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Fidarsi è bene ma non fidarsi… se il mercato volta le spalle alla Cina

Due anni di insolvenze e scandali hanno minato nelle fondamenta la credibilità del Dragone agli occhi degli investitori. Nel primo trimestre dell’anno Evergrande e le sue sorelle hanno emesso bond per 300 milioni, contro i quasi 9 miliardi di dollari dello stesso periodo nel 2021. Il motivo? Nessuno vuole più le obbligazioni cinesi legate al mattone, il cui naufragio ora rischia di affondare anche l’acciaio

Nessuno si salva da solo. Più che una frase buttata lì, per la Cina sembra essere una specie di legge non scritta. Come a dire, serve il mercato. Due anni di scandali e mancati pagamenti ai creditori hanno minato nel profondo la credibilità del Dragone, indebolendo nel midollo uno dei settori trainanti della seconda economia globale. Quel mattone che vale quasi il 30% del Pil e che ora rischia di rimanere orfano della sua principale fonte di sostentamento: la liquidità prestata dai mercati.

Perché il rischio per Evergrande e le sue sorelle è proprio questo, rimanere senza ossigeno, almeno dall’esterno. Potrebbe essere sempre il governo a metterci i fondi che il mercato non è più disposto a prestare. Nel mentre, non può stupire che l’emissione di debito in dollari da parte dei gruppi immobiliari cinesi si sia quasi arrestata a causa dell’escalation della crisi di Evergrande. Al punto, ha scritto il Financial Times, che i bond in dollari ad alto rendimento emessi dai giganti del mattone sono praticamente spariti dalla circolazione: -97% di emissioni nel primo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021.

Qualcuno a Pechino deve aver capito che senza fiducia nessuno compra le obbligazioni di un’azienda che non onora i suoi debiti, ovvero le cedole legate ai bond, come hanno fatto Evergrande e molti altri colossi dell’immobiliare. C’è un dato che deve far riflettere ed è sintomatico della grave crisi di fiducia che ha travolto la Cina e le sue imprese. In tre mesi, tra gennaio e marzo 2022, sono stati emessi bond per poco meno di 300 milioni, rispetto ai quasi 9 miliardi dello stesso periodo di un anno fa.

Una vera e propria siccità obbligazionaria che ben dimostra come la crisi generata da Evergrande si stia diffondendo in tutto il mercato, diventando sistemica. Al punto da precludere, d’ora in avanti alle imprese del mattone di raccogliere nuovo debito o rifinanziare i prestiti esistenti. Meno fiducia e poca liquidità dal mercato in alcuni casi vuol dire impossibilità a tenere in piedi le aziende.

Tutto questo, secondo Fitch, dovrebbe tradursi a fine 2022 in una perdita di valore per il mattone cinese dell’ordine del 15%. “Un crollo del mercato immobiliare cinese avrà un effetto a catena sui settori collegati come acciaio, ferro e cemento e probabilmente vedrà i prezzi medi di vendita delle case scendere fino al 5%”, ha scritto Fitch. “L’elevata crescita che abbiamo visto negli ultimi anni sta volgendo al termine e stiamo raggiungendo un punto di svolta in cui, nel settore immobiliare, si assisterà a un continuo rallentamento nei prossimi anni”, ha affermato Adrian Cheng , co-responsabile di Fitch Ratings in Cina.

“Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un’enorme crisi di liquidità, che ha portato a una grande crisi di fiducia nel settore”, ha affermato Cheng. “Abbiamo visto alcuni sviluppatori andare in default, il che ha sorpreso il mercato e portato a un calo delle vendite. È un circolo vizioso”. E chissà se il Dragone sarà in grado di uscirne.

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