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L’Italia ha vinto la sfida della Green economy. E l’Europa?

L’Italia è leader in Europa nel riciclo e nell’efficienza. Ma non basta, serve che anche Bruxelles non molli la presa sul Green new deal, la lotta al Covid passa anche da lì. Le opinioni di Gentiloni, Realacci, Ruini, Bastioli e Amendola

O quasi. L’Italia travolta dalla pandemia e a un passo da un nuovo lockdown, seppur formato light, ha un suo asso nella manica per vincere le sfide del futuro, Covid incluso: la transizione energetica e la sostenibilità industriale, sociale e ambientale. Di questo erano più che convinti i relatori intervenuti alla presentazione del GreenItaly 2020, il documento curato da Unioncamere e Fondazione Symbola e che ogni anno fa il punto sull’avanzata dell’Italia sui fronti dell’energia pulita e della sostenibilità. Tra questi, oltre al segretario di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, che ha introdotto il rapporto, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, il ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, il presidente di Symbola, Ermete Realacci, il ceo di Novamont Catia Bastioli e il presidente del Conai, Luca Ruini.

IL VERDE CONVIENE (BUROCRAZIA PERMETTENDO)

“Si dice spesso che investire nella green econonomy è controproducente, persino anti-economico. Ma è vero il contrario”, è stata la premessa di Realacci, ex presidente della commissione Ambiente della Camera. “Abbiamo l’Enel che anni fa è entrata nella prospettiva dell’azzeramento delle emissioni di Co2 e oggi è una delle prima aziende energetiche al mondo per capitalizzazione in Borsa ed è leader globale nelle rinnovabili. Questo dimostra che, quando l’intelligenza umana si sposa con la green economy, allora non c’è nessun gioco a perdere, semmai a guadagnare. Ora però c’è un aspetto, il Recovery Fund.

Ursula von der Leyen ha auspicato che il 37% dei fondi vadano alla sostenibilità e alla transizione. Bene, deve essere così. In questi anni abbiamo visto un’accelerazione verso la green economy, la cui espansione ha comportato anche un calo dei prezzi su scala globale”. Secondo Realacci, il punto è oggi anche “la velocizzazione delle procedure. Tanti soldi, quelli del Recovery, non fanno un Paese più pulito se non c’è un’infrastruttura burocratica efficiente”.

PRIMATO ITALIANO

Enzo Amendola ha parlato di scelte, scelte importanti fatte dall’Italia e che oggi pagano. “L’11 dicembre del 2019 abbiamo sottoscritto il Green New Deal. Una scelta importante, strategica ma non di sentimenti. Abbiamo pensato al futuro, alla transizione radicale. Quel giorno, una scelta politica, ci ha dato una visione del futuro per le imprese e le famiglie. E così l’Italia è diventato il primo Paese in Europa a porre vere basi per una transizione energetica reale”, ha spiegato il ministro. “Oggi siamo primatisti e non lo dico così, per partito preso. Siamo primatisti nell’ecoefficienza, nel riciclo, molto più dei nostri partner Ue. Sappiamo benissimo però che dobbiamo spendere su alcuni capitoli precisi, l’obiettivo sono 77 miliardi dei 209 del Recovery Fund: puntando sul sostegno agli investimenti e puntando al territorio questi 77 miliardi rafforzeranno i nostri primati”.

MANTENERE LA ROTTA

Se l’Italia è insomma in scia alla transizione, non è detto che lo sia l’Europa. La quale, secondo Gentiloni, non deve farsi sfuggire l’occasione. “La pandemia avrebbe potuto frenare la Commissione europea sul Green Deal, ma proseguire sugli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale é stata una scelta identitaria dell’Ue. “Avremmo potuto fermarci, o prendere una pausa”, ha detto Gentiloni.

“E qualche spinta c’é stata, anche da mondi imprenditoriali di Paesi molto importanti e da paesi che vivono questa transizione con più difficoltà. La Commissione invece, d’intesa con grande maggioranza di governi, ha deciso di insistere, anzi di accelerare quelle scelte identitarie che hanno caratterizzato Commissione von Der Leyen fin dall’inizio”, ha proseguito. Una scelta che, ha precisato il commissario europeo, non é priva di rischi, ma “complessivamente contiamo di avere più vantaggi perché se l’Europa si mostra determinata, unita e chiara, la sua leadership comporterà cambiamenti virtuosi nel resto del mondo”.

IL PARERE DELLE IMPRESE

Catia Bastioli, numero uno di Novamont, società chimica una volta della galassia Montedison, ha fornito un punto di vista industriale. “Oggi la partita della transizione si gioco sull’interconnessione delle infrastrutture, tutte quante. Ma soprattutto sui territori. La crisi che abbiamo di fronte è talmente grande che dobbiamo partire da partnership con i territori affinché si raggiunga l’ambizioso obiettivo di fare più con meno. Oggi l’Italia è prima, per esempio, nel riciclo alimentare. Questo non solo è un modello, ma un ottimo punto di partenza”.

Di sinergie ha parlato, infine, anche Luca Ruini, a capo del Consorzio nazionale imballaggi. “Sono assolutamente d’accordo con quanto detto dalla Bastioli, servono sinergie. Durante il periodo della pandemia abbiamo rischiato una crisi dei rifiuti, soprattutto nell’indifferenziato. Ma facendo sistema, abbiamo evitato questo e garantito la continuità dei servizi. Gli strumenti messi in piedi in questi anni dai territori, dai Comuni, stanno a dimostrare come le sinergie possano in qualche modo essere la chiave del futuro”.

 

 


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