Se il Cremlino dovesse fermare i flussi verso l’Europa gli istituti teutonici assisterebbero a un deterioramento del proprio business, complice l’impossibilità per le imprese di chiedere e rimborsare i prestiti. E anche per l’Italia ci sarebbero conseguenze
Chi ha paura di rimanere a corto di gas? Tutti, ma forse più di tutti la Germania. La crisi energetica non può non spaventare Berlino, da decenni dipendente dalla Russia e orfana del nucleare. Lo ha messo nero su bianco, proprio pochi giorni fa, Standard&Poor’s: se Mosca chiudesse i rubinetti domani mattina per la Germania si aprirebbero, quasi immediatamente, le porte della recessione. C’è poco da stare allegri, insomma.
E non si spiegherebbe altrimenti l’improvvisa retromarcia tedesca sul tetto al prezzo del gas (qui l’intervista al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Bruno Tabacci), che il board straordinario dei ministri dell’Energia discuterà a stretto giro. Come a dire, se tanto i rubinetti sono destinati a chiudersi, tanto vale provare a pagare il metano un po’ meno e sopravvivere. Ora un’altra agenzia di rating ha deciso di dire la sua sulla questione energetica, chiamando in causa, oltre alla Germania, anche l’Italia. Ma, soprattutto, il sistema bancario rispettivamente della prima e seconda manifattura d’Europa.
Un report, passato quasi inosservato, di Fitch racconta come e perché un’improvvisa interruzione dei flussi all’Europa creerebbe un corto circuito tra gli istituti dei due Paesi. E motivo è presto spiegato. Senza gas e dunque con i macchinari coi giri al minimo o spenti, le imprese vedrebbero in poche settimane evaporare fatturato e margini, mettendosi nella condizioni non solo di chiedere un prestito in banca, ma nemmeno di rimborsare quelli già in essere. Una combinazione che si abbatterebbe come una mannaia sulle banche italiane, già provate da oltre due anni di pandemia e attività industriali a singhiozzo.
“Le banche in Germania e Italia sono tra le più esposte nell’Europa occidentale a un potenziale arresto delle forniture di gas russo”, mette subito in chiaro Fitch nella sua analisi. “L’Europa dovrà affrontare un grave shock macroeconomico in caso di interruzione dei flussi, con la Germania e l’Italia probabilmente le più colpite tra le principali economie. Lo shock indebolirebbe le prospettive di business per le banche con un possibile deterioramento del rating”.
Secondo l’agenzia di rating americana, il minimo comun denominatore tra Roma e Berlino sarebbe proprio il crollo della domanda di finanziamenti. “Un cut-off (stop alle forniture, ndr) russo del gas indebolirebbe la domanda di prestiti, smorzando le prospettive commerciali per le banche e portando a maggiori oneri di svalutazione dei prestiti concessi”. Più nel dettaglio, “le banche tedesche potrebbero subire un deterioramento sostanziale della qualità degli asset se le forniture di gas russe venissero tagliate, in particolare a causa delle loro esposizioni verso settori aziendali vulnerabili”.
E questo nonostante diverse banche tedesche abbiano “effettuato prove di stress sull’impatto di un cut-off del gas russo. E gli stress test mostrano che le conseguenze potrebbero essere significative”. Deutsche Bank, prima banca tedesca, ad esempio, prevede che le sue perdite sui crediti in tale scenario aumenterebbero fino a circa 20 punti base in un periodo di 18 mesi. Riteniamo che l’impatto sulle banche tedesche maggiormente orientate al mercato interno potrebbe essere maggiore poiché le esposizioni creditizie di Deutsche Bank includono un’ampia percentuale di società multinazionali meno esposte all’economia tedesca”.