La Cina presenta “motori spaziali di nuova generazione”. Gli obiettivi di una corsa “sfrenata” allo Spazio sono chiari: mettere in orbita una propria stazione spaziale, installare una base umana permanente sulla Luna e portare i primi esseri umani su Marte. Il tutto, naturalmente, prima dei rivali americani, in una gara spaziale dai sapori da Guerra fredda
La Cina scalda i motori (di nuova generazione) per la corsa allo Spazio. Secondo il South China Morning Post, la controllata statale Csac avrebbe fatto “significativi passi in avanti” nello sviluppo di un motore più potente di quelli esistenti, destinato ad alimentare tutte le future ambizioni extra-atmosferiche del Dragone. Le elenca il quotidiano cinese (in inglese, a diffusione globale) ricostruendo la tabella di marcia di Pechino.
IL NUOVO MOTORE
Dotato di un innovativo sistema di gestione del carburante, il nuovo motore sviluppato dalla China Aerospace Science and Technology Corporation (Csac), la “Nasa” di Pechino, andrà a sostituire il vecchio YF-77, attualmente in servizio come propulsore per il primo stadio dei razzi appartenenti alla famiglia dei Lunga marcia. Il nuovo propulsore funzionerà grazie a un carburante basato su una miscela di idrogeno e ossigeno. Secondo quanto dichiarato dalla stessa Csac, il nuovo motore “soddisferà meglio la domanda di energia dei futuri razzi e delle importanti missioni spaziali della Cina”, che ha infatti bisogno di nuovi e più potenti vettori di lancio e di volo spaziale, necessari per raggiungere gli obiettivi delle operazioni in programma.
LA TABELLA DI MARCIA
Già entro la fine del 2022 è previsto il completamento della costruzione della stazione spaziale Tiangong-3 (“palazzo celeste” in mandarino) che diventerà la terza stazione spaziale cinese e la quinta dell’umanità dopo la sovietica Mir e la Stazione spaziale internazionale, l’unica attualmente in funzione. Per i prossimi cinque anni, inoltre, la Cina ha già pianificato tre missioni a lungo raggio che ne testeranno in profondità le capacità tecniche: il recupero di campioni da un asteroide, da Marte e un sorvolo del sistema di Giove, tutte iniziative che richiederanno nuovi modelli di razzi e di trasporti spaziali. Infine, le due gemme del progetto, l’installazione di una base umana permanente sulla superficie della Luna (alternativa a quella promossa dagli Stati Uniti) e raggiungere per primi Marte con degli esseri umani.
LA “LUNGA MARCIA” CINESE VERSO LO SPAZIO
Il programma spaziale cinese non è stato privo di incidenti ed errori, come dimostrano i fallimenti nel lancio dei razzi vettori Lunga Marcia 7A e Lunga Marcia 3B tra marzo e aprile scorsi, e il più recente Kuaizhou-11 a luglio. C’è da ricordare anche il rientro in atmosfera tutt’altro che controllato del primo “palazzo celeste”, la stazione spaziale made in China Tiangong-1, la cui caduta libera verso la Terra aveva destato non poche preoccupazioni anche in Italia nel 2018 (la Casc stessa ammise di non essere in grado di determinare né il luogo né il momento del rientro del relitto). Nonostante tutto, gli incidenti sono stati al più un rallentamento relativo sul programma spaziale del Dragone, che nel tempo ha incassato anche notevoli successi: l’ultimo in ordine di tempo la riuscita missione Chang’e-5 che il 16 dicembre 2020 ha riportato sulla Terra alcuni grammi di campioni lunari facendo della Repubblica popolare la terza nazione a riuscire nell’impresa dopo Stati Uniti e Unione Sovietica (l’ultima a eseguire una missione di questo tipo nel 1976). Prima di allora altrettanto scalpore fece la missione Chang’e-4, il primo allunaggio controllato di un lander sul lato nascosto della Luna dell’umanità, il 3 gennaio 2019.
LA VIA (SPAZIALE) DELLA SETA
All’interno della sonda di Chang’e-4 era presente anche una capsula con alcune larve di baco da seta per testarne la possibilità di crescita in un ambiente atmosferico pressurizzato, esperimento che assume una ulteriore valenza simbolica se si considera l’importanza che il concetto di “Via della seta” ha per la Cina in generale e, soprattutto, per l’attuale dirigenza politica di Pechino. I progetti cinesi per l’esplorazione e lo sfruttamento dello Spazio sono infatti ampiamente utilizzati dai vertici del Paese per propagandare l’immagine di una Cina all’avanguardia tecnologicamente e potente strategicamente. Nelle informazioni che Pechino rilascia a livello internazionale sull’avanzamento dei propri progetti, largo spazio è infatti dedicato a sottolineare quanto lo Stato sia la forza motrice dietro allo sviluppo del programma spaziale (che solo recentemente si è aperto a timide collaborazioni con compagnie private).
PROGRAMMI SPAZIALI, IMPATTI TERRESTRI
Esattamente come per la corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, quella tra programmi spaziali è una sfida tutt’altro che meramente scientifica. Al di là delle ricadute sul prestigio che le Nazioni coinvolte ottengono dalla dimostrazione delle proprie capacità tecniche, lo sviluppo delle tecnologie spaziali ha un immediato riscontro sul piano dell’industria in generale e, soprattutto, sulla difesa. Nuovi modelli di missili intercontinentali, migliorati sistemi satellitari per la comunicazione, l’osservazione della terra e, perché no, lo spionaggio, sono solo alcune delle più immediate ricadute dello sviluppo spaziale sulle capacità militari di un Paese. Non è affatto un caso se gli Stati Uniti si sono dotati in fretta e fura di una branca militare interamente dedicata allo spazio. La United States Space Force, al di là dei richiami fantascientifici, è sicuramente nata in parte come risposta all’assertività di Pechino nello spazio extra-atmosferico, facendo percepire l’urgenza agli strateghi di Washington di correre ai ripari. Lo Spazio è tornato una terra di frontiera e di scontro, nel bel mezzo di un processo di militarizzazione destinato nei prossimi anni a continuare, e lo scontro vedrà la Repubblica Popolare Cinese tra gli assoluti protagonisti.