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Ed è default. Le cause della crisi economica in Sri Lanka

Con gli indici di inflazione più alti dell’Asia, il governo di Colombo ha deciso di non pagare il debito agli investitori stranieri. Il peso del rapporto con la Cina e le vie di uscita

Continua la crisi economica dello Sri Lanka. Il ministero delle Finanze ha deciso di non rispettare gli obblighi sul debito pubblico estero, per circa 51 miliardi di dollari, dichiarando così ufficialmente il “default preventivo”.

La scelta di sospendere il pagamento dei prestiti in valuta estera è considerata una misura estrema, che permetterebbe però di garantire l’acquisto di cibo, medicine e carburante per la popolazione, già colpita dall’aumento dei prezzi e della crisi.

Lo Sri Lanka vive la crisi economica più grave della sua storia. A marzo l’inflazione ha toccato il 18,7%, mentre il prezzo dei prodotti alimentari è aumentato del 30,2%. I carburanti sono razionati e sono stati già programmati blackout di 13 ore al giorno per risparmiare energia elettrica.

Il governo di Colombo prevede una proposta di ristrutturazione del debito per i creditori e mantiene la speranza in nuovi accordi di credito bilaterali. C’è grande attesa anche per la decisione del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) su un piano di aggiustamento per sostenere i conti dello Sri Lanka.

L’ultimo rapporto del Fmi, diffuso a inizio marzo, ha spiegato che “alla vigilia della pandemia, lo Sri Lanka era altamente vulnerabile agli shock esterni a causa di riserve estere inadeguate e di elevati rischi per la sostenibilità del debito pubblico, esacerbati dagli attacchi terroristici della domenica di Pasqua del 2019 e da importanti cambiamenti politici, tra cui ampi tagli alle tasse alla fine del 2019”.

Secondo l’organizzazione, “la limitata disponibilità di finanziamenti esterni per il governo ha portato a un ingente finanziamento diretto del bilancio da parte della banca centrale”, per cui è consigliabile un risanamento del bilancio basato su entrate di “alta qualità” e sulla revisione delle aliquote del reddito e dell’Iva, la ristrutturazione della spesa e la diversificazione dell’economia. Il Fmi riferisce la necessità di combattere la corruzione e creare una gestione prudente dei conti.

L’organizzazione non ha però citato la Cina, Paese con cui lo Sri Lanka è molto indebitato. Nell’ultimo decennio i cinesi hanno concesso allo Sri Lanka prestiti agevolati per oltre 5 miliardi di dollari, con l’obiettivo di finanziare la costruzione di autostrade, porti e altre infrastrutture. I progetti si sono rivelati a basso rendimento, alimentando l’ipotesi di una “trappola del debito”.

Ma il rapporto con Pechino non è stato messo in discussione dal governo di Gotabaya Rajapaks. Ai cinesi è stata chiesta una ristrutturazione del debito ed è  in corso un’interlocuzione sulla concessione di un finanziamento da 2,5 miliardi di dollari. Un’altra richiesta di sostegno economico è stata presentata all’India.

Ravi Ratnasabapathy, consulente indipendente basato a Colombo, crede che lo Sri Lanka viva un tracollo economico in stile libanese. In un articolo pubblicato su Nikkei Asia ha commentato che l’ondata di proteste contro il governo autoritario di Gotabaya Rajapaksa minaccia la sopravvivenza. “Eletto nel 2019 in mezzo a un’ondata di euforia, l’ex soldato avrebbe dovuto fornire sicurezza e una rapida crescita, ma invece il Paese si ritrova impantanato nella peggiore crisi economica della sua storia”, scrive Ratnasabapathy.

Il regime avrebbe commesso diversi errori: “La crescita si è bloccata, l’inflazione è aumentata vertiginosamente e la valuta è stata sottoposta a pressioni. Sebbene la pandemia abbia contribuito ai problemi economici, i problemi sono in gran parte di sua creazione”.

Secondo l’analista, il crollo è cominciato con i tagli alle tasse nel 2019, finanziati attraverso la stampando moneta, che hanno portato a una crisi della bilancia dei pagamenti: “Con l’aumento del disavanzo fiscale, le agenzie di rating hanno declassato il debito del Paese e un programma di stabilizzazione del Fmi è stato fatto deragliare”.

E, nonostante i ripetuti avvertimenti, il governo ha proseguito con la sua politica interna: sostituzione delle importazioni per risparmiare valuta estera. “I controlli sulle importazioni hanno paralizzato l’economia – sottolinea il consulente -, causando carenze diffuse e aumento dei prezzi. Con la diminuzione delle riserve estere, il governo si è rivolto ai Paesi amici per scambi di valuta a breve termine per gestire la crisi”.

“In definitiva, l’attuale crisi ha dimostrato che la leadership politica dello Sri Lanka, sia di governo che di opposizione, sembra incapace di cogliere la gravità delle questioni in gioco – conclude Ratnasabapathy -. L’unica nota positiva è stata la decisione di dimettersi da parte di Ajith Nivard Cabraal, il governatore della Banca centrale dello Sri Lanka che ha presieduto alla stampando moneta. È stato sostituito da un economista ortodosso che dovrebbe tornare alla prudenza monetaria”.



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