In una nota ufficiale, il ministero degli Esteri del Nicaragua ha annunciato che interromperà le relazioni diplomatiche con Taiwan. Restano Guatemala e Città del Vaticano, ed è ormai un caso internazionale il sostegno lituano nei confronti di Taipei. Il nonno dell’attuale ministro degli Esteri si schierò per il Tibet…
Un altro alleato di Taiwan taglia i rapporti diplomatici per prendere le parti della Cina. Il governo di Daniel Ortega in Nicaragua ha deciso di porre fine ai legami ufficiali con Taipei e di stringere relazioni con Pechino.
In una nota ufficiale, il ministero degli Esteri nicaraguense conferma che “il governo della Repubblica del Nicaragua rompe oggi le relazioni diplomatiche con Taiwan e interrompe ogni contatto e relazione ufficiale […] Il governo della Repubblica Popolare Cinese è l’unico legittimo rappresentante di tutta la Cina, e Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese”.
L’annuncio arriva ad un mese dalla problematica rielezione del presidente Ortega, in un processo elettorale segnato da denunce e accuse di repressione contro i candidati dell’opposizione.
Foto: Bloomberg
Il Nicaragua è il settimo Paese che ha chiuso i rapporti ufficiali con Taiwan dall’insediamento della presidente Tsai Ing-wen a maggio 2016; gli ultimi due “ritiri” sono stati quelli delle Isole Salomone e di Kiribati nel 2019. C’è molta attesa per la decisione finale del nuovo presidente dell’Honduras e la posizione del Paese riguardo la sua politica internazionale (qui l’articolo di Formiche.net).
Ad oggi però la lista di alleati nel mondo di Taiwan si riduce ancora. Restano appena 14 Paesi che riconoscono l’isola come uno Stato. Tra questi ci sono Belize, Città del Vaticano, Guatemala, Haiti, Honduras, Isole Marshall, Nauru, Palau, Paraguay, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, eSwatini e Tuvalu.
Secondo i dati della Banca Mondiale, questi Paesi rappresentano soltanto lo 0,2% del Prodotto interno lordo globale. L’agenzia Bloomberg sottolinea che “il partner diplomatico economicamente più potente di Taiwan è il Guatemala, che ha il Pil più grande dell’America Centrale con 77,6 miliardi di dollari nel 2020”. Mentre l’economia cinese, nello stesso anno, ammontava a 14,7 trilioni di dollari.
In seguito all’annuncio del governo di Ortega, la Cina ha sollecitato ai pochi alleati rimasti di Taiwan di cogliere “la tendenza storica generale e a scegliere il lato giusto della storia il prima possibile, seguendo l’esempio del Nicaragua”. Ma Xiaoguang, portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del governo cinese, ha dichiarato che “il principio dell’Unica Cina è una regola fondamentale alla base delle relazioni internazionali e del consenso della comunità internazionale […] Il percorso di indipendenza di Taiwan porterà solo a un vicolo cieco. Nessun individuo e nessuna forza può bloccare la tendenza storica della completa riunificazione della Cina e del ringiovanimento della nazione cinese”.
Un altro portavoce, questa volta del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha gettato ombre sulla legittimità del regime in Nicaragua: “Le elezioni farsa del 7 novembre non gli hanno conferito alcun mandato per rimuovere il Nicaragua dalla famiglia delle democrazie americane. Senza il mandato di elezioni libere ed eque, le azioni di Ortega non possono riflettere la volontà del popolo nicaraguense, che continua a lottare per la democrazia e la capacità di esercitare i propri diritti umani e libertà fondamentali”.
“Tuttavia, sappiamo, che questo priva il popolo del Nicaragua di un partner saldo nella sua crescita democratica ed economica – ha aggiunto Price -. Le relazioni di Taiwan con i partner diplomatici nell’emisfero occidentale forniscono significativi vantaggi economici e di sicurezza ai cittadini di quei paesi. Incoraggiamo tutti i paesi che apprezzano le istituzioni democratiche, la trasparenza, lo stato di diritto e la promozione della prosperità economica per i propri cittadini ad ampliare l’impegno con Taiwan”.
Dal punto di vista politico, senza dubbi, ha molto peso per Taiwan il sostegno del Vaticano, unico in Europa. Ma c’è anche la vicenda della Lituania, che ha deciso di scambiare uffici diplomatici con Taiwan. Come si legge su Foreign Policy, “Pechino ha richiamato il suo ambasciatore da Vilnius – la prima volta che lo ha fatto con un Paese dell’Unione europea”. E nonostante la campagna di pressione di un Paese con un Pil superiore a 260 volte quello della Lituania, Vilnius non si tirerà indietro, come ha affermato il ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis, che dice di voler trovare una soluzione politica. Ma avverte: “le tattiche difficili della Cina potrebbero alla fine ritorcersi contro”, citando il caso dell’Australia. “A volte – ha detto Landsbergis – è esattamente il contrario: la pressione aumenta la resilienza piuttosto che spezzare il Paese”.
Politico, ha inserito Landsbergis tra le personalità dell’anno: “Il ministro degli Esteri lituano ha guidato il suo stato baltico in rotta di collisione con Pechino e non mostra alcun segno di rallentamento”. Poco dopo l’insediamento, Landsbergis ha annunciato che la Lituania non avrebbe più partecipato alla cosiddetta piattaforma diplomatica 17 + 1, che la Cina utilizza con i paesi dell’Europa centrale e orientale. E poco dopo, la Lituania ha attirato l’ira di Pechino permettendo di istituire un ufficio di rappresentanza taiwanese a Vilnius.
Per il giovane politico, lo scontro con Pechino è una questione personale. Suo nonno, Vytautas Landsbergis, aveva preso posizione sul Tibet durante un viaggio a Pechino nel 2000, quando era in visita come presidente del parlamento lituano.