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Biden prova a dimenticare la Virginia con clima e infrastrutture

Il Congresso è pronto a votare il pacchetto da quasi 1.800 miliardi di dollari che porta in dote aiuti alle famiglie, investimenti nelle infrastrutture e il maxi-finanziamento all’energia pulita. La Casa Bianca punta tutto sul compromesso raggiunto con i repubblicani, un modo per lasciarsi alle spalle lo schiaffo rimediato in Virginia

Il sipario sul piano pandemico da 1.750 miliardi allestito dalla Casa Bianca a trazione democratica sta per alzarsi. Tra poche ore i deputati del Congresso americano si pronunceranno definitivamente sul pacchetto di aiuti all’economia e alle famiglie, fortemente ridimensionato, la gittata originaria era di 3.500 miliardi di dollari, dal precario compromesso politico raggiunto una settimana fa da repubblicani e democratici.

D’altronde, non c’era alternativa a un accordo tra il partito dell’Asinello e quello dell’Elefantino: il primo non ha la maggioranza al Senato, dove le forze sono paritarie, tanto che più volte alcuni provvedimenti sono stati approvati grazie al voto decisivo del vicepresidente, Kamala Harris. Ora però il presidente degli Stati Uniti, nelle stesse ore in cui i democratici provano a metabolizzare lo schiaffo rimediato alle ultime elezioni statali (in Virginia il neofita della politica Glenn Youngkin, candidato sostenuto da Donald Trump, ha trionfato a sorpresa sull’ex governatore Terry McAuliffe) sta per portare a casa un risultato importante, proprio in un momento di congiuntura sfavorevoli su cui pesa sia il voto in Virginia sia un consenso che mostra le prime crepe, sondaggi alla mano.

La Camera infatti con ogni probabilità approverà il pacchetto da quasi 1.800 miliardi che porta in dote sia gli investimenti per il clima, ovvero il finanziamento da 550 miliardi all’energia verde con cui combattere le emissioni di carbonio, sia il Build Back Better, il piano per le infrastrutture che vale 1.200 miliardi. E pensare che Biden voleva arrivare a Glasgow, sede dell’ultima Cop26, con il via libera del Congresso al pacchetto, ma dopo l’ennesimo ritardo, registrato nella seduta della Camera, l’ufficio di maggioranza ha informato i media che la votazione al piano infrastrutture sarebbe all’inizio di novembre, senza indicare il giorno esatto.

Dunque, via allo showdown. Tra i capisaldi della versione rivista del piano, come detto i 550 miliardi per il clima, rivendicati dallo stesso Biden come il maggior investimento federale contro l’effetto serra. Fondi dedicati anzitutto (320 miliardi) a incentivi per veicoli elettrici e per la transizione energetica alle fonti rinnovabili dal fossile, gas e carbone. Sul fronte sociale sopravvivono asilo nido universale e sussidi all’infanzia che abbatteranno la povertà, per un totale di 600 miliardi di dollari. Cancellati appaiono invece programmi nazionali di congedo familiare pagato e di abbattimento dei costi dei farmaci, come anche due anni di college pubblico di base gratuito per gli studenti.

Rimane, sullo sfondo, la questione fiscale. Non certo secondaria visto che l’aumento della tassazione negli Stati Uniti è nella visione democratica lo strumento con cui finanziare il piano pandemico, una volta approvato (il 31 dicembre, tanto per ricordarselo, scade la proroga raggiunta in extremis sull’innalzamento del tetto al debito federale).

Come raccontato da Formiche.net, i democratici hanno presentato una nuova proposta fiscale, cucita su misura sui miliardari americani, le cui aziende già dovranno vedersela con l’aliquota del 15% sui profitti realizzati nei Paesi nelle quali operano: la minimum global tax. Ora però si punta a qualcosa di più casalingo, in grado di colpire i fatturati annui oltre il miliardo di dollari e i patrimoni personali e rendite (i capital gain) al di sopra dei 100 milioni di attività. Secondo i calcoli degli stessi democratici, un prelievo secco annuale del 23,5% sulle rendite finanziarie (si stima una platea di 700 unità), basterebbe a coprire buona parte del piano di Biden. Ma se davvero super-tassa sarà lo si vedrà. E non oggi.

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