Intervista all’economista dell’Osservatorio sui conti pubblici: mettere un tetto al gas è una violazione dei contratti e potrebbe portare all’apertura di un nuovo fronte con la Russia. La proposta dem per un embargo contro Mosca è condivisibile, ma rischia di alimentare i partiti pro-Putin. Il Pnrr? Va lasciato così com’è nello spirito e nella sostanza, ma Confindustria ha ragione, sull’energia serve un cambio di passo. E un ritorno, temporaneo, agli idrocarburi
Bisogna andarci piano quando si parla di tetto al gas importato dalla Russia, il rischio è di svegliare il cane che dorme. E allora, dice a Formiche.net l’economista in forza all’Osservatorio sui conti pubblici ed ex direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, meglio non farsi prendere dall’emotività e calcolare bene ogni singola mossa. Anche se l’obiettivo finale non cambia: la progressiva emancipazione dell’Europa e dell’Italia dalle forniture di gas di Mosca.
L’Italia preme per mettere un tetto al gas a livello europeo, anche e non solo per avviare un primo sganciamento dall’energia della Russia. Ha senso?
Quando c’è una guerra, diventano fattibili cose che normalmente sarebbero impensabili. Ma bisogna essere ben consci delle conseguenze. Un tetto sul gas russo sarebbe una violazione dei contratti, proprio mentre noi sosteniamo che la richiesta di pagamenti in rubli è inaccettabile proprio perché viola i contratti.
Volendo andare al di là dell’aspetto legale della proposta?
Al di là dell’aspetto legale, sarebbe l’apertura di nuovo fronte di scontro con la Russia sul delicato terreno dell’energia. Dovremmo mettere in conto possibili interruzioni dei flussi di gas.
Il leader del Pd Enrico Letta ha proposto l’immediato embargo al gas e al petrolio russo. Le pare, o meno, una proposta frettolosa, specialmente per un Paese come l’Italia a corto di infrastrutture con le quali garantire un approvvigionamento alternativo?
Condivido lo spirito della proposta di fronte all’orrore del massacro di Bucha. Ma è però evidente che un embargo avrebbe conseguenze economiche sociali molto pesanti. E potrebbe avere anche conseguenza politiche indesiderate: potrebbe ad esempio rafforzare i partiti pro-Putin in tutta Europa.
Confindustria ha rivisto le stime per il Pil, tagliandole all’1,9% nel 2022. Ma soprattutto chiede la riscrittura di parte del Pnrr. Dove e come mettere le mani sul Piano?
Io spero che l’impianto di fondo del Pnrr rimanga invariato. Si tratta di un fondamentale strumento di solidarietà europea e ci indica due strade che dobbiamo percorrere con molta determinazione: la transizione ecologica e quella digitale. Ci indica altresì le riforme che dobbiamo fare per recuperare crescita e competitività.
Ma…?
Però ci sono due fatti che devono indurre a operare dei cambiamenti. Il primo è l’incredibile aumento di molte materie prime che rende necessario un adeguamento dei prezzi. Il secondo è il fatto che per sostituire il gas russo dobbiamo investire in fonti tradizionali. Ed è del tutto evidente che le rinnovabili non bastano. Almeno per qualche anno, dobbiamo aumentare l’uso di gas, petrolio e anche carbone. La priorità è e rimane in questo senso rimettere in moto gli investimenti per sostituire il gas russo.
Su questo, immagino, occorra cambiare passo nell’ambito del Pnrr…
Se vogliamo realizzare gli investimenti che sono previsti dobbiamo per forza rivedere i prezzi. Alcune cose anche pregevoli che erano previste, ad esempio le piste ciclabili, sono una gran bella cosa, ma forse in questo momento meglio spendere i soldi per trovare il gas, altrimenti dovremmo andare tutti in bicicletta poi.