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Non è una riforma fiscale, ma per Morando la strada è quella giusta

Intervista all’ex viceministro dell’Economia. L’intervento sull’Irpef non sposta molto ma combinato con il superbonus edilizio apre la strada a un aumento del reddito per il ceto medio-basso. La revisione degli scaglioni sarebbe dovuta partire dalle donne. L’Irap? Un miliardo è poca cosa, un segnale politico verso un’imposta che le imprese detestano

C’è modo e modo di investire 8 miliardi di euro nella riduzione delle tasse. Il governo, non è una novità, sta cercando l’intesa sulla nuova Irpef che dovrebbe avere uno scaglione in meno e aliquote diverse da quelle attuali. La misura, a saldo zero visto che una vera riduzione della pressione fiscale non c’è, sarà poi inserita nella manovra da approvare in Parlamento.

Nella testa di Mario Draghi e del ministro dell’Economia, Daniele Franco, che ieri hanno “strappato” coi sindacati sulla riforma dell’Irpef, c’è il taglio da cinque a quattro scaglioni con la cancellazione della quarta aliquota al 41%. Il tutto, secondo le stime, dovrebbe portare a uno stipendio netto maggiorato dai 100 ai quasi 1.000 euro l’anno. Più nel dettaglio, fino a 15mila e oltre i 75mila euro non ci sono cambiamenti di aliquota, mentre per i redditi tra 15mila e 5omila euro ci sarà una riduzione delle aliquote del -2% e -3%. Si poteva fare di più? Forse, sicuramente di meglio, secondo Enrico Morando, viceministro dell’Economia tra il 2014 e il 2018 in quota Pd e co-autore con l’allora ministro Pier Carlo Padoan di non meno di quattro manovre. Ma questo non vuol dire gettare in mare il lavoro svolto fin qui.

L’intervento dell’Irpef è a saldo zero, perché implica solo un riassetto degli scaglioni. Dica la verità, si poteva fare di più?

La cosa importante era fare adesso un intervento coerente con il lavoro concluso dalle commissioni parlamentari che si sono occupate delle riforma (la bicamerale del fisco, ndr). E questo mi sembra sia accaduto, qualora ci fossero stati interventi confliggenti allora ci sarebbe stato un problema. Detto questo siamo dinnanzi a interventi limitati, su questo ci sono pochi dubbi.

Mi scusi ma non pare una buona notizia.

Faccia attenzione. Gli interventi in questione vanno inquadrati in una logica delle riduzione della pressione fiscale che non deriva solo dal riassetto degli scaglioni Irpef, ma anche per esempio, dalla detrazione fiscale al 110% sul super-bonus. La combinazione tra Irpef e detrazione sul superbonus è un buon punto di partenza e sa perché?

Me lo dica lei…

Perché il grosso degli interventi di ristrutturazione riguarderà i grandi condomini e dunque le fasce più popolari. Dunque, la detrazione andrà a incidere positivamente, in combinazione con l’Irpef, sulle fasce medio e medio-basse e alla fine il reddito medio sarà destinato ad aumentare. E questa è una buona notizia. Consideri che le fasce appena menzionate sono quelle che spendono di solito di più per riscaldarsi l’inverno e raffreddarsi l’estate.

Morando, degli 8 miliardi sul piatto, uno è destinato al taglio dell’Irap. Una tassa che le imprese non hanno mai sopportato…

I soldi sono pochi per l’Irap. Si tratta più che altro di un segnale politico, un’apertura verso il superamento definitivo, in futuro, dell’imposta, un concetto e un progetto ormai acquisiti dalle classi dirigenti e che presto o tardi verrà attuato.

Però mi spieghi perché gli imprenditori l’imposta sulle attività produttive proprio non la sopportano…

La ragione per cui l’odio verso l’Irap si è alimentato in questi anni è perché nella base imponibile c’è sempre stato il costo del lavoro, un qualcosa di particolarmente sgradevole per i cittadini. La gente pensava che se un qualunque imprenditore voleva assumere giustamente del personale, allora doveva tenersi pronto a pagare più Irap, proprio per la presenza del costo del lavoro nella base imponibile. Questo ha creato una sorta di frustrazione storica verso la tassa. Per fortuna, il criterio del costo del lavoro è stato eliminato anni fa, dal governo Renzi. Ma il retaggio di una tassa anti-occupazione è rimasto.

Appurati gli interventi esigui del governo Draghi, per una vera riforma fiscale quanto dovremo aspettare?

Una riforma degna di questo nome ci sarà quando avremo un governo con un orizzonte temporale lungo e sufficiente per fare una vera revisione della spesa.

La spending review…

Esatto, ma strutturale, profonda, vera. Solo quando si interverrà seriamente sulla spesa allora potremo incidere su imprese e lavoro e sulle tasse su essi gravanti.

Enrico Morando a Palazzo Chigi. Che cosa avrebbe fatto rispetto a Draghi, sul fisco?

Misure più selettive, mirate. L’intervento sull’Irpef lo avrei fatto partire dal reddito delle donne, perché in questo momento serve attrarre donne nel mercato del lavoro, aumentandone la partecipazione. In tanti anni, a parità di reddito, dovremmo ridurre prima la pressione fiscale sulle donne e poi sui maschi.

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