Skip to main content

La globalizzazione cara all’élite? Spazzata via. Il libro di Ocone e Gervasoni

Campane a morto suonano per il globalismo. La vera grande vittima del Coronavirus, secondo il saggista e filosofo Corrado Ocone (che assieme al docente universitario Marco Gervasoni ha scritto il libro in distribuzione con Il Giornale “Coronavirus: fine della globalizzazione”), è proprio “l’idea globalista”. Il pamphlet, di agile lettura ma piuttosto ficcante nell’analisi del fenomeno, è concepito seguendo una sorta di dualismo. Un doppio binario che focalizza due punti di vista, valutando il Covid e le sue conseguenze sulla società, sulla politica, sull’economia nel solco delle sensibilità dei due autori. Gervasoni, docente di storia contemporanea all’università del Molise, si sofferma sulle ricadute sul profilo geopolitico della pandemia cinese, proponendo peraltro una critica sferzante al liberalismo.

D’altro canto, il filosofo Corrado Ocone, scandaglia le ripercussioni ideologiche che la diffusione del Coronavirus in un senso ha definitivamente sbriciolato e dall’altro ha rafforzato. “Riflettendo – spiega Ocone a Formiche.net – mi sono reso conto che non è finita tanto la globalizzazione, quanto più l’idea globalista. Quell’apparato di assunti che stanno alla base del complesso meccanismo che viene definito come globalizzazione”. Un portato ideale sviluppato “dalle élite mondiali”, identificati come quell’insieme di persone “di cultura cosmopolita fondata sui parametri del politicamente corretto e dei liberi mercati finanziari”.

Insomma quella parte di società “che ha contribuito a dare forma ai processi di globalizzazione, a partire dai trattati di Maastricht”. Un complesso consesso che annovera tra i suoi principali esponenti “i membri di un certo accademismo – dice Ocone – che ha celebrato l’ideologia globalista proponendola come naturale derivazione dell’Illuminismo fondato sull’ingegneria sociale alla cui base sta l’idea di ridisegnare il mondo senza ammettere spazio alcuno per il dissenso”. Tesi questa che, a detta del filosofo, “porta agli estremi la mentalità razionalistica che viene a cozzare con i principi sui quali si fonda la struttura umana”.

Tutto questo, è crollato. La pandemia ha definitivamente spezzato “una forma mentis sostenuta da un élite che si è trovata impreparata a fornire risposte legate all’efficacia della globalizzazione i cui limiti sono diventati evidenti ai più”. Ma, a detta di Ocone, la cosa più strana e in un certo senso paradossale è che “si sia spogliato il re”. Nel senso che “è caduto quel velo di ipocrisia che portava le élite a fare delle cose che i sovranisti volevano, ma che loro in pubblico hanno sempre ripudiato”. “L’esempio – continua il filosofo – è quello della Germania che, dietro il paramento europeo, porta avanti istanze nazionalistiche in suo favore, chiaramente”.

“A livello europeo – analizza – fattori come la gaffe della presidente della Bce Lagarde e della presidente della Commissione europea Von der Leyen, hanno fatto in modo che il sovranismo si sia affermato prepotentemente. A titolo esemplificativo: non solo si sono chiuse le frontiere, bensì si sono chiuse tutte le case”. Ma soprattutto “si è riscoperto paradossalmente il senso profondo della libertà in contrapposizione rispetto ai processi di globalizzazione che, ne sono sicuro, verranno via via smantellati nel tempo”. Il globalismo, insomma, è morto a Wuhan. Buona lettura.



×

Iscriviti alla newsletter