L’avvento dello spazio commerciale sta rivoluzionando il modo in cui fino ad oggi l’umanità si è affacciata oltre l’atmosfera. Le attività, anche produttive, in orbita si moltiplicheranno, e questo avrà sempre più bisogno di nuove professionalità e tecnologie. Il punto all’evento di Airpress con Walter Villadei, Simonetta Di Pippo e Massimo C. Comparini
Dal made in Italy al made in Space, l’avventura umana oltre l’atmosfera sta rapidamente cambiando volto grazie all’ingresso nelle orbite di attori privati (anche italiani). È quanto emerso dal live talk organizzato dalla rivista Airpress “Quale futuro per la Stazione spaziale internazionale”, che ha visto confrontarsi sul futuro dello spazio commerciale.
A partire dal progetto della nuova Stazione spaziale privata della texana Axiom Space, che a partire dal 2024 comincerà a collegare i propri moduli pressurizzati al Nodo 2 della Stazione spaziale internazionale, i quali poi nel 2031, data di pensionamento dell’Iss, si staccheranno diventando la prima infrastruttura orbitale commerciale completamente autonoma. Ad affrontare le possibili ricadute per il settore, e per il nostro Paese, sono stati Walter Villadei, cosmonauta e colonnello dell’Aeronautica militare, Simonetta Di Pippo, direttrice dello Space economy evolution lab dell’Università Bocconi, e Massimo C. Comparini amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia. L’incontro è stato moderato da Flavia Giacobbe, direttore delle riviste Formiche e Airpress.
Le nuove figure degli astronauti professionisti
La prima novità è la nascita di una figura completamente nuova classe di astronauti professionisti, non più “derivati dai canali tradizionali delle agenzie spaziali, e la Nasa sta ancora cercando di capire come integrare negli equipaggi queste nuove figure”, ha spiegato il colonnello Villadei, che attualmente si sta addestrando al Johnson Space Center della Nasa a Houston e che parteciperà alle prossime missioni di Axiom.
“Un domani, gli operatori spaziali avranno bisogno di personale specializzato in grado di supportare le proprie attività, che avranno sempre di più una vocazione verso il ritorno applicativo e industriale”, ha continuato a illustrare il cosmonauta, spiegando che questo personale avrà bisogno di astronauti professionisti che ne guidino le azioni in orbita. In un equipaggio composto da persone con diversi backgroud, a differenza della preparazione comune degli astronauti delle agenzie, “l’astronauta professionista ha la responsabilità di agevolare, controllare, supervisionare e aiutare gli altri colleghi e far sì che questo equipaggio sia pienamente integrato con le attività della Stazione”, un compito che certo gli astronauti “tradizionali” non avevano.
L’economia spaziale è la spina dorsale dell’economia del futuro
Sulla stessa linea anche Di Pippo: “Un discorso che può sembrare pionieristico, ma dobbiamo pensare che sempre più umani vivranno e lavoreranno nello spazio, in orbita bassa e poi sulla Luna, e questo porterà al bisogno di avere competenze sempre più disparate, dallo psicologo al cuoco”. In questo senso, dunque, “i professionisti dello spazio avranno la responsabilità dell’operatività nello spazio, oltre che soprattutto sui voli da e per l’orbita e la Luna”. Sembra fantascienza, ma secondo la professoressa, “è fondamentale capire che l’economia spaziale è la spina dorsale dell’economia del futuro”.
Le stime sul potenziale valore della Space economy, riporta ancora Di Pippo “nei prossimi anni arrivano a miliardi e miliardi di dollari”. L’arrivo dei privati, dunque, è solo la naturale continuazione di un trend che vede, laddove la tecnologia è matura, passare interi settori dalle agenzie alle aziende. “Abbiamo iniziato con le telecomunicazioni, adesso sta accedendo sempre più nell’orbita bassa e sulle stazioni spaziali, mentre le agenzie e i fondi pubblici si stanno dirigendo sempre più verso quello che è il futuro dell’esplorazione umana del sistema solare, soprattutto la Luna”.
Il made in Space…
Per Comparini: “Siamo di fronte a un cambio di paradigma, perché si va nello spazio non solo per fare ricerca, ma per produrre; si apre la prospettiva del made in Space”. Di fronte a questo, diventa necessario illustrare alle società che ancora non sono coinvolte nell’economia spaziale, come utilizzare quegli ambienti di ricerca applicata: “Dobbiamo attrarre le società farmaceutiche, le aziende produttrici di nuovi materiali e nuove fibre, e sperimentare la produzione attraverso la stampa 3D nello spazio”.
Per fare questo ci sarà bisogno di un grande ecosistema, che potrà dare i suoi risultati, e in Italia questo già prevede la collaborazione tra le grandi aziende, le agenzie e le piccole e medie imprese di settore. Nel momento in cui si aprono queste prospettive, c’è la necessità di adattare le proprie strutture alla fisiologia umana per permettergli di restare nello spazio più a lungo e con maggiore comfort. “Per fare un esempio, stiamo studiando a Torino l’ergonomia delle cuccette per dormire, che nei moduli di nuova generazione dovranno essere degli habitat più confortevoli dove stare nei momenti di pausa dal lavoro”.
Tutto questo ha delle implicazioni di design, progettuali e tecnologiche molto importanti, che coinvolgono tutti i settori dalle telecomunicazioni (per mantenere i contatti con la Terra e, per gli astronauti, con i propri cari) e dell’intelligenza artificiale e robotica “che aiuteranno l’umanità a operare in questa impresa oltre l’atmosfera”.
… e il made in Italy
In questo complesso “il nostro Paese è ben posizionato e facendo le dovute scelte strategiche possiamo posizionarci ancora meglio”, ha detto Di Pippo, aggiungendo come “l’Italia ha delle competenze indiscusse, che ci stanno consentendo di rafforzare, per esempio, i nostri rapporti con gli Stati Uniti, con i quali sviluppare dei programmi molto molto interessanti”. Come ricordato da Villadei, “l’industria italiana sta già svolgendo un ruolo fondamentale di collaborazione con Axiom, e adesso il compito del nostro paese è quello di riuscire a coinvolgere tutta la comunità spaziale, dalle agenzie all’università”.
Per Comparini “oggi l’Italia ha un vero e proprio ecosistema spaziale, che certamente darà i suoi risultati positivi”. Secondo il manager, l’evoluzione spaziale avrà bisogno di una evoluzione delle tecnologie “e quindi di ricerca e sviluppo attraverso il ruolo fondamentale dell’Agenzia spaziale italiana, e soprattutto attraverso una filiera di piccole e medie imprese che sta crescendo ed è cresciuta in questi vent’anni di attività della Stazione spaziale internazionale”.