Buone notizie per l’Italia sul fronte delle emissioni che incidono sui cambiamenti climatici: negli ultimi 28 anni i gas nocivi immessi in atmosfera sono diminuiti del 17%, passando da 516 a 428 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. La diminuzione è dovuta alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali. Calano anche le emissioni nel settore agricolo (-13%), che costituiscono il 7% delle emissioni, circa 30 milioni di tonnellate di CO2: l’80% di queste viene dagli allevamenti, in particolare da quelli bovini (70%) e suini (10%), mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti.
È il quadro dello stato delle emissioni nazionali contenuto nei due rapporti presentati oggi da Ispra in videoconferenza, il “National Inventory Report 2020” e l’“Informative Inventory Report 2020”, le due comunicazioni ufficiali che il nostro Paese prepara secondo quanto previsto dalla Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, dal Protocollo di Kyoto e dal Meccanismo di Monitoraggio dei Gas Serra dell’Unione Europea. Nei due documenti vengono analizzati gli andamenti delle emissioni dal 1990 al 2018 dei gas serra e degli altri inquinanti, descrivendone le sorgenti e documentando le metodologie di stima.
Dei 428 milioni di tonnellate di CO2 immessi in atmosfera in Italia nel 2018, il 24,4% sono emissioni prodotte dal trasporto, il 24% dalle industrie energetiche, il 19,5% dal settore residenziale e dai servizi, il 12,6% dall’industria manifatturiera, l’8% da processi industriali, il 7% dall’agricoltura, poco più del 4% dai rifiuti. Per quanto riguarda i singoli inquinanti, viene rilevato che per il PM10 primario la fonte principale di emissione è il riscaldamento (54%) ed è l’unico che aumenta le proprie emissioni (+41%) a causa della crescita della combustione di legna per il riscaldamento residenziale. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto (NOx) la principale fonte di emissione rimane il trasporto su strada che comunque mostra una riduzione del 71% dal 1990 al 2018; tra i settori interessati l’unico che evidenzia un aumento delle emissioni è il riscaldamento (+36%).
Come abbiamo visto, circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti derivano dai settori della produzione di energia e dei trasporti, con un aumento del 2% rispetto ai livelli del 1990. L’aumento maggiore è dovuto al trasporto su strada (+3%), a causa dell’incremento della mobilità di merci e passeggeri. Da sottolineare la diminuzione delle emissioni prodotte dalle industrie energetiche che, rispetto al 1990, scendono del 30%, a fronte di un aumento delle produzione di energia termoelettrica ed elettrica. Il settore dei processi industriali registra una diminuzione di emissioni di oltre il 14%, mentre segnano un aumento del 5,6% quelle derivanti dalla gestione e dal trattamento dei rifiuti, che però sono destinate a ridursi nei prossimi anni grazie all’aumento della raccolta differenziata e alla riduzione del conferimento in discarica.
Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 sono definiti, a livello europeo, dal cosiddetto “Pacchetto dell’energia”, che prevede una riduzione del 40% di tali emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia dovrà ridurre le emissioni di gas serra di una quantità pari a circa 50 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti annui.
Secondo uno studio dell’Università di Amburgo il Mar Glaciale Artico potrebbe ritrovarsi del tutto libero dai ghiacci in estate anche prima del 2050. La ricerca ha analizzato i risultati di 40 diversi modelli climatici e ha considerato la futura evoluzione della copertura di ghiaccio al Polo Nord per uno scenario “con elevate emissioni future di CO2 e scarse misure di protezione in favore del clima”. Con queste simulazioni il ghiaccio marino nell’Artico “scompariva assai rapidamente in estate”. Tuttavia, il nuovo studio rivela come “il ghiaccio marino artico in estate scompaia occasionalmente anche se le emissioni di CO2 sono rapidamente ridotte”.
Passato lo tsunami del coronavirus occorrerà fare qualche riflessione e anche qualche intervento concreto per prevenire fenomeni dalle conseguenze catastrofiche. Si dovrà dar seguito a quel “Green Deal” che sia la Commissione Europea che il governo italiano hanno messo in campo. Potrebbe rivelarsi uno strumento utile alla tanto auspicata ripresa economica.