Perché sono importanti i nuovi accordi stretti da Eni negli Emirati Arabi, anche nel quadro delle relazioni italiane nel Golfo, dove Abu Dhabi resta in crisi con Doha
L’Eni espande la sua presenza negli Emirati Arabi Uniti. L’azienda guidata da Claudio Descalzi ha firmato un contratto con cui ottiene la concessione per l’acquisizione di una quota del 70 per cento del Blocco esplorativo 3, situato nell’offshore nord-occidentale dell’Emirato di Abu Dhabi. La società italiana sarà alla guida di un consorzio che include una controllata della tailandese Ptt Exploration and Production Public Company Limited (Pttep), con il restante 30 per cento del capitale.
In un comunicato il Cane a Sei Zampe spiega che il Blocco 3 è l’area più grande assegnata tra quelle messe a gara da Adnoc a maggio 2019, quando Eni si era già aggiudicata la concessione delle licenze 1 e 2 da parte dell’Adnoc (la petrolifera locale). Eni in qualità di operatore esplorerà il blocco, che copre un’area di circa 11.660 chilometri quadrati, e valuterà le scoperte esistenti. La fase esplorativa avrà una durata massima di 9 anni, ma i termini della concessione saranno estesi a 35 anni in caso di esito positivo, per le fasi di sviluppo e produzione, nelle quali Adnoc ha un’opzione per detenere una quota del 60 per cento.
Sul territorio la società italiane è presente anche negli emirati di Sharjah e Ras Al Khaimah, oltre che con quote variabili a Umm Shaif, Nasr Offshore, Lower Zakum e Ghasha ad Abu Dhabi. L’accordo è molto importante non solo sotto il profilo economico-commerciale, ma anche per quello che riguarda le relazioni tra Italia ed Emirati. Roma ha tenuto da sempre attiva una politica multivettoriale nel Golfo, considerando tutti i paesi come interlocutori e partner di vario genere. Lo dimostra il fatto stesso che nel giorno in cui Eni firma l’accordo con Adnoc come socio privilegiato, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, è in Qatar siglando un memorandum di intesa per il dialogo strategico.
Eni è un motore informale della geopolitica italiana, che nel Golfo trova il confronto ancora aperto tra Qatar e blocco saudi-emiratino in fase di evoluzione. Con l’arrivo della nuova amministrazione americana infatti, i sauditi sembrano essersi spostati verso una posizione tattica più aperta al riallaccio con Doha, per favorire le relazioni con Washington (che ha interessi con tutti i paesi del Golfo e al di là di qualche dichiarazione fuori dalle righe del presidente uscente, ha sempre lavorato per ripristinare le relazioni). Gli Emirati per ora non sembrano spostarsi verso una politica più aperta riguardo ai qatarini. L’Italia è marginalmente nella partita, e per questo mantiene attivi tutti i canali; anche perché quei paesi sono attori importanti in Libia: il Qatar finanzia l’impegno turco a sostegno del Gna onusiano, gli Emirati Arabi Uniti sono i principali sponsor della ambizioni guerresche dei ribelli dell’Est.