Il tentativo del generale ribelle Khalifa Haftar di strozzare la capitale – interrompendo l’arrivo di acqua potabile – ha avuto una reazione violenta del governo di accordo nazionale di Tripoli (Gna). Nell’arco di una settimana, il capo miliziano dell’Est ha perso il controllo della fascia che da Tripoli va verso la Tunisia (sia lungo la costa che verso l’heartland) e sta per subire la perdita di Al Watiya e Tarhouna, due centri nevralgici dell’offensiva che dal 4 aprile dello scorso anno ha lanciato con l’intento di rovesciare il governo onusiano in Libia di Fayez Serraj e conquistare il paese.
“A un anno dall’inizio dell’attacco su Tripoli si registra un importante cambio di scenario, dopo la riconquista di qualche mese fa di Gharyan, che aveva segnato la prima vittoria del Gna, nei giorni scorsi infatti, e in sole 16 ore, le unità di Serraj hanno riconquistato tutta la costa ovest tripolina, comprese due città importanti come Sabratha e Sorman, e ha preso il controllo di tre accessi su quattro della base aerea di Al Watiya”, spiega a Formiche.net Daniele Ruvinetti, esperto delle dinamiche libiche.
La base è circondata dalle milizia che da Misurata e da Tripoli sostegno il fronte anti-haftariano, passato a una fase proattiva contro la milizia Libyan national army – nome altisonante con cui a cui il signore della guerra della Cirenaica chiama i suoi uomini per spingere una narrazione che ne legittimi le operazioni in nome della nazione. L’avanzata è anche frutto della superiorità aerea che il Gna ha ottenuto attraverso il sostegno turco, sponsor esterno che assiste Tripoli per interessi diretti (il Mediterraneo) e proxy (contro i paesi del Golfo e l’Egitto che sponsorizzano Haftar).
“Da ieri è partita invece l’attacco per la conquista della città di Tarhuona, rimasta a questo punto l’unico gancio di appoggio nella Tripolitania costiera in mano alle forze di Haftar, e importante base per l’Lna nell’offensiva su Tripoli. Anche in queste ore il Gna sta bombardando le posizioni militari di Haftar nell’area, grazie ai droni turchi. Un vantaggio che permette alle unità di Serraj di avanzare molto velocemente”, aggiunge Ruvinetti.
La caduta di Tarhouna rappresenterebbe per Haftar un durissimo colpo, un problema tecnico perché lì arrivano le supply chain che permettono i lunghi rifornimenti dalla Cirenaica all’Ovest libico. Centinaia di chilometri di separazione fisica che affaticano l’avanzata e scollegano la centralità del potere haftariano dal fronte dei combattimenti – dove, anche per questo, sono impiegati contractor prevenienti da altri paesi africani (su tutti sudanesi e ciadiani).
“Possiamo dire che perdere Tarhouna rappresenterebbe la fine dei sogni di conquista di Tripoli per Haftar, dando poi la possibilità al Gna di puntare su Al Jufra, un’altra città molto importante al centro della Libia, punto di snodo tra Cirenaica, Tripolitania e Fezzan”, spiega Ruvinetti, che ha profondi contatti in Libia. Al Jufra è un altro dei punti di arrivo dei rifornimenti haftariani, che potrebbero essere anche intensificati alla luce degli arretramenti.
“Ovviamente queste conquiste fatte negli ultimi giorni dal Gna – aggiunge – sono frutto della collaborazione militare firmata a fine novembre tra Tripoli e il governo turco. Un passaggio che ha permesso alle forze di Serraj di rafforzarsi dal punto di vista militare e quindi di organizzare un massiccia controffensiva”.
L’avanzata militare potrebbe essere un elemento che aggiunge pressione anche al flebile processo politico-negoziale, che è in stallo dopo il mezzo fallimento della Conferenza di Berlino e le dimissioni dell’inviato speciale dell’Onu Ghassam Salame: “Diciamo che è questo ad aver convinto il Gna che ad oggi è quasi impossibile trovare un accordo politico con Haftar e quindi li ha spinti a contrattaccare e riconquistare le posizioni perse in modo da essere più forti su un eventuale tavolo di trattativa, se si dovesse aprire in un prossimo futuro”.
Oggi l’aviazione del Gna ha lanciato dei volantini in arabo e in russo su Tarhouna, in cui erano scritti messaggi per annunciare l’avvio delle operazioni militari nella città. Diverso il contenuto nei due messaggi. “Abbiamo compreso che con voi la pace non è possibile”, c’è scritto nel documento russo, e ancora: “Uccideremo tutti quelli che rifiutano di deporre le armi. È la vostra ultima chance. La neve di Mosca si scioglie al fuoco del Vulcano”.
“Vulcano di rabbia” è il nome dell’operazione di controffensiva del Gna; la scritta in russo è probabilmente pensata per inviare il messaggio ai contractor che Mosca ha disposto sul campo per puntellare Haftar – i mercenari del Cremlino erano parzialmente indietreggiati con l’arrivo sul teatro della Turchia, ma nelle scorse settimane sono tornati visibili tra Tarhouna e Jufra. Tarhouna tra l’altro fa da sede a un’operation room diretta da emiratini e consiglieri russi, e i contractor di Mosca vengono spostati nelle aree più vicine al fronte sbarcando all’aeroporto cittadino.
In arabo invece l’obiettivo dei volantini è evidentemente la popolazione civile: “Ti invitiamo a stare lontano da dove si trovano i combattenti e a restare a casa”, ma soprattutto: “Non permettere agli uomini armati di stare tra le abitazioni. Ogni uomo armato è un bersaglio delle nostre forze terrestri e aeree”. Poi un richiamo ai combattenti: “Chiunque abbandonerà le armi sarà salvo”.