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È tempo di proteggere l’identità (geo) politica dell’Italia. Parla il prof. Clementi

Fino a ieri la costruzione dell’immaginario collettivo e quindi la corrispondenza alla realtà dello stesso, erano facilmente sovrapponibili, oggi sempre di più c’è una divaricazione tra quello che appare e quello che nei fatti è. Questa la traccia che secondo Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato all’Università di Perugia, va seguita per scomporre il puzzle sull’asse fake news e pandemia, e ricomporlo per analizzare i rapporti transatlantici e i valori geopolitici in gioco tra Roma e Pechino, anche dopo i risultati inaspettati del sondaggio Swg, nella consapevolezza che il Dna dell’Italia si ritrova nel suo essere un Paese europeista, atlantista e mediterraneo.

FAKE NEWS E CRISI

Come rischiano di cambiare i rapporti transatlantici e i valori in gioco? “L’uso dei social media – dice a Formiche.net il prof. Clementi –ha cambiato molto il modo di informazione, determinando un forte aumento delle fake news. E questo sempre più ormai si vede cerca di spostare, appunto tramite delle fake news, la politica, compreso il nostro tradizionale sistema di alleanze. Così, mentre ieri la costruzione dell’immaginario collettivo e quindi la corrispondenza alla realtà dello stesso, erano facilmente sovrapponibili, oggi sempre di più c’è una divaricazione tra quello che appare e quello che nei fatti è. Più quello che appare allora è diverso da quello che è, più quello che appare cerca quindi di condizionare e di modificare la realtà dei fatti. E in questo spazio, in questa divaricazione, prolifera, appunto, la vecchia propaganda “fatta con nuovi mezzi”.

TELEPECHINO?

Tra questi nuovi mezzi sembra esserci anche il servizio pubblico, che nei giorni successivi all’arrivo degli aiuti per affrontare il Covid-19 da parte delle tre potenze ha raccontato gli aiuti cinesi in moltissimi passaggi audiovisivi. Il servizio pubblico ha esagerato?

“L’analisi svolta da Formiche (sulla base del materiale audiovisivo fornito da Datastampa, ndr) fa emergere qualche domanda naturalmente. Non da ultimo perché ciò avviene in una fase nella quale gli italiani, costretti dalla pandemia a stare a casa, inevitabilmente guardano di più la televisione. In questo senso, sarebbe stato il caso forse – scherzando ma non troppo – di introdurre per casi come questi davvero la par condicio che si usa durante le campagne elettorali: almeno tutti, grandi e piccoli, vicini e lontani, amici da sempre o amici estemporanei di una sera, avrebbero avuto il loro giusto e corretto spazio uguale di fronte agli occhi degli italiani. Sorprende, su tutti, in questo la lettura informativa che ha dato il servizio pubblico. Che, immagino, dopo aver visto questi dati, sarà ben attento a restituire agli italiani il rispetto informativo che meritano, dando loro quel pluralismo che, secondo l’analisi di Formiche, gli è venuto a mancare. Pluralismo che, peraltro – aggiunge il prof. Clementi – qualifica da sempre le democrazie, ossia proprio quegli ordinamenti che sono stati penalizzati da una lettura fatta, a stare ai dati, davvero con il monocolo”.

COMUNICAZIONE E CONSENSO

Ci troviamo, dunque, in una situazione in cui l’alterazione della comunicazione ha un obiettivo: provare ad alterare il consenso sociale intorno alla tradizione che identifica il nostro Paese lungo tre grandi assi culturali: un Paese europeista, atlantista e mediterraneo. “Tre ambiti che hanno fatto la fortuna dell’Italia e dove l’Italia ha sviluppato la sua democrazia e quei diritti che, nonostante l’emergenza della pandemia, riusciamo ancora a tutelare e difendere, anche mantenendo, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Paese unito e compatto. E non è poco. Certo, da tempo siamo sotto attacco delle fake news, che hanno trovato l’Italia impreparata nella gestione della sua tradizionale costruzione dei rapporti pubblici esterni. Eppure, ad esempio, vi è stato un intervento intenso ed importante di sostegno al nostro Paese, fin dall’inizio, degli Stati Uniti e di molti Paesi europei, dalla Francia alla Germania, al di là ed oltre di quello dell’Unione europea e di quello di altri Paesi, che sembrano tuttavia aver goduto di un favor da parte della comunicazione, forse sostenuta in modo inconsapevole sotto la pressione della pandemia da qualche soggetto istituzionale. Se ciò è stato, è stato un errore. E va denunciato”.

MULTILATERALISMO?

Non ci dobbiamo confondere, aggiunge il professore, divenendo vittime di un reflusso contrario e opposto all’idea di globalizzazione. “La grande forza del nostro Paese è stata sempre quella legata al multilteralismo sia nella dialettica europea che in quella mondiale. Allora la grande sfida che l’emergenza coronavirus ci impone è quella di proteggere le due sponde dell’Atlantico da un lato e, dall’altro, di rafforzare quelle europee. Insieme, e contestualmente. L’alternativa, infatti, rischia di essere una colonizzazione, anche culturale, che rischia di farci perdere il senso della nostra missione nel mondo: quella di un Paese capace di produrre dialogo e confronto tra Stati e uomini, perché culla di civiltà, di bellezza e di storia. Cioè se sapremo ben difenderci, appunto, dalle fake news ancora una volta in futuro”.

twitter@FDepalo

 

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