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La lezione che ci ha lasciato l’ambasciatore Fulci

Tracciare una linea di demarcazione netta tra dimensione politica e dimensione tecnica è difficile, ma anche sbagliato. Il ricordo di Marco Mayer

L’attività diplomatica dell’ambasciatore Francesco Paolo Fulci è un ottimo esempio per dimostrare quanto sia difficile (e sbagliato) tracciare una linea di demarcazione troppo rigida tra dimensione politica e dimensione tecnica.

I maestri dell’analisi delle politiche pubbliche (disciplina politologica che in Italia meriterebbe ben altra attenzione) hanno dimostrato su basi empiriche come processi decisionali e agenda setting siano il risultato di una continua e ibrida interazione tra input degli apparati e input dei politici. Come ha ricordato benissimo su queste colonne l’ambasciatore Stefano Stefanini, Fulci (ribattezzato “The Gladiator” al Palazzo di Vetro) non si limitava a eseguire le direttive della politica governativa: era una personalità creativa e propulsiva che con la sua tenacia e franchezza ha contribuito in modo incisivo alla tutela degli interessi nazionali dell’Italia nella politica internazionale.

Per alcuni anni (1993-2000) ho avuto la fortuna di collaborare strettamente con lui, anche se in modo informale. All’epoca ero impegnato come consigliere internazionale del sindaco di Firenze, Mario Primicerio. Per inciso, da giovane Primicerio era stato il più stretto collaborare di Giorgio La Pira in campo internazionale, per esempio nella realizzazione dei celebri colloqui mediterranei.

Tra il 1976 e il 1980, Fulci è stato il capo della segreteria di Amintore Fanfani quando era presidente del Senato. Nello stesso periodo come capogruppo del Partito comunista italiano alla Regione Toscana ho avuto come amico-avversario Ivo Butini, uno dei leader della corrente fanfaniana della Democrazia cristiana (in buoni rapporti con la Cdu tedesca) che successivamente diventerà senatore e sottosegretario agli Esteri. Fulci e Butini erano molto vicini alla visione e anche al carattere (molto determinato) di Fanfani. Per memoria, ricordo che il trio composto da Fanfani e Giorgio La Pira con Enrico Mattei nella Dc ha lasciato tracce significative nella politica estera italiana.

Fulci mi ha parlato più volte di Fanfani e in particolare di una sue caratteristiche migliori: quanto sia importante per i politici decidere con la massima rapidità per non perdere il momento giusto. Questo ricordo mi fa venire in mente una vicenda molto importante: la leadership italiana della missione Alba in Albania decisa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel marzo del 1997.

Un altro aspetto caratterizzante del suo impegno diplomatico è stata la capacità di tutelare rigorosamente l’interesse nazionale e il rilancio della dimensione internazionale. Molti hanno letto nella sfida vincente per contrastare la proposta della sua collega americana Madeleine Albright sulla riforma del Consiglio di sicurezza un carattere esclusivamente difensivo. Non è stato così.

Le battaglie al Palazzo di Vetro non erano soltanto a impedire un declassamento dell’Italia rispetto alla Germania e al Giappone, che secondo il dipartimento di Stato sarebbero dovuti diventare membri permanenti (il cosiddetto quick fix). Nel corso del dibattito, Fulci seppe indicare una alternativa più democratica per la riforma del Consiglio di sicurezza sia in ambito europeo sia mondiale.

La sua attenzione ai Paesi poveri del mondo sarà confermata dalla presidenza Fulci del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc). L’ambasciatore Fulci dedicà tutta l’attenzione alla lotta contro la povertà anticipando molti temi del millenium goal. Per inciso ricordo di aver partecipato a un panel Ecosoc che Franco Modigliani dedicato alla povertà degli anziani. Il contributo di Fulci fu molto importante anche negli anni Ottanta alla Nato. In quegli anni l’Italia contribuì in modo significativo a bloccare con gli alleati i programmi di riarmo dell’Unione Sovietica.

Chiudo con esempi del metodo di lavoro dell’ambasciatore e della sua squadra al Palazzo di Vetro. Aveva preparato un piccolo cartoncino che riassumeva e quantificata il contributo finanziario e i dati sulle migliaia di militari italiani impegnati nelle missioni internazionali. Ho collaborato con Fulci per la realizzazione di due grandi eventi promossi dalla rappresentanza d Italia a New York nel 1994 al Museo Guggenheim e nel 1997 al Winter Garden. In entrambi gli eventi erano invitati tutti i rappresentanti dei Paesi accreditati alle Nazioni Unite.

Nel 1994 l’Italia entrò nel Consiglio di sicurezza con più voti della Germania. Nel 1997 una risoluzione procedurale presentata on Assemblea generale bloccò il quick fix. Furono due importanti successi della diplomazia italiana alle Nazioni Unite, ma l’elenco potrebbe continuare. Per Fulci non fu facile. C’erano diplomatici di prim’ordine che temevano che la competizione con la Germania alle Nazioni Unite potesse danneggiare l’ingresso dell’Italia nell’euro.

Stamani, mentre assistevo alla messa funebre per l’ambasciatore Fulci, mi è tornata in mente una scena del 1997. Al Winter Garden di New York dopo la visita della mostra su Leonardo curata dal professor Paolo Galluzzi e  promossa da Finmeccanica fu organizzata una cena di tutti gli ambasciatori alle Nazioni Unite. In un tavolo in cui – insieme ai più importanti ospiti stranieri – sedevano il ministro degli Esteri Lamberto Dini, il senatore Armando Cossutta, il nunzio apostolico alle Nazioni Unite Renato Raffaele Martino e altre personalità italiane di primo piano. L’unità di intenti che servirebbe in questi giorni difficili in cui non dovrebbe contare l’immagine di chi dà le carte, ma un grande messaggio di unità della Nazione.

Un’ultima postilla al breve periodo 1991-1993, in cui Fulci si dedicò con la sua abituale energia all’intelligence come responsabile del Cesis. In quella veste dimostrò la sua indole di inflessibile servitore dello Stato per fa luce sullo scandalo del Sisde. Peccato che il titolo del Fatto faccia confusione. Invece di parlare del Sisde e delle condanne che ne seguirono il Fatto collega Fulci a Gladio/Stay behind ignorando che gli imputati sono stati assolti con sentenza definitiva.



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