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Cari Giorgetti e Moles, attenzione all’offensiva cinese sui media (e fibra)

Huawei in gara per la fibra Rai grazie a un cavillo. L’agenzia cinese Xinhua, via Ansa, dà gran risalto alla nuova rotta ferroviaria da Wuhan a Milano. Meglio stare in guardia

Due notizie hanno riacceso nelle ultime ore i riflettori sulle relazioni tra Italia e Cina.

Prima notizia: ieri è stata inaugurata la nuova rotta ferroviaria da Wuhan, capoluogo della provincia centrale cinese dello Hubei in cui il Covid-19 già circolava a ottobre (come rivelato da un recentissimo studio pubblicato su Science) a Milano. Secondo Wuhan Asia-Europe Logistics, il treno X8015 con un carico di prodotti elettronici, componenti di auto e forniture per la prevenzione dell’epidemia, passerà per il passo di Alataw in Cina e Duisburg in Germania, arrivando a Milano entro 21 o 22 giorni.

Ma, come spesso capita, la notizia è anche chi dà la notizia. In questo caso è l’Ansa, grazie al suo accordo con l’agenzia di stampa cinese Xinhua, definita da Reporters Sans Frontières “la più grande agenzia di propaganda al mondo”. “Questo nostro accordo” nel campo dell’informazione “contribuirà ad allargare la Via della Seta”, aveva auspicato Giulio Anselmi, presidente dell’Ansa, alla firma avvenuta nel marzo 2019 in occasione dell’adesione dell’Italia al progetto espansionista di Pechino. Recentemente, come raccontato da Formiche.net, l’impegno di Xinhua in Occidente – e in Italia – sono stati al centro di un’analisi dell’Alliance for Securing Democracy sugli strumenti utilizzati dal governo cinese per interferire nelle democrazie.

Materiale – a cui si sommano altri rapporti delicati tra i nostri media e Pechino – su cui potrebbe accende un riflettore Giuseppe Moles, sottosegretario con delega all’editoria. Come? Qualche suggerimento l’aveva dato Lindsay Gorman, esperta dell’Alliance for Securing Democracy, iniziativa transatlantica del German Marshall Fund, intervistata alcuni mesi fa da Formiche.net. “Le democrazie come l’Italia dovrebbero istituire solidi requisiti di trasparenza sulla presenza di mezzi di comunicazione controllati dall’estero nella copertura nazionale.

Oltre a ciò, dovrebbero rivedere le loro leggi e politiche sulla proprietà straniera e l’influenza dei media, di concerto con le democrazie che la pensano allo stesso modo attraverso l’Ue, per garantire che la copertura su argomenti chiave del giorno sia guidata da voci indipendenti delle democrazie”. Infine, Gorman suggeriva che “tutte le democrazie guardino all’interno degli ecosistemi dei media digitali e della carta stampata per aumentare il sostegno al giornalismo indipendente nei propri paesi, in modo da non fare affidamento sui finanziamenti da fonti con un’agenda in contrasto con i valori democratici”.

La seconda notizia: alla gara d’appalto da 40 milioni per la realizzazione della nuova rete in fibra ottica di Rai Way si sono presentati tre operatori, tra cui Fastweb con tecnologia, fibra ed apparati targati Huawei. A rivelarlo è il quotidiano La Verità, che spiega come il colosso cinese leader nel 5G già nel mirino degli Stati Uniti e del Copasir possa partecipare grazie a un cavillo: l’obbligo di rispettare le tutele sociali vale solo al 50%. È lo stesso giornale a spiegare che le competenze rientrano nel perimetro del Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) – istituito durante il mandato di Luigi Di Maio presso il ministero dello Sviluppo economico, oggi guidato da Giancarlo Giorgetti – i cui controlli possono essere anche retroattivi.

Nel suo discorso di insediamento al Senato il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva ribadito con forza il posizionamento europeista e atlantista dell’Italia. Un approccio che questa settimana, come raccontato da Formiche.net, è stato abbracciato anche da Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, che ha presentato il suo piano per l’Italia digitale “chiaramente nel quadro europeo e atlantico”. Segnali a cui potrebbero – dovrebbero, azzardiamo dire noi – seguirne altri.

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