La diplomazia si muove attorno al Donbass. La Russia ammassa truppe e mostra i muscoli per dimostrare che è in grado di condizionare il processo di dialogo attorno alla crisi nell’Ucraina orientale, spiega Tafuro Ambrosetti (Ispi)
I leader di Francia, Germania e Ucraina potrebbero incontrarsi entro una settimana per discutere dell’aumento delle tensioni intorno alla regione del Donbass, dove la Russia ha ammassato unità militari e “ora ha più truppe al confine con l’Ucraina che in qualsiasi momento dal 2014”, come ha detto la portavoce della Casa Bianca nei giorni scorsi.
Gli Stati Uniti sono sempre più preoccupati per ciò che vedono come un’escalation dell’aggressione con cui la Russia ha annesso la Crimea e aiutato gruppi filo-russi locali per destabilizzare la regione orientale ucraina. Washington aveva chiesto ai governi europei del “gruppo di contatto” (quello francese e quello tedesco appunto) di muoversi a sostegno di Kiev per de-escalare la situazione.
Il 19 aprile il cosiddetto “Formato Normandia” (il gruppo di negoziazione composto dai due europei più Mosca e Kiev) ha già fissato una riunione; mentre l’ambasciatore francese in Ucraina ha dato la notizia di un probabile viaggio del presidente Volodymyr Zelensky a Parigi, dove entro la fine della prossima settimana dovrebbe discutere dell’attuale escalation nel Donbass con Emmanuel Macron.
I movimenti diplomatici sono intensi tanto quanto quelli militari, in un contesto in cui effettivamente il cessate il fuoco non è mai stato rispettato, sebbene in questi ultimi giorni siano cresciute le violazioni, gli scontri e dunque le vittime (soprattutto tra i soldati ucraini), commenta Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice del Russia, Caucasus and Central Asia Centre dell’Ispi.
“C’è una tensione, un’instabilità che praticamente dura da sempre, e questo ha sviluppato un forte senso di frustrazione da entrambe le parti: adesso Mosca prova a pressare per estorcere delle concessioni”, spiega Tafuro Ambrosetti a Formiche.net.
Cosa vuole la Russia? “Vuol dimostrare la propria forza in ambito negoziale, mostrandosi pronta a difendere militarmente i propri compatrioti”, risponde l’esperta. Mosca ha usato nell’Ucraina orientale la tattica della “passaportizzazione”, ossia ha facilitato i cittadini locali nel ricevere il passaporto russo così da poter creare un flusso narrativo con cui sostenere che nelle province di Donetsk e Lugansk ci vivono prevalentemente russi e le attività russe mirano quindi a difendere dei concittadini.
”Inoltre – aggiunge la ricercatrice dell’Ispi – il Cremlino potrebbe tentare di vedere le carte degli Stati Uniti di Joe Biden, per comprendere effettivamente fin dove Washington intende rischiare per difendere l’Ucraina”.
Recentemente Biden ha telefonato a Zelensky, confermandogli il proprio sostegno, mentre si è tornato a parlare della possibilità che l’Ucraina sia inserita nella Nato – questione aperta da diversi anni, che secondo Tafuro Ambrosetti difficilmente troverà un’accelerazione con l’intensificazione del conflitto nel Donbas.
L’analista valuta che questo show of force russo non intende effettivamente riaccendere il conflitto, “perché Mosca non ha interessi alla guerra, come anche Kiev d’altronde ha fatto capire: piuttosto la Russia cerca un modo per dimostrare che può alterare il processo di negoziato, mostrando i muscoli, e condizionarlo come crede”. È stato lo stesso Zelensky a precisare che non ha intenzione di procedere militarmente contro i separatisti – i ribelli filorussi che ricevano assistenza da Mosca.