Le autorità statunitensi approvano una serie di provvedimenti per spingere molti colossi cinesi quotati a New York a lasciare la Borsa. Ma il delisting di massa con conseguente ripiego su Hong Kong e Shanghai può essere una buona notizia per il Dragone
Arrivederci e grazie. Le grandi aziende cinesi quotate a Wall Street stanno per salutare senza troppi convenevoli la principale piazza finanziaria del globo. Dando vita a un vero e proprio esodo finanziario, con miliardi di dollari di capitalizzazione che prenderanno la via dell’Asia, dopo un paio di decenni trascorsi sui listini statunitensi, Nasdaq o Dow Jones che sia e proprio mentre in Cina si consuma il dramma di Evergrande, da poco sospesa dalle contrattazioni a Hong Kong.
E così, le due principali piazze asiatiche, Shanghai e Hong Kong, si ripopoleranno di quei colossi costretti ad abbandonare la sponda atlantica. Ma c’è un paradosso. Andando con ordine, tutto, o quasi, era iniziato con la passata amministrazione repubblicana, quando l’allora presidente Donald Trump cominciò a sanzionare una serie di società cinesi ritenute ostili e pericolose per la sicurezza Usa, soprattutto a causa del loro cospicuo patrimonio di dati. Da quel momento, nonostante il ricambio alla Casa Bianca, è stata un’escalation, fino ad arrivare alla prospettiva di un delisting di massa.
L’ultima spallata l’ha data la Sec, la commissione statunitense incaricata di vigilare sul mercato finanziario, la quale a appena emanato una serie di disposizioni che incentivano i consigli di amministrazione delle società cinesi, molte delle quali già nella black list di Trump, ad approvare piani industriali che prevedano il disimpegno dai listini americani, in favore delle piazze asiatiche, entro il 2023. La norma è per la verità abbastanza generica, ma chiaramente rivolta ai grandi giganti del Dragone, attivi soprattutto nella tecnologia.
Essa prevede che le società con base presso una giurisdizione che non contempla le normative statunitensi in materia di finanza, sia considerata non conforme dalle autorità Usa. Dunque, non autorizzata a scambiare sui listini a stelle e strisce. L’adozione della nuova regola potrebbe causare un crollo delle azioni delle società della Corporate China quotate negli Stati Uniti, che si vedrebbero costrette a lasciare gli Usa per non compromettere il proprio valore. Questo il rischio concreto per Alibaba, Tencent, Baidu, Meituan, JD.com.
Attenzione però, Pechino potrebbe non essere così scontenta dalla mossa della Sec. Anzi, un simile orientamento potrebbe addirittura offrire una sponda preziosa alla Repubblica Popolare. Perché? Semplice, la Cina è sempre più determinata nel giro di vite proprio contro le società che vogliono lanciare un’Ipo a Wall Street e contro quelle già quotate. Insomma, la Corporate China non è solo nel mirino degli Usa, ma anche in quello del suo stesso governo.
Le ultime indiscrezioni sull’intenzione delle autorità di Pechino di continuare a tarpare le ali ai gruppi con velleità di espansione, parlano dell’opzione di varare nuove regole per imporre limitazioni alle società cinesi che vogliano quotarsi all’estero. Le autorità starebbero prendendo di mira, in particolare, le aziende tecnologiche che detengono i dati degli utenti, mentre si salverebbero le società il cui business è meno dipendente dai dati, come le farmaceutiche. Applicando di fatto lo stesso metro di misura americano. Potere della finanza.