Mentre Erdogan non accetta le condoglianze americane per l’attentato di domenica scorsa e chiede al contempo gli F16, Israele fa asse con la Grecia anche in chiave energetica. E c’è un giallo tra Libia e Grecia…
Il vertice di Bali, che ha fisiologicamente catalizzato le attenzioni del pianeta, ha quasi messo in secondo piano i “frutti” dell’attentato di domenica scorsa a Istanbul, con le frizioni ancora ben presenti nel Mediterraneo orientale e con la (nuova?) postura di Israele guidata da Bibi Netanyahu. Che cosa può cambiare rispetto alla contrapposizione Ankara-Atene (su cui ieri Tajani ha detto parole precise) e soprattutto come l’esigenza politica di Netanyahu si sposerà con le strategie in campo nell’intera macro area? Non a caso ieri il ministro per le politiche Ue Raffaele Fitto ha incontrato l’ambasciatore israeliano a Roma e il ministro della difesa Guido Crosetto i parigrado di Cipro e Grecia. Ovvero rinforzare il filo che collega politica, immigrazione e difesa con il comun denominatore dell’energia.
Ho partecipato con piacere alla cerimonia dell'insediamento del nuovo ambasciatare di #Israele in #Italia, Alon Bar.
È stata l'occasione per avviare un proficuo dialogo: i nostri Paesi già collaborano su molti settori strategici, dobbiamo continuare a farlo nell'interesse comune pic.twitter.com/VvKO8fB2kC— Raffaele Fitto (@RaffaeleFitto) November 16, 2022
Israele-Grecia
Punto di partenza l’attivismo militare in quel fazzoletto di acque caratterizzate, da un lato, dalla copiosa presenza di gas e, dall’altro, dalle minacce turche rivolte alle isole greche. Una “simulazione” di una crisi avviata da Turchia e terroristi è stata messa in campo dalle marine di Grecia e Israele: durante l’esercitazione, i caccia dell’aeronautica militare ellenica tra cui i nuovi Rafale (e in attesa degli F-35) hanno simulato attacchi missilistici da tutte le direzioni e le otto navi di superficie si sono esercitate a difendersi a vicenda. Non solo una semplice manovra congiunta e già programmata, ma anche l’occasione per lanciare un velato messaggio di deterrenza in un momento in cui abbondano le dichiarazioni minacciose da parte del governo turco.
L’ultima si è verificata domenica scorsa, a poche ore dall’attentato che ha ucciso a Istanbul sei persone: “Se non avessimo catturato la kamikaze sarebbe fuggita in Grecia”, ha sostenuto il governo. Senza dimenticare i proclami erdoganiani su Kastellorizo (“arriveremo di notte”). Anche per questa ragione in alcune delle isole in questione è stata rafforzata la presenza militare per un controllo più stringente: l’esercito greco può contare su sistemi radar israeliani e veicoli corazzati da ricognizione M1117 nelle isole di Chios e Lesbo. Dagli Usa inoltre, (sostenitori di Atene anche in virtù del Memorandum siglato da Mike Pompeo) dopo i Kiowa di seconda mano, dovrebbe arrivare un ulteriore rinforzo alla flotta ellenica, con 50 elicotteri Black Hawk.
Turchia vs Usa
Ma non è tutto, perché Recep Tayyip Erdogan prima ha condannato i Paesi che danno il loro sostegno ai gruppi armati stranieri (“che condividono con loro ogni goccia di sangue versato”) e poi non ha accettato le condoglianze da parte degli Stati Uniti. Una sgrammaticatura non da poco, proprio nelle ore del G20 di Bali e della partita sugli F16, che segue la consueta traccia imboccata dalla Turchia: da sempre accusa Washington di affiancare le milizie curde in Siria, sospettate di essere dietro l’attentato.
Alla guida della Commissione Esteri del Senato americano c’è il repubblicano Bob Menendez, che ha riconfermato tutti i suoi dubbi sulla fornitura americana di F16 ad Ankara: in occasione del 39° anniversario della dichiarazione unilaterale di “indipendenza” del pseudo-stato turco-cipriota organizzato dal Comitato di coordinamento della lotta di Cipro (PSEKA), Menendez ha usato un linguaggio duro contro la Turchia: “Finché sarò presidente della commissione per le relazioni estere del Senato e avrò voce in capitolo nella vendita di attrezzature militari, non accetterò di vendere F-16 alla Turchia. Non dovremmo premiare un paese che è aggressivo nei confronti dei suoi vicini”.
Giallo
Il tutto è condito da un piccolo giallo, visto che oggi non si è svolto a Tripoli l’incontro tra il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias che ieri è stato ricevuto da Tajani, e il presidente del Consiglio di Presidenza libico, Mohamed Menfi. Pochi minuti dopo l’atterraggio dell’aereo greco a Tripoli, il ministro ne ha chiesto l’immediato decollo verso Bengasi, senza sbarco.
Inizialmente Tripoli non era una tappa prevista nel viaggio in Libia. Tuttavia Menfi aveva chiesto che il ministro vi si recasse per un incontro solo con lui. Ma quando l’aereo è atterrato all’aeroporto di Tripoli, dove lo aspettava il ministro degli Esteri del governo di Tripoli, Nayla Mangous, il ministro greco ha deciso di partire senza che l’incontro avesse luogo. Atene parla di “gioco scorretto” con questa mossa improvvisa, facendo aleggiare la mano di Ankara che invece punta a rafforzare non solo il suo legame energetico con la Libia, ma soprattutto la sua influenza geopolitica in un momento in cui la Francia proprio lì sconta non poche difficoltà.
La controparte libica ha invece condannato l’azione unilaterale del ministro degli Esteri greco osservando che la visita era stata pianificata su richiesta ellenica.
@FDepalo
#QuadPartnership 🇨🇾🇫🇷🇮🇹🇬🇷
Minister @PetridesCh joined Ministers @SebLecornu, @GuidoCrosetto and @npanagioto for a forward looking and productive Quad meeting focusing on ways to enhance defence and military cooperation and partnership for the security of the Mediterranean. pic.twitter.com/d57oJPPGsl
— Ministry of Defence 🇨🇾 (@DefenceCyprus) November 15, 2022