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Voucher, immigrati nei campi e fase 2. L’opinione di Muroni e Delmastro

Immaginare una sanatoria per i migranti irregolari da utilizzare nel comparto agricolo è uno sfregio alla legalità o una misura pragmatica che occorre in questa emergenza? Tocca a loro o ai percettori del reddito di cittadinanza andare nei campi ed evitare di far marcire frutta e verdura? E ancora, il tema della flessibilità, da declinare con attenzione per evitare che le imprese si vedano costrette a licenziare in massa, come può essere affrontato nei giorni in cui si sta programmando la cosiddetta fase 2?

PERCHÉ SÌ

Il futuro dell’Italia? Nelle mani degli agricoltori. Parte da questa premessa Rossella Muroni, parlamentare di LeU e già presidente nazionale di Legambiente, per ragionare sul fatto che la risposta all’emergenza non può passare dall’abbassamento dei diritti dei braccianti. Dal momento che occorrono almeno 200mila persone subito, a fronte di un numero complessivo di operai agricoli di 1,1 milioni, osserva che che appena il 36% sono i lavoratori stranieri regolari.

“Senza di loro si torna a un’agricoltura con sole braccia italiane, una realtà che non conosciamo almeno dagli anni ‘70. Affinché questa pandemia non diventi occasione per strumentalizzare quelle sofferenze e nel contempo emarginare e sfruttare ancor più lavoratori e lavoratrici agricoli, dobbiamo dire chiaramente che non si può usare il dramma del coronavirus per fare proposte che vanno a discapito dei diritti del lavoro: penso alle garanzie contrattuali e costituzionali, alla salute di milioni di donne, uomini e non dimentichiamo dell’ambiente”.

SETTORE IN CRISI

Ad oggi il panorama settoriale offre uno spaccato di migliaia di aziende agricole in gravissime difficoltà, con imprese che chiedono a gran voce sgravi fiscali e contributivi, e anche sostegno ai consumi e alle esportazioni, oltre che misure di natura comunitaria. Secondo Muroni la proposta “di reintrodurre i voucher rischia di amplificare la platea degli sfruttati, abbassando ulteriormente le loro retribuzioni e consolidando la loro marginalità sociale”. Il motivo? Il caporalato e lo sfruttamento “non sono episodici o espressione di un sistema di produzione arretrato, ma una delle punte più avanzate di un modello di sviluppo che ha permesso a padroni, mafie e potentati vari, di conquistare potere e profitti milionari”.

REGOLARIZZARE

Propone quindi di raccogliere l’appello lanciato dalla Flai Cgil e dall’associazione Terra! Onlus per chiedere la regolarizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno, “perché come ci ricorda il sociologo Marco Omizzolo, possano essere riconosciuti non più come corpi da sfruttare e lasciare dormire in capanne di fango ed eternit, ma come uomini e donne titolari del fondamentale diritto alla salute, alla rappresentanza, del diritto di parola, di associazione, di autorappresentazione, di lotta, in un Paese che nasce democratico proprio sulla lotte dei braccianti e dei contadini”.

E aggiunge: “Penso soprattutto che non possiamo permetterci in alcuna maniera di sbagliare la fase 2. Dobbiamo evitare fughe in avanti di settori e territori che potrebbero compromettere gli sforzi fin qui fatti. Che sia il governo, coadiuvato dal comitato tecnico, a decidere tempi e modalità per la riapertura ricordando che mai come adesso nessuno si salva da solo”.

PERCHÉ NO

La sanatoria per i migranti irregolari è una misura pragmatica che davvero occorre? Il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro Delle Vedove dice a Formiche.net che è “uno sfregio alla legalità ideato da quella sinistra che non perde il suo ideologismo di fondo”. Ovvero, dinanzi ad una emergenza straordinaria come quella sanitaria in corso uno dei primi pensieri di quella parte politica è stato quello di “sanare strumentalmente gli immigrati con la scusa che debbano lavorare nei campi, mentre penso che ci sarebbero ben altre opzioni sul campo”.

