanno trovato la sintesi per governare fin dall’inizio della costituzione del governo. Non si possono perdere ulteriori settimane a promuovere estenuanti negoziazioni, che poi vengono rimesse in discussione dalle affermazioni di esponenti dell’una o dell’altra forza di governo.

Alla vigilia della costituzione del governo fu proprio Di Maio a scagliarsi contro Autostrade, oggi è stato Buffagni, qualche giorno Orlando ha messo nel mirino Fca. Una politica seria negozia e si confronta per il bene della collettività, evitando di ascoltare ed assecondare sempre e solo i sondaggi. E ovviamente questo refrain vale per la maggioranza di governo così come per l’opposizione.

Eppure le prossime settimane sono decisive sia per definire il decreto Semplificazioni, che conterrà una robusta iniezione di sbrurocratizzazione per accelerare l’apertura dei cantieri (le risorse ci sono ma i cantieri faticano a materializzarsi) che per mettere a punto il bonus 110%, pensato dal ministro Patuanelli per rimettere in esercizio il sistema dell’edilizia.

Patuanelli è stato il primo ministro dello Sviluppo economico che ha convocato al Mise un Tavolo dedicato all’edilizia. La soluzione del bonus 110% nasce proprio dal confronto con le associazioni di categoria (l’Osservatorio Nazionale sulle Infrastrutture di Confassociazioni fa parte del Tavolo tecnico del Mise).

Il M5S e il Pd farebbero bene ad ascoltare di più persone di buon senso come Patuanelli e De Micheli.


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