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007 a Rapporto. Cosa c’è di nuovo nella relazione del Dis (che sul gas dice…)

L’Italia può reggere l’urto di uno shock energetico dalla Russia. Nella relazione annuale del Dis gli 007 rassicurano: capacità di soddisfare una domanda alta anche con interruzione da Mosca. Energia, Africa, cyber, Russia e Cina, le (nuove) priorità della sicurezza nazionale

Energia, Mediterraneo, Difesa e cybersecurity. L’ultima relazione annuale del Dis (Dipartimento per le informazioni della Sicurezza) accende un faro sui nuovi fronti della sicurezza nazionale italiana. Ancora una volta il documento si conferma termometro delle priorità strategiche del Paese e della sua intelligence.

Fra queste alcune segnano un cambio di passo. A partire dall’attenzione dedicata all’emergenza energetica e la necessità per l’Italia di diversificare i suoi approvvigionamenti. “Emergono profili di rischio che si declinano su diversi orizzonti temporali e la cui portata, nel corso dell’anno appena conclusosi, è apparsa in tutta la sua evidenza”, si legge nel documento.

L’invasione russa in Ucraina e le duRe sanzioni imposte contro il governo russo da Ue e Stati Uniti rendono urgente la ricerca di nuove rotte energetiche per compensare la stretta dei rubinetti di Mosca. Il governo italiano, in prima linea con i partner europei nell’imposizione di sanzioni, si è già messo al lavoro, come dimostra la visita questa mattina del ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad Algeri, accompagnato dall’Ad di Eni Claudio Descalzi.

Trovare alternative in tempi utili però non sarà facile. Il quadrante del Mediterraneo orientale (EastMed) può essere strategico, spiegano gli 007 nel rapporto, ricordando la partecipazione italiana all’East Mediterranean Gas-Forum (Emgf), la principale iniziativa multilaterale della regione rafforzata nel 2021. Ma c’è una grande incognita: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che “dal canto suo ambisce a diventare il principale hub di passaggio di gas verso il territorio europeo” e “contesta i criteri di ripartizione delle Zee tra i Paesi rivieraschi”, a partire da Grecia e Cipro.

Alla sicurezza energetica la relazione di quest’anno dedica ampio spazio, sottolineando i limiti e i rischi della “transizione green” e i possibili impatti sulla sicurezza nazionale. Con una quota prossima al 40%, il gas “costituisce la principale fonte primaria del paniere energetico nazionale” e la sua valenza è accentuata dal fatto che “le centrali alimentate a metano rappresentano circa la metà della produzione elettrica italiana”.

L’infrastruttura metanifera italiana permette però di attutire l’impatto, almeno nel breve periodo, di eventuali shock della supply chain come quello che si profila nelle prossime settimane dopo le sanzioni a Mosca. “Il sistema infrastrutturale italiano rispetta la cd. formula N-1, ossia la capacità di soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione, ossia del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38% del fabbisogno nazionale”.

Quanto alle rinnovabili, dall’intelligence arriva un monito già contenuto nel recente rapporto del Copasir sulla sicurezza energetica: attenzione alla dipendenza tecnologica da Paesi extracomunitari (Cina anzitutto).

In generale il focus sulla sicurezza energetica è la riprova di come l’energia sia diventata parte integrante della strategia di sicurezza del Paese, come dimostra la partecipazione al Cisr (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica) del Ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani.

D’altra parte la relazione del Dis mette in luce l’esigenza di investire nella Difesa nazionale con un inedito “box” con un paragone fra i principali Paesi occidentali e non. Il 90% della spesa militare mondiale, spiega, proviene da un gruppo di 77 Paesi, fra cui “30 economie avanzate”, che “hanno continuato a dedicare in media il 2-2,5% del loro Pil a spese di Difesa”.

Tra questi Italia (sotto la media) e Germania, quest’ultima ora impegnata ad aumentare oltre il 2% del Pil nazionale le spese nel settore dopo un discorso storico del cancelliere Olaf Scholz al Bundestag sull’invasione russa in Ucraina. Tra i trend geopolitici, particolare attenzione è data al quadrante africano e mediterraneo, mentre molto meno spazio a quello Indo-Pacifico.

L’intelligence italiana, e dunque anzitutto il governo, sembra consapevole che l’Italia debba definire le sue priorità strategiche e muoversi di conseguenza. Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, ma anche Sahel e Corno d’Africa: “Primario orizzonte privilegiato della politica estera italiana è costituito dal Continente africano, oggetto di costante monitoraggio intelligence, anzitutto in ragione del persistere di focolai di crisi vecchie e nuove, in tutti i suoi quadranti”. “L’anno appena trascorso – continua – ha evidenziato la riattivazione di molteplici linee di faglia connesse a sempre più accentuate contrapposizioni etniche, nonché alla tendenza a forme di personalismo cui paiono ispirarsi molti degli Apparati centrali”.

Di qui il monitoraggio dell’area saheliana, destabilizzata ulteriormente dal ritiro delle truppe francesi dal Mali nella missione Barkhane e da “una radicata e pervasiva presenza jihadista che si avvale delle connessioni con comunità locali”. Preoccupa anche la crisi etiope, ormai in corso da più di un anno, cui gli 007 italiani dedicano ampio spazio. E in particolare l’attivismo del “Shone Group”, “frangia armata estremista che all’indomani del rientro in patria (a seguito di un’amnistia emanata proprio da Abiy) si è rifiutata di aderire al programma di disarmo, con possibili contatti con la galassia terroristica regionale, specie somala”.

Tra gli altri trend il Dis segnala un progressivo avvicinamento strategico tra Cina e Russia, movimento che rischia di accelerare con la crisi in Ucraina e l’isolamento internazionale di Mosca. Sul fronte economico, grazie al petrolio di cui la Cina è il primo fornitore ai russi, insieme a un crescente “interscambio commerciale e tecnologico”. Sul fronte militare, con la partecipazione ad esercitazioni congiunte come Zapad-Interaction-2021e “il primo pattugliamento navale congiunto nel Mar del Giappone nell’ottobre 2021”.

Nonostante “il crescente allineamento strategico” mostrato tra Mosca e Pechino però le relazioni bilaterali, spiega il Dis, “non hanno raggiunto il livello di una vera alleanza”. Una realtà di fatto fotografata dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin in una conferenza stampa sulla crisi ucraina lunedì: “Le relazioni fra Cina e Russia si basano su una non-alleanza, non-scontro e non aggressione di Paesi terzi”.


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