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Libia, caos attorno al nuovo governo. Preoccupazioni Usa e Ue

Da un lato il premier in carica Dabaiba, sfiduciato dal parlamento, dall’altro il nuovo esecutivo per cui i legislatori hanno scelto Bashaga. Tensioni, anche armate, tra i due schieramenti in Libia

Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti prendono atto della dichiarazione del 2 marzo del portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite e dei successivi sviluppi della situazione in Libia ed esprimono preoccupazione per le recenti notizie di violenza, minacce di violenza, intimidazioni e rapimenti.

Una nota congiunta inviata alla stampa da questi quattro Paesi fotografa la serietà (o gravità) del quadro libico. Tripoli è senza un governo — e il rischio è che tornino a essere due. Sono tornati scontri armati, anche se minori e più che altro colpi scambiati per posizionamento — in Libia è successo spesso che le diatribe politiche finissero sfrontate in strada con le armi.

Attualmente la divisione è così composta: da un lato il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli guidato su incarico delle Nazioni Unite da Abdulhamid Dabaiba; dall’altro l’accordo governativo guidato dall’ex ministro dell’Interno del precedente governo onusiano, Fathi Bashagha, appoggiato dal capo miliziano della Cirenaica Khalifa Haftar.

La situazione è questa: il parlamento libico non riconosce più la fiducia a Dabaiba, perché ritiene che il suo mandato sia scaduto il 24 dicembre 2021, data fissata per le elezioni, poi rinviate di un mese e saltate ancora a data da destinarsi. L’assemblea ha così affidato l’incarico a Bashaga, portatore di un’intesa Est-Ovest che dovrebbe garantire il continuamente della stabilizzazione e portare il Paese al voto (quando sarà). Dabaiba non riconosce questo passaggio parlamentare — lo ha definito “una messa in scena senza pudore” — perché dice di dover restare lui al governo fino alle elezioni, come che chiesto dall’Onu.

“Qualcuno sta lavorando per far sprofondare la Libia nelle guerre e nei combattimenti, ma non daremo loro questa opportunità e non sarà versata nemmeno una goccia di sangue”, ha risposto Bashaga. Dalle parole ai fatti: dopo aver ricevuto la fiducia il primo marzo, i ministri del nuovo governo avrebbero dovuto prestare giuramento, ma mercoledì 3 marzo sono stati bloccati in vari modi.

Il governo ha chiuso lo spazio aereo e dunque gli ha impedito di recarsi alla seduta parlamentare per il giuramento; una milizia, la Forza operativa congiunta di Misurata (anti-haftariana, piuttosto fedele a Dabaiba dal quale a fine febbraio ha ricevuto un riconoscimento governativo da 20 milioni di euro) ha bloccato, sparando, un convoglio che traportava via terra alcuni dei nominati; due di loro, i futuri ministri a Cultura ed Esteri sono stati rapiti e rilasciati dopo poche ore (agli Esteri dovrebbe andare l’ex ambasciatore libico in Italia Hafed Gaddour).

L’agguato non ha fermato il nuovo primo ministro. La cerimonia d’insediamento del suo governo si è svolta più o meno regolarmente con tanto di diretta televisiva, e presenza dei 92 parlamentari che martedì avevano votato la fiducia al nuovo governo. L’intento era di dimostrare, contrariamente a quanto dicono le accuse di Dabaiba, che tutto sta avvenendo in modo trasparente, secondo le volontà delle istituzioni libiche (leggasi la Camera dei Rappresentanti) e dunque per il bene del popolo libico.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, davanti alle evoluzioni si è detto “preoccupato”, per le “segnalazioni secondo cui il voto tenuto alla Camera dei rappresentanti non ha risposto agli standard di trasparenza e procedurali, inclusi atti di intimidazione prima della sessione” — su cui la Camera ha sottolineato invece la completa regolarità — e ha ribadito “la necessità di dare espressione alle aspirazioni di oltre 2,8 milioni di cittadini libici che si sono registrati per il voto e che hanno scelto i loro leader tramite elezioni credibili, trasparenti e inclusive”, sulla base di una “cornice costituzionale e legale solida”.

“Sottolineiamo che qualsiasi disaccordo sul futuro del processo politico deve essere risolto senza ricorrere alla violenza, e siamo pronti a chiedere conto a coloro che minacciano la stabilità attraverso la violenza o l’incitamento”, dicono con voce unica Parigi, Berlino, Roma, Londra e Washington. Ricordando che gli individui o le entità, all’interno o all’esterno della Libia, che ostacolano o minano la transizione politica in Libia possono essere designati dal Comitato per le sanzioni alla Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in conformità alla risoluzione 2571 (2021) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alle risoluzioni pertinenti.

“Incoraggiamo tutte le parti interessate libiche, tra cui la Camera dei Rappresentanti e l’Alto Consiglio di Stato, a cooperare pienamente con questi sforzi e nei prossimi passi della transizione, come proposto dalle Nazioni Unite, al fine di stabilire una base costituzionale consensuale che porti alle elezioni presidenziali e parlamentari il più presto possibile”, dice la dichiarazione congiunta, ma la situazione in Libia potrebbe complicarsi e il Paese — come già successo dopo il 2014 fino al marzo 2021 con l’incarico a Dabaiba — potrebbe andare incontro a una stagione dove due governi dichiarano la propria legittimità.



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