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Libia, cosa non si è deciso sulle elezioni

Di Massimiliano Boccolini e Emanuele Rossi

Le riunioni organizzate dall’Onu per delimitare il perimetro costituzionale prima del voto di dicembre sono fallite. I delegati politici libici hanno manifestato tutte le loro divisioni, frutto anche di nuove tensioni tra alcuni degli attori esterni come Egitto e Turchia

I colloqui del Forum di dialogo politico sulla Libia sono falliti. La riunione sponsorizzata dalle Nazioni Unite con l’idea di spianare la strada alle elezioni in Libia – che l’Onu ha fissato per il 24 dicembre – non è riuscita a trovare un terreno comune per la costruzione di un quadro costituzionale per il voto.

La comunicazione, diffusa nella tarda serata di venerdì 2 luglio dal vice della missione delle Nazioni Unite in Libia, ha riassunto una settimana di colloqui in cui alcuni politici membri del Forum hanno provato a far slittare la data delle votazioni nonostante le forti pressioni uscite sia dall’Onu che da diverse cancellerie (come Roma e Washington).

Raisedon Zenenga, assistente segretario generale e coordinatore della Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), ha dichiarato alla sessione di chiusura: “Il popolo libico si sentirà sicuramente deluso poiché aspira ancora all’opportunità di esercitare i propri diritti democratici in sede presidenziale con le elezioni parlamentari del 24 dicembre. Ciò non è di buon auspicio per la credibilità e la rilevanza futura del Lpdf (il Libyan Political Dialogue Forum, ndr).”

“Vi incoraggio a continuare a consultarvi tra di voi per perseguire un compromesso praticabile e cementare ciò che vi unisce”, ha aggiunto chiudendo i lavori dell’incontro in cui si sono dimostrate tutte le divisioni presenti all’interno del panorama politico libico. Divisioni che si manifestano in una fase delicata, dove l’avvio del percorso di stabilizzazione che ha seguito il cessate il fuoco di ottobre 2020 e la nomina di un Governo di unità nazionale da parte del Forum, è particolarmente sensibile a certe evoluzioni.

La Comunità internazionale ha ribadito già durante la conferenza Berlino-2 del 23 giugno che il voto di dicembre è da ritenersi un momento cruciale per la creazione di equilibri più solidi nel Paese. Passaggio da abbinarsi all’uscita dal paese delle varie forze straniere che si sono schierate sui due fronti durante l’ultima guerra (aprile 2019 – ottobre 2020) e all’avvio di riforme di carattere economico.

Secondo fonti che parlano a Formiche.net dal Forum di Ginevra, una delle ragioni per cui si è verificato lo stallo è legata alle mosse di alcuni membri che vorrebbero permettere all’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar, di candidarsi alle elezioni presidenziali. Haftar, che nell’aprile 2019 aveva lanciato un assalto militare contro il precedente governo onusiano Gna, è visto da larga parte della Tripolitania come un rivale, e per questo sulla sua figura c’è forte intransigenza a Ovest.

Nella serata di venerdì, il premier nominato dal Forum col compito di traghettare il paese verso le elezioni, Abdelhamid Dabaiba, ha twittato chiedendo a tutte le anime libiche di assumersi la “responsabilità” di “dare priorità all’interesse pubblico ea concordare una formula che assicuri lo svolgimento delle elezioni in tempo e consenta al popolo libico di esercitare il proprio diritto di voto”.

Secondo una fonte libica questa dichiarazione (che va contro le speculazioni sul fatto che Dabaiba volesse allungare la sua permanenza nell’incarico e far slittare i voto) è legata alla necessità di anticipare la candidatura di Haftar. La stessa fonte spiega a Formiche.net che sul processo di dialogo che si tiene in Svizzera sta pesando il raffreddamento dei rapporti tra Egitto e Turchia.

I due Paesi sono due grandi attori esterni del dossier libico, uno sul lato della Cirenaica e l’altro della Tripolitania, che dopo un riavvio delle relazioni sono tornati in attrito post-Berlino-2, quando hanno assunto posizioni diverse sul ritiro delle forze straniere. L’Egitto ha chiesto garanzie di un’uscita completa, la Turchia s’è resa disponibile a ritirare i mercenari siriani ma non le unità regolari che avevano dato sostegno a Tripoli sulla base di un accordo di cooperazione siglato col Gna.



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