Le costellazioni da migliaia di satelliti che stanno affollando l’orbita terrestre non sono solo una questione geopolitica ed ecologica, ma rappresentano anche un nuovo paradigma commerciale destinato a scontrarsi con gli operatori tradizionali di telecomunicazioni. Il parere dell’ingegnere, esperto aerospaziale
“Starlink è un complemento naturale alle reti di telecomunicazioni, fibra e 5G”, queste le parole di Elon Musk, proprietario e fondatore della SpaceX. In realtà al di là di dichiarazioni rassicuranti, le costellazioni da migliaia di satelliti in arrivo sopra le nostre teste si apprestano ad aggredire una quota rilevante del mercato degli operatori Telecom tradizionali.
Stime accreditate danno il traffico web via satellite in crescita dall’attuale 1,5% del totale a un 12-15% entro il 2030, e ovviamente la Starlink di Musk è la punta di lancia di quest’ondata. In pochissimi anni ha lanciato 2500 satelliti e ha l’autorizzazione a lanciarne altri 10mila, dichiara già circa 400mila abbonati in 32 paesi su quattro continenti. Certo, il prezzo oggi è ancora di classe “premium” ma con un mercato potenziale di miliardi di utenti anche il costo al consumatore è destinato a scendere.
La Francia era stata l’unico paese europeo a imporre uno stop alla commercializzazione di Starlink a seguito di un esposto di un’associazione ambientalista che si opponeva alla costruzione di una stazione satellitare sul territorio, ma – potenza del mercato globale – anche questo veto è stato revocato, e Starlink ora è disponibile in più di venti paesi europei, tra cui l’Italia. Il progetto “Kuiper” della Amazon di Jeff Bezos – secondo Forbes il secondo uomo più ricco del pianeta dopo Musk – conta di lanciare in orbita 3.326 satelliti entro cinque anni e ha già acquistato 83 lanci di vettori statunitensi ed europei.
Ma al mondo non ci sono solo i multimiliardari statunitensi.
La Commissione statale cinese per la supervisione e l’amministrazione dei beni (Sasac) ha creato ex-novo la China satellite network group corporation per realizzare una costellazione da 13mila satelliti nella nuova area industriale di Xiong’an, una zona economica speciale creata nella provincia di Hebei nel 2017. Questa nuova organizzazione opererà indipendentemente dai tradizionali appaltatori e cioè la China aerospace science and technology corp. (Casc) e la China aerospace science and industry corp. (Casic). L’obiettivo dichiarato è promuovere la fruizione dei servizi web per l’intero continente asiatico e per i paesi della nuova “Via della Seta”.
Il governo di Pechino ha depositato presso l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni per il coordinamento delle frequenze, il piano di dispiegamento dei satelliti da cui si evince che verranno posizionati su due fasce orbitali tra i cinquecento e i 1.145 chilometri di altitudine. Proprio dove orbitano gli Starlink. Appare piuttosto probabile uno scontro i cui risvolti dovrebbero sin d’ora farci preoccupare sia per il grado di affollamento e di inquinamento orbitale e sia per il tenore delle minacce prospettiche.
A maggio sulla rivista Modern Defence Technology alcuni ricercatori dell’istituto cinese di “Tracking & telecommunications”, sotto l’egida dell’ufficio di supporto strategico dell’esercito, hanno pubblicato un articolo sulle tecniche di “hard & soft kill” che stanno progettando contro i satelliti di Elon Musk, definiti un “pericolo per la sicurezza nazionale”.
La Cina non guarda solo al confronto tattico ma anche a quello commerciale. Senza alcun clamore mediatico, il gruppo automobilistico Zhejiang Geely Holding – 80mila addetti, fatturato di circa 14 miliardi di dollari e due milioni di auto vendute ogni anno – ha lanciato in orbita a inizio giugno il primo lotto da nove satelliti di una costellazione dedicata a servizi di navigazione per i veicoli del gruppo. Ciò che fa impressione è che tutti i satelliti sono stati progettati e realizzati da un dipartimento interno creato appositamente della casa automobilistica.
Anche la Commissione Europea vuole una sua costellazione satellitare entro questo decennio, e per stenderne i requisiti ha chiamato a raccolta tutti i fabbricanti di satelliti, gli operatori satellitari e alcune compagnie telefoniche del continente.
Però, la partenza sembra un po’ al rallentatore. Il commissario al Mercato interno, difesa e spazio, Thierry Breton, per il momento ha finanziato uno studio di fattibilità gestito dall’Esa per conto della Euspa, la neocostituita Agenzia spaziale dell’Unione europea, e sebbene l’appalto sia stato affidato già da più di un anno a un consorzio industriale, i risultati non sono ancora stati finalizzati. Intanto, Breton vuole chiedere al Parlamento europeo 2,4 miliardi di euro per il progetto satellitare, contando però sull’arrivo di altri quattro miliardi da parte dell’industria e degli stati membri.
Nel frattempo, americani e cinesi progettano e lanciano satelliti a ritmo continuo e con un approccio politico e commerciale spedito e focalizzato. Ma se per la Commissione Europea l’obiettivo è la sovranità tecnologica e non la competitività sul mercato, diverso è il discorso per gli operatori Telecom.
Il settore è in crescita perché la fame mondiale di connettività è insaziabile, e tutti si muovono per posizionarsi e creare le basi del futuro mercato. Solo per fare pochi esempi: la cinese Huawei ha imposto la propria tecnologia 5G costringendo paesi e operatori a contrastarne, per quanto possibile, la pervasività; Facebook e Amazon implementano le loro reti di cavi sottomarini; Apple sta pianificando per l’autunno un IPhone 14 con chip satellitare integrato.
La considerazione sintetica che se ne può trarre è che i fornitori di accesso alle telecomunicazioni non sono più i padroni della catena del valore, ma intermediari che subappaltano tecnologia e infrastrutture al miglior prezzo, marginando sul traffico mobile dei consumatori.
Inoltre adesso stanno venendo meno anche quei fattori che erano l’ostacolo all’implementazione di efficaci reti satellitari – costo dell’infrastruttura, efficienza e latenza della connettività – per cui i nuovi operatori proprietari della rete, come Starlink, si rivolgono direttamente a cittadini, compagnie aeree, marittime, case automobilistiche e ben presto anche a governi e a forze di sicurezza e difesa.
Il fatto è che questi nuovi operatori privati e non europei, stanno progredendo a ritmo sostenuto al di fuori dell’alveo statale quindi sarà importante vigilare – compito delle autorità di regolamentazione – riguardo a temi fondamentali quali sicurezza, sostenibilità e concorrenzialità.
E al momento pare che nessuno ci stia pensando.