Il riferimento è ad un atteggiamento “più intelligente sulla flessibilità, penso ai voucher”, ma anche ai percettori del reddito di cittadinanza che potrebbero andare nei campi italiani “ed evitare di far marcire frutta e verdura, dunque non abbiamo bisogno di immigrati”. Ma con quali modalità? In primo luogo, sottolinea Delmastro, i percettori del RdC ricevono dallo Stato delle sovvenzioni e in questo momento lo Stato ha bisogno di manodopera.

MIX DI PAGAMENTO

“Si potrebbe immaginare un mix tra il mantenimento di una quota di RdC e il pagamento da parte dei datori di lavoro di un’altra quota: in questo modo si aiuterebbe per davvero un comparto, come quello agricolo, fortemente in difficoltà”. E annuncia che tale proposta sarà portata in seno alla cabina di regia tra governo e opposizione, così come FdI ha fatto per la reintroduzione dei voucher inseriti nel più generale ragionamento sulla flessibilità del mondo del lavoro.

“Dopo il coronavirus l’Italia per ripartire dovrà cambiare sicuramente marcia e il mondo che abbiamo conosciuto fino a ieri non ci sarà più, a meno che l’Italia non si voglia rassegnare al declino. Stiamo immaginando come rimettere in moto il Paese: penso alla detassazione, allo shock fiscale, alla sbrurocratizzazione. Come emendamenti al primo decreto Cura Italia abbiamo già chiesto l’abolizione del Decreto Dignità”.

PIÙ FLESSIBILITÀ

Il motivo, precisa, va ritrovato nel fatto che oggi le imprese sono dinanzi ad un bivio: rinnovare il contratto e trasformarlo da tempo determinato a indeterminato oppure licenziare? “Licenzieranno purtroppo, mentre noi per evitarlo abbiamo chiesto misure di flessibilità, come l’abolizione della sugar tax e della plastic tax, accanto al già citato voucher per tutti i lavori stagionali. Su questo inviterei i grillini ad un ragionamento: tutti i giorni si stanno chiedendo come dividere la torta, noi oggi ci dobbiamo chiedere invece come continuare a produrre una torta che poi semmai sarà da dividere”. Ovvero la redistribuzione va bene, ma se nessuno produce la ricchezza non si potrà distribuire nulla.

REGIONALIZZARE LE APERTURE?

Regionalizzare le aperture come proposto dal ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli? “Sì, ma farle per settori. Credo che la logistica non avrebbe dovuto chiudere e avrebbe aiutato la ripresa. Io sono di Biella e qui c’è il distretto industriale più avanzato d’Italia”. E racconta che gli imprenditori locali nei primi giorni di lockdown non si lamentavano del fatto di non poter aprire, ma avrebbero voluto solo vendere le centinaia di milioni di euro di commesse già pronte in magazzino, per le quali probabilmente riceveranno anche le richieste di danni. Aprire la logistica vorrebbe dire far arrivare a destinazione un camionista con massimo due magazzinieri impegnati. “Numeri sostenibili, con le giuste distanze sociali e sanificazioni di rito. Si sono detti disponibili a sobbarcarsi tutti gli oneri del caso, anche quelli degli autisti, ma per aprire finalmente, perché quelle merci lì tra qualche decina di giorni non varranno più nulla”.

GLI ERRORI DEL GOVERNO

Un grave errore, quello del governo sulla chiusura del comparto logistico, sottolinea, come un errore è stato quello di voler procedere alle nomine nelle partecipate che Paolo Mieli sul Corriere della Sera di oggi ha descritto con queste parole: “Prudenza e decenza avrebbero dovuto imporre che i prescelti della volta scorsa restassero in proroga”.

Secondo l’on. Delmastro l’analisi di Mieli conferma che al governo “sono stati imprudenti e indecenti, perché proprio nel momento in cui gli italiani si chiedono come mangiare e bussano al governo per sapere quando riaprire, chi ci amministra anziché studiare soluzioni settore per settore, procede alacremente ad una spartizione di cariche e poltrone: un bell’epitaffio morale sull’esperienza pentestellata, la più imbarazzante della caste che si sia vista in Italia”.

twitter@FDepalo


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