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Falco, anzi no. La Bce ondeggia e i mercati si innervosiscono

Francoforte ha predicato prudenza e calma, ma spesso si è lasciata andare a improvvise evocazioni circa una stretta monetaria. Un’incertezza che si è fatta sentire sui mercati e sullo spread e che sarebbe meglio correggere, scrivono anche gli analisti

Alla fine è solo questione di buona comunicazione. Perché se c’è qualcosa che mercati e investitori non sopportano è proprio l’ambiguità di fondo nei messaggi che si danno alla comunità finanziaria. E così sembra essere stato nel caso della Banca centrale europea e della sua presidente Christine Lagarde. Stretta ormai da settimane tra l’accelerazione della Fed verso il disimpegno dalla politica monetaria ultra-accomodante e un’inflazione a livello europeo che sta facendo i suoi primi, veri, danni.

Francoforte ha più volte predicato, anche pochi giorni fa, calma e zen, riaffermando il principio che sì, l’inflazione al 5,1% (dato di gennaio) non piace a nessuno ma che la fiammata è destinata a spegnersi, al più tardi nella seconda metà del 2022. Poi però ai piani alti dell’Eurotower ha cominciato a prendere piede la consapevolezza che il rialzo dei prezzi necessità di una qualche forma di risposta. Come a dire, la dismissione progressiva del programma di acquisto titoli (da 80 a 20 miliardi al mese, nel giro di poche settimane), potrebbe non bastare. Magari una stretta, piccola, ma pur sempre tale. Per il momento solo ventilata ma non certo messa nero su bianco come invece fatto dal governatore della Fed, Jerome Powell, al di là dell’Atlantico.

Una mancanza di chiarezza che ha avuto il suo effetto. Al punto che dalle parti del Ministero dell’Economia, sponda debito pubblico, qualcuno si sarebbe chiesto se dietro il recente rialzo dello spread Btp/Bund, oggi a 167 punti base ma a 170 in apertura di giornata e con il rendimento del Btp decennale all’1,9%, non ci fosse una certa ambiguità da parte della stessa Bce. Che non si capisce se sia falco o colomba.

Tesi supportata da un recente report delle Generali che mette in luce proprio questa dissonanza. “Dopo la mossa hawkish (da falco, ndr) di febbraio da parte della Bce abbiamo capito quanto le decisioni dipendano dalla situazione contingente. Ed è noto che se il consiglio direttivo era già consapevole dei rischi al rialzo per l’inflazione alla riunione di dicembre, ha comunque preso un impegno sugli acquisti almeno fino all’ottobre 2022, con la presidente Lagarde che ha continuato a definire molto improbabile un rialzo dei tassi nel 2022″, si legge nel documento.

“Tuttavia, guardando al futuro, non possiamo essere certi che il concretizzarsi di rischi verso uno scenario di inflazione più alta non porti la Bce a fare un passo indietro rispetto a queste impegnative dichiarazioni. Sapendo questo, il consiglio direttivo diventerà probabilmente cauto nel veicolare tali messaggi, dal momento che hanno perso parte del loro potere e la credibilità dovrà essere riguadagnata”. Insomma, secondo gli economisti del Leone, Francoforte si è avvitata su se stessa fino a perdere un po’ di credibilità agli occhi dei mercati.

Di qui una previsione, degli stessi esperti. “Alla riunione di settembre ci dovrebbero essere anche dei segnali verso un rafforzamento più significativo della crescita dei salari, che indurrebbe anche le colombe nel board ad accettare almeno un primo rialzo dei tassi di 25 punti base. Alla riunione di dicembre le proiezioni aggiornate dello staff comprenderanno per la prima volta il 2025 e dovrebbero incoraggiare un ulteriore aumento dei tassi di 25 punti base”. Ma attenti all’ambiguità. “In ogni caso, l’incertezza della politica monetaria è aumentata e uno sguardo attento ai dati in arrivo sembra essere più promettente per anticipare il prossimo passaggio”.

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