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Dopo Suez, aspettando l’Artico. La lezione per l’Italia secondo il Cdp Think Tank

L’incidente nel Canale ha improvvisamente aperto la riflessione su nuove rotte commerciali alternative, a cominciare dall’Artico. Un riassetto non immediato che impone all’Italia un ripensamento del proprio trasporto marittimo. Meno player, ma più grossi e ampliamento degli scali nazionali

Dopo Suez e oltre Suez. L’incidente di pochi mesi fa che ha fermato il 13% del commercio marittimo mondiale per oltre una settimana, a causa di una nave di grosse dimensioni incagliatasi nella sabbia, deve far riflettere. L’Italia, ma non solo. Si pensa a nuove rotte commerciali e il Canale aperto nel 1869 potrebbe un giorno perdere la sua centralità. Per questo, suggerisce uno studio appena redatto da Cassa Depositi e Prestiti Think Tank e coordinato dal capo-economista di Via Goito, Andrea Montanino, è tempo di ripensare il ruolo e la posizione dell’Italia, baricentro naturale del Mediterraneo, nel trasporto marittimo. Altolà, il tutto avverrà nel tempo, perché Suez è e rimane strategico. Ma…

TRA SUEZ E L’ARTICO

Ad oggi, il 90% del commercio internazionale avviene via mare. In tale contesto, il Canale di Suez è uno degli snodi fondamentali. Solo nel 2019, per Suez sono transitate 1,2 milioni di tonnellate di merci e circa 19 mila navi (più di 50 al giorno). Ma, “il blocco del Canale tra il 23 e il 29 marzo 2021 ha riportato l’attenzione sulle possibili rotte alternative per il commercio globale, con particolare riferimento alla Rotta Artica”, mette in chiaro il report. “Attualmente percorribile per soli tre mesi l’anno, a seguito del progressivo scioglimento dei ghiacci la Rotta Artica potrebbe guadagnare crescente competitività grazie alla minore distanza di percorrenza offerta e alla conseguente riduzione di costi”.

Tuttavia, “è difficile pensare che la Rotta Artica possa sostituire completamente quella del Mediterraneo e peraltro per la transitabilità completa occorrerà attendere almeno al 2040. L’accresciuta attenzione alla transizione ecologica, inoltre, potrebbe auspicabilmente rallentare lo scioglimento dei ghiacci e rendere la Rotta Artica navigabile solo per pochi mesi all’anno. È invece probabile che sarà confermata, anche in futuro, la centralità del Mar Mediterraneo, che oggi ospita un terzo dei servizi di linea mondiali del traffico container e che negli ultimi anni è stato primo per crescita degli scambi”. Insomma, l’Artico sì, ma non subito. Nel mentre che si ridisegnano nuove rotte, il commercio su mare cambia pelle.

“Rilevante per il destino delle rotte sarà anche la dinamica di altri trend che stanno rivoluzionando il commercio marittimo. Tra questi: il gigantismo navale, il consolidamento dei vettori e l’integrazione verticale tra gli operatori della filiera. L’Italia, forte della sua centralità nel Mediterraneo, deve identificare gli interventi utili a ridefinire il proprio posizionamento nel commercio marittimo e, più in generale, negli scambi internazionali”.

L’OCCASIONE ITALIANA

Come dunque deve porsi il Paese dinnanzi a un mutamento globale sul fronte del commercio? Ebbene, secondo gli esperti di Via Goito “se da un lato le nuove rotte e i trend in atto rappresentano una grande opportunità di sviluppo per le potenze del commercio marittimo, per il nostro Paese è l’occasione per recuperare centralità nell’ambito delle dinamiche ed evoluzioni dei traffici globali. Questa sfida richiede da un lato il rafforzamento dell’offerta infrastrutturale degli scali nazionali, dall’altro un processo di consolidamento degli operatori della logistica, settore ancora caratterizzato da un’eccessiva polverizzazione”.

Più nel dettaglio, “sul fronte del sistema portuale la presenza di un numero importante di scali con diversa vocazione rappresenta una ricchezza per il Paese che va valorizzata cogliendo le potenzialità ancora inespresse. Tale obiettivo richiede interventi mirati di adeguamento dell’offerta sia all’evoluzione della dimensione e delle caratteristiche delle navi (si pensi alla trasformazione green delle navi), sia alla richiesta di servizi sempre più personalizzati da parte delle shipping”. Non è tutto. “Sul fronte del sistema logistico nel suo complesso occorre accelerare sul piano dei recuperi di efficienza per assicurare agli operatori del traffico marittimo e agli attori del commercio un elevato grado di affidabilità su tempi e qualità del servizio, che continuano ad essere i fattori determinanti per la scelta dei porti da scalare. Nonostante la presenza di indubbie eccellenze, infatti, la percezione degli operatori sui servizi logistici colloca l’Italia nella parte alta della classifica mondiale dell’indice di competitività della logistica , al ventunesimo posto su 167 paesi, ma ancora indietro rispetto alle altre grandi economie europee, testimoniando l’importanza di agire sulle potenzialità inespresse del settore”.

POCHI MA GROSSI

La parola d’ordine sembra essere, spalle larghe. Ovvero, pochi gruppi navali italiani, ma grossi. “Nella direzione di una maggiore efficienza e competitività dell’offerta logistica potrà giocare un ruolo essenziale il processo di consolidamento degli operatori nazionali, oggi numerosi e dimensionalmente non confrontabili con i più importanti player europei o mondiali. Si tratta di oltre 110 mila imprese26 , di cui oltre il 90% ha meno di 10 addetti27 . Queste ridotte dimensioni rischiano di posizionare gli operatori italiani ai margini dell’attuale mercato globale della logistica legandoli alle attività a più basso valore aggiunto all’interno della filiera”.

E allora, “superare gli attuali limiti dell’offerta nazionale di infrastrutture e servizi e promuovere un migliore posizionamento dell’Italia all’interno del commercio marittimo è da considerare rilevante almeno per due ragioni. Primo, sul fronte interno, più di un terzo degli scambi commerciali del nostro Paese avviene via mare e la riduzione della centralità su questo versante del commercio può tradursi in una perdita di competitività per tutti i settori produttivi collegati all’export e all’import. Secondo, sul fronte esterno, il posizionamento geografico dell’Italia è ottimale per intercettare i traffici da/per l’Oriente che oggi rappresenta l’area del mondo più importante per il commercio globale”.

Inoltre, “un sistema portuale e logistico più competitivo consentirebbe all’Italia di acquisire centralità nel processo di regionalizzazione che sta caratterizzando il commercio globale da un decennio e che i trend in atto a livello globale potrebbero ulteriormente rafforzare”. Insomma, la rotta è servita.


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