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Polizia, 1 miliardo per il 5G (cinese?) I dubbi di Pd e FdI

Dopo l’articolo di Formiche.net sulla gara da quasi 1 miliardo di euro per il 5G delle forze di polizia italiane, la politica reagisce. Pd e FdI chiedono al governo quali misure di sicurezza sono state adottate per evitare che le comunicazioni sensibili finiscano in mano ad aziende cinesi sospettate di spionaggio

Il 5G delle forze di polizia italiane finirà in mani cinesi? È la domanda che si pongono il Partito democratico e Fratelli d’Italia in Parlamento dopo l’articolo di Formiche.net su una gara da quasi un miliardo di euro per l’affidamento della rete 4G LTE e 5G di Carabinieri, Guardia Di Finanza, Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria in undici città italiane.

Alberto Pagani, deputato del Pd in Commissione Difesa, ed Enrico Borghi, deputato e responsabile Sicurezza del Pd e componente del Copasir, hanno depositato un’interrogazione scritta al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Al centro la maxi-gara indetta dal Viminale per la gestione e l’implementazione dei cosiddetti “Servizi mission critical”: oltre alla rete 4G e 5G, in palio ci sono il “servizio di videosorveglianza in mobilità”, la gestione delle “banche dati degli operatori delle Forze di Polizia” e la fornitura di una serie di materiali hardware come tablet, smartphone, accessori per Encoder Video HD.

 

Il tweet di Guido Crosetto che ha lanciato l’allarme

Si tratta di una commessa molto sensibile per la sicurezza nazionale, anche perché riguarda ben undici città e le rispettive province (Bari, Belluno, Bologna, Cagliari, Catania, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino). Alcune di queste ospitano strutture strategiche per la Nato, come la base di Sigonella (Catania) e il Comando Nato per il Sud Europa (Napoli).

Borghi e Pagani chiedono a Lamorgese “se il governo abbia adottato tutte le misure necessarie atte ad evitare che le nostre forze di polizia siano esposte all’ingerenza di soggetti non sicuri e se non ritenga opportuno stabilire requisiti assai più stringenti, atti a garantire che chiunque si aggiudichi il bando possa offrire le necessarie garanzie in termini di sicurezza ed affidabilità”.

Nel bando di gara sono presenti infatti solo generici riferimenti alla sicurezza dell’equipaggiamento e dei fornitori. C’è scritto ad esempio che “l’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente”. Formiche.net ha chiesto al Viminale se in sede di aggiudicamento si terrà conto di altri requisiti di sicurezza.

“Quel che desta maggior allarme è il fatto che il bando sembra fare solo generici riferimenti al tema della sicurezza, mentre il criterio determinante per la sua aggiudicazione sembra risiedere nel “miglior rapporto qualità-prezzo”, scrivono i deputati dem. “È evidente che chi si aggiudicherà la gara avrà dunque la responsabilità della sicurezza delle telecomunicazioni delle forze dell’ordine, del loro equipaggiamento e del transito di dati sensibili”.

Gli operatori in corsa per la gara sono tutti italiani. Ma la maggior parte degli operatori italiani ha fatto costruire la sua rete 4G (su cui si innesterà la rete 5G) da parte di fornitori cinesi. I due principali, Huawei e Zte, sono accusati dall’intelligence e il governo americano di spionaggio per conto del Partito comunista cinese e, svela un report del think tank Cefriel, in alcuni casi hanno costruito più di metà dell’infrastruttura di importanti operatori italiani.

Le stime del report Cefriel

Cosa succede se le comunicazioni sensibili interne alle forze di polizia finiscono in mano a fornitori non sicuri? È la domanda che rivolgerà al governo anche l’opposizione. Dopo che l’ex coordinatore e co-fondatore di FdI Guido Crosetto ha lanciato l’allarme su twitter, al coro si è aggiunto Federico Mollicone, deputato in Commissione Vigilanza Rai: “Chiederemo al ministro dell’Interno Lamorgese in un question time, come già richiesto da Formiche, se, in sede di aggiudicazione, ci saranno altri criteri non esplicitati di cui si terrà conto e se il Centro di Valutazione del Viminale sia già stato attivato per controllare l’equipaggiamento tech della gara. Ci vuole massima vigilanza: ricordiamo che le aziende cinesi delle TLC sono già state escluse da bandi pubblici negli Stati Uniti dato che, in via generale, la legislazione cinese impone l’obbligo di collaborazione con i vertici militari e politici”.

Si aggiunge Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di FdI, che con un’interrogazione chiede “per quali motivazioni il governo non abbia proceduto ad adottare iniziative per una diretta esclusione dei provider cinesi dalla rete, nonostante le indicazioni del Copasir di cui in premessa, o, comunque, per la definizione di parametri ineludibili sulle tecnologie utilizzate” e  se “in sede di aggiudicazione si terrà conto di ulteriori criteri non esplicitati e se il Centro di valutazione (Cv) del ministero dell’interno sia già stato attivato per controllare l’equipaggiamento tech della gara”.


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