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Kirghizistan, Bielorussia e Armenia. Ecco le crisi che preoccupano Mosca

Le forze militari kirghise hanno ripreso il controllo del Jogorku Kenesh, il Parlamento occupato da giorni dalle opposizioni. Il Comitato di Stato per la Sicurezza ha parlato di una mossa importante per ristabilire l’ordine, forzata dall’imposizione dello stato di emergenza proclamato dal presidente Sooronbay Jeenbekov — che continua a esercitare il suo ruolo da un luogo protetto e ha annunciato di essere pronto a dimettersi una volta ritrovato l’equilibrio nel Paese.

È questa d’altronde la volontà della Russia, da non sottovalutare perché la Federazione è il più importante degli attori che si muovono sul Kirghizistan — tra i Paesi più poveri dell’Asia centrale, di cui veniva anche considerato (avventatamente?) un’isola democratica felice. Mosca teme che i disordini possano esplodere in una problematica di sicurezza regionale, e sotto quest’ottica accetta anche prove di forza come il nuovo ordine di arresto contro Almazbek Atambaev, ex presidente liberato dal carcere dalla foga delle manifestazioni. Il suo gruppo di potere rappresenta solo una delle opposizioni, che non sono allineate ma anzi si sono scontrate anche i piazza aggiungendo caos alla situazione già complicata.

Disordine che il Cremlino detesta. La crisi in  Kirghizistan rischia di essere un moltiplicatore di caos, e il Cremlino tutto può permettersi fuorché un’ulteriore caoticizzazione. I riflettori infatti sono già su Mosca, basta guardare i temi in agenda all’appuntamento lussemburghese del Consiglio Affari esteri dell’Ue. Bielorussia, Nagorno-Karabah, caso Navalny: tutti dossier dove il ruolo di Mosca è tirato in ballo o per azioni dirette (come l’avvelenamento di Alexei Navalny) o per la tattica inazione momentanea. La destabilizzazione dello spazio post-sovietico è un elemento di alta criticità geopolitica per Mosca. Non a caso, mentre mancano dichiarazioni importanti sulla crisi, la base aerea russa di Kant (nel Kirghizistan settentrionale) è stata messa in stato di massima allerta.

Per ora, a quanto pare (come in parte a Minsk, e come con maggiori complessità nell’Armenia che combatte per l’Artsakh), anche a Bishkek non è in corso una rivoluzione dal valore geopolitico. Si tratta di faide politiche interne, regolamenti di conti su cui la Russia non soffre il rischio di un disallineamento del Paese. Ma le evoluzioni per il Cremlino vanno strettamente controllate.



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