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Quanto costerà alla Russia la crisi del petrolio? L’analisi di Moccia

La Russia cerca di rilanciare l’iniziativa per far fronte alla guerra dei prezzi del petrolio. La controffensiva è affidata ad un pezzo da novanta del sistema politico ed economico russo, Kirill Dmitriev, il capo del fondo sovrano russo, che, in una intervista alla Reuters, ha rilanciato la necessità di un nuovo patto tra l’Opec – il principale cartello dei paesi produttori di greggio – e gli altri paesi produttori di greggio per ristabilire l’equilibrio economico sui mercati.

Dmitriev ha parlato apertamente della possibilità di estendere il nuovo accordo anche ad altri Paesi chiave al di fuori dell’Opec, ma per quanto riguarda la possibile presenza al tavolo degli Stati Uniti non ha voluto fare commenti. Parole che non hanno fatto cambiare linea all’Arabia Saudita nella guerra dei prezzi e, di fronte ai rumor di colloqui diplomatici con Mosca, Riad afferma di non avere al momento alcun canale aperto. “Non ci sono stati contatti tra i ministri dell’Energia della l’Arabia Saudita e della Russia su un aumento dei Paesi Opec Plus (l’assetto dei negoziati sul petrolio che vede la presenza dell’Opec più la Russia), né alcuna discussione su un accordo congiunto per bilanciare i mercati petroliferi”, ha dichiarato il ministro dell’Energia saudita in una nota.

A Mosca però cresce la preoccupazione sia per il braccio di ferro innescato con l’Arabia Saudita per la produzione petrolifera che, più in generale, sugli effetti legati all’emergenza coronavirus che, secondo quanto riferito dal viceministro all’energia russo, Pavel Sorokin, stanno causando un taglio della domanda di greggio pari a 20 milioni di barili al giorno. Per il politico russo la sommatoria dei due shock, uno legato all’emergenza del virus e alle sue conseguenze economiche, l’altro, assolutamente evitabile ed addizionale, come quello innestato dalla corsa all’output petrolifero dell’Arabia Saudita, sta creando problemi particolarmente estesi all’industria estrattiva. Sorokin ha anche affermato che la Russia aveva previsto un calo dei prezzi a 30 dollari al barile a causa del fallimento delle trattative in seno all’Opec Plus: “Prima dei colloqui di marzo abbiamo fatto un’analisi abbastanza dettagliata che prevedeva tutte le varie opzioni a seconda degli eventi, tra cui, purtroppo, quella che si è materializzata”, ha detto il viceministro.

Per il momento, l’industria energetica russa può contare su un alleato importante la Cina. Secondo le stime di flusso del greggio, la Cina nelle ultime settimane sta comprando greggio a ritmi record, sfiorando la cifra di 1,6 milioni di tonnellate di greggio russo, l’Ural. Questo anche perché, come indicano gli analisti di Wood Mackenzie, Pechino sta sfruttando il sensibile calo dei prezzi per alimentare le proprie riserve strategiche. Più in generale, alle porte di aprile, l’intenzione del Cremlino è quella di spingere sull’acceleratore dell’export di greggio anche il prossimo mese, soprattutto nei porti del Baltico, un aumento che dovrebbe raggiungere il 12 per cento secondo alcune stime del ministero per l’energia russo. Greggio che in ogni caso andrà quasi sicuramente ad alimentare la spirale dell’eccesso di offerta.

La società di consulenza Rystad Energy, in una nota, spiega che il più grande surplus petrolifero mai visto nella storia in un singolo trimestre colpirà il mercato globale proprio a partire da aprile, creando uno squilibrio nell’ordine dei 10 milioni di barili giornalieri e mettendo in crisi gli impianti di stoccaggio, che non saranno più in grado di accumulare scorte. Secondo le stime, il 76% della capacità mondiale di stoccaggio è già impegnata; in sostanza, afferma Rystad Energy, nel volgere di pochi mesi si saranno riempiti tutti i serbatoi di stoccaggio del greggio. Tornando a Mosca, c’è chi però pensa che la tempesta del cheap oil potrebbe affossare presto l’economia russa, un Paese che basa gran parte del suo bilancio dalle rendite petrolifere.

Parlando proprio del bilancio statale, qualche giorno fa, il ministro delle finanze russo, ha dichiarato che la caduta del prezzo del petrolio da sola costerà all’economia russa 40 miliardi di dollari nel 2020. Un effetto, che cumulato con il blocco dell’economia a causa delle misure di contenimento del coronavirus che anche la Russia ha assunto, potrebbe mandare in affanno le casse del Cremlino.



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