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Vi spiego perché non arriverà Draghi. Parla Dini

Intervista all’ex presidente del Consiglio e governatore della Banca D’Italia Lamberto Dini. Draghi? Non ci sono le condizioni per una sua discesa in campo. Conte? Un consiglio da ex inquilino di Palazzo Chigi: ci metta la faccia, e freni le follie dei Cinque Stelle. Gli 007? Non vedo perché dovrebbe tenere la delega

Da tecnico a tecnico, da ex premier a premier eventuale, un consiglio non richiesto a Mario Draghi. “Non ci sono le condizioni per una sua discesa in campo”. Lamberto Dini, 89 anni, già direttore generale della Banca d’Italia, poi presidente del Consiglio, poi ministro, poi deputato e senatore nel centrodestra e nel centrosinistra, segue ancora con passione, e un po’ di costernazione, le turbolente vicende della politica italiana.

Presidente Dini, il governo Conte-bis va avanti una crisi alla volta. Che immagine viene fuori del Paese di fronte all’Ue e alla sfida della ripresa?

Un’immagine pessima. Sento dire che il presidente è stato bravo a negoziare un Recovery Fund da 209 miliardi, mi chiedo cosa ci sia da esultare. Quei soldi sono stati accordati all’Italia non per la sua bravura ma per la sua debolezza. Abbiamo avuto di più perché avevamo più bisogno ed era nell’interesse di tutti, a partire dalla Germania, darci una mano.

Troppo trionfalismo?

Non vedo grandi trionfi. Il governo ha gestito bene la prima ondata del virus, ha limitato per quanto possibile i danni e perfino incassato il plauso internazionale. A giugno contagi e decessi erano quasi scomparsi. Poi, tra luglio e agosto, è avvenuto il disastro. Abbiamo sbracato, questa è la parola giusta. Tra movida, aggregazioni, piscine e spiagge siamo tornati a contare 500 morti al giorno.

C’è stato un cortocircuito fra tecnici e politica?

Temo di sì. Al governo, non agli scienziati, spetta prendere le decisioni. Conte ha voluto mediare fra categorie e regioni, è comprensibile. Ma i numeri di oggi ci dicono che, evidentemente, non siamo stati all’altezza della situazione. E il governo è pieno di contrasti.

Come quelli che vedono protagonista Matteo Renzi. L’ex premier ha qualche ragione?

Non ho parlato con Renzi, ma l’idea di una cabina di regia con il premier a capo e duecento tecnici sotto, al di fuori del governo, è atroce. Chiunque abbia detto no, ha fatto bene. E a giudicare dagli ultimi giorni mi sembrano in tanti, anche nella maggioranza. Solo i Cinque Stelle rimangono arroccati sulle loro posizioni ideologiche.

A cosa si riferisce?

Penso a questa opposizione a oltranza contro il Mes sanitario. Non possiamo permettercela. Come si fa a dire che abbiamo le risorse? Quali risorse, se non hai un soldo e chiedi tutto a prestito? E, qualcuno dovrebbe ricordarlo, i prestiti diventano oneri sulle giovani generazioni. Questa è follia, ignoranza, incompetenza.

Ieri un’altra spaccatura: i Cinque Stelle non vogliono la Tav.

Se il presidente del Consiglio vuole mostrare la sua indipendenza deve prendere una posizione su queste cose, non rimandare. Lo stesso vale per il Next generation Eu. Quei fondi devono servire per rilanciare le infrastrutture, le comunicazioni con il Sud. Se i Cinque Stelle si mettono contro, il premier si esponga, dica “questo è nell’interesse del Paese”.

In tanti immaginano Mario Draghi a Palazzo Chigi. Fantasia?

In questo momento non ci sono le premesse per una sua discesa in campo. Certo, sarebbe un governo rafforzato, non solo nell’immagine. Ma tutti oggi hanno paura di muovere una singola carta, verrebbe giù l’intero castello. Mi auguro una presa di posizione forte da parte di Conte, non ha nulla da perdere. Purtroppo sembra ostaggio delle fobie dei Cinque Stelle, alla cui schiera, ormai è chiaro a tutti, appartiene a pieno titolo.

In questi mesi il Parlamento è rimasto troppo indietro?

In piena emergenza i Dpcm erano in parte giustificabili. Oggi siamo alle prese con una fase di pianificazione che deve rimanere nell’ambito di un raccordo fra Parlamento e Pubblica amministrazione.

Serve una cabina di regia?

C’è già una cabina, si chiama Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr). Si potevano assumere manager, esperti, predisporre un piano per l’utilizzo dei fondi europei. Ricordiamo che 80-90 miliardi di euro a fondo perduto, ma l’Europa non ci regala nulla. Non si possono spendere in mille rivoli per accontentare tutte le categorie. Questa manovra è uno scempio, un insieme di tanti regalini. Ma non dovrebbe sorprendere: non riusciamo neanche a spendere i soldi del bilancio comunitario.

Come si inverte la rotta?

Con un lavoro di concerto europeo, anzitutto. Il Recovery Fund prevede la possibilità di concordare fra più Paesi la realizzazione di determinati progetti. Sarebbe ad esempio nostro interesse lavorare insieme alla Germania, dalle telecomunicazioni alle infrastrutture. Non ho sentito nessuno parlarne.

Torniamo a Conte e alla gestione della ripresa. Il premier non vuole cedere la delega sul comparto intelligence. Lei cosa farebbe?

Non vedo perché dovrebbe tenerla. Di cosa ha paura? Abbiamo grandi esperti nel settore che possono gestire il comparto e riferire al premier. Sono stato a Palazzo Chigi, so come funziona. I vertici delle agenzie, tanto per precisare, hanno una loro autonomia. Non sono e non devono essere semplici dipendenti del presidente. Ci sarà un motivo se negli Stati Uniti Cia ed Fbi sono organismi federali indipendenti.

Dini, un pronostico per il 2021. Si torna al voto?

Ne dubito, non conviene a nessuno. Andremo avanti a pezzi e bocconi, sperando ci sia una presa di coscienza dell’opportunità che ci viene messa davanti. E magari che si parli meno di piccole questioni partitiche e più di interesse nazionale. Nessuno pronuncia più queste due parole. Ci ha fatto caso?

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