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Inutile l’alleanza con Calenda e Renzi. Il Pd parli agli astenuti. L’analisi di Urbinati

La docente e politologa: “Il Movimento 5 Stelle ha perso consensi. Il suo elettorato è piuttosto trasversale (da destra a sinistra) e geograficamente non uniforme (più forte al Sud che al Nord). Per il Pd si potrebbe aprire una partita interessante. La sfida è saper raccogliere parte di questo consenso, quantomeno di coloro che si ispirano a valori vicini alla sinistra”. E su Meloni: “Utilizzerà tutta la sua retorica ‘antagonista’ per ottenere consensi, specie al Sud, dove le difficoltà e lo scontento sono maggiori”

I risultati delle urne alle ultime amministrative hanno consegnato scenari interessanti. Da destra il vento soffia forte dalle parti di Fratelli d’Italia, a detrimento di una Lega in ritirata. Anche al Nord. A sinistra i numeri tutto sommato sono stati lusinghieri, nonostante alleanze a macchia d’olio con i grillini e il declino inesorabile del Movimento 5 Stelle. Secondo la politologa e docente Nadia Urbinati, per il Pd sembra giunto il momento delle scelte. La ricetta per tentare di crescere nei consensi è “liberarsi da poco più degli zero virgola di Calenda e Renzi e puntare a intercettare l’astensionismo”. 

Azione e Italia Viva, al netto dell’alleanza con i 5 Stelle, si sono posti sempre come naturali (e alternativi) interlocutori del Pd. Perché rinunciare al campo largo con i centristi?

Secondo me non sono “naturali” alleati del Pd. Tra i programmi di Letta, Calenda e Renzi intercorrono differenze strutturali. Dall’economia alla tutela ambientale, passando per il lavoro. Non c’è una naturalezza. Le basi di partenza, secondo me, sono diverse. 

Allora il Pd deve continuare nella “cosa” con i grillini, nonostante il tonfo elettorale?

Il Pd deve procedere senza stampelle di alcun genere, cercando di catalizzare i voti di quell’elettorato che, ormai da anni, non si reca più alle urne e non può essere liquidato come “astensionismo fisiologico”. Ed è a questa fetta sempre più consistente di persone – che spesso non se la passa bene – a cui un partito che si definisce democratico dovrebbe rivolgersi con interesse. E’ prudente prendersi cura di queste scontentezze sociali ed economiche. Persone che non si sentono rappresentate nemmeno da partitini di sinistra di nicchia, pressoché irrilevanti. 

Insomma, né con i grillini, né con Renzi e Calenda. 

Il dato di fatto è che il Movimento 5 Stelle ha perso consensi. Il suo elettorato è piuttosto trasversale (da destra a sinistra) e geograficamente non uniforme (più forte al Sud che al Nord). Per il Pd si potrebbe aprire una partita interessante. La sfida è saper raccogliere parte di questo consenso, quantomeno di coloro che si ispirano a valori vicini alla sinistra. Il bacino dei dem, tuttavia, si può allargare in questo senso solo se si rinuncia a fare il ‘salvagente’ di Azione e Italia Viva. 

Di Maio ha ‘strigliato’ Conte, accusandolo di rincorrere Salvini negli attacchi al Governo. Un ulteriore elemento di debolezza del Movimento o tattica politica?

Mi pare che siano tutte piccole tempeste in bicchieri d’acqua. La leadership di Conte è oggettivamente molto sfortunata. La prima prova elettorale è stata una debacle e questo ha contribuito ad alimentare le voci che lo mettono in discussione. Dunque i leader scontenti del risultato elettorale mostrano i muscoli al Governo. Ma, alla fine, non lo lasciano. 

In un suo recente post, lei si è detta preoccupata dalle parole pronunciate alla rassegna di Vox da parte di Giorgia Meloni. Perché?

Il discorso della leader di Fratelli d’Italia è fondato su un’idea di anti-universalismo dei diritti. Una prospettiva che si basa su una strategia di esclusione. In questa ottica però, i diritti non sono più tali ma sono privilegi di chi li possiede, con conseguenti politiche di discriminazione. 

Come si spiega allora il successo elettorale di Fratelli d’Italia?

C’è una larga componente personale: Meloni ha messo in campo una formidabile opera propagandistica celebrativa di se stessa. Ma, a ben guardare, sui territori è riuscita a piazzare poche persone rispetto a Forza Italia o alla Lega. Il che mi fa supporre che il partito non abbia una classe dirigente spendibile. Non v’è dubbio, comunque, che in vista delle politiche del 2023, Meloni utilizzerà tutta la sua retorica ‘antagonista’ per ottenere consensi, specie al Sud, dove le difficoltà e lo scontento sono maggiori. 

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