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Stazioni di polizia cinese. Il Viminale indaga, Pechino nega tutto

La deputata azzurra Mazzetti ha avuto un incontro “cordiale e fattivo” con il ministro Piantedosi: “È pienamente informato” sul caso. Intanto, il Dragone respinge i sospetti nati dopo un rapporto di Safeguard Defenders

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “è pienamente informato” sul caso delle cosiddette stazioni di polizia cinese d’oltremare in Italia “e intento ad appurare tutte le responsabilità”. Lo ha dichiarato Erica Mazzetti, deputata pratese di Forza Italia, dopo un incontro “cordiale e fattivo” con il titolare del Viminale.

“Le indagini sono in corso”, ha spiegato. “Un governo di centrodestra non può e non intende tollerare situazioni di illegalità o ancor di più ‘polizie parallele’ e non riconosciute sul territorio nazionale. C’è massimo impegno ad appurare il tutto, a partire da come siano nate queste stazioni ma anche chi le sostenga. Piantedosi”, ha rimarcato Mazzetti, “ha voluto trasmettere tranquillità e attenzione al caso e alla comunità pratese”. Proprio per questo, durante l’incontro si è parlato anche della città di Prato, che “merita maggior attenzione da parte degli organi centrali, in virtù delle sue specificità come la presenza di un distretto economico di importanza internazionale e la forte immigrazione”, ha spiegato Mazzetti. “Ho attenzionato il ministro sulle poche risorse umane in dotazione agli organi di sicurezza deputati alla sicurezza della terza città più grande del centro Italia. Anche su questo tema, con i mezzi a sua disposizione, intende apportare delle migliorie. Dopo anni di dismissione, il governo di centrodestra, in carica da appena due mesi, intende prendere di petto il problema sicurezza. Sono certa che la differenza si noterà”, ha concluso la deputata.

“Le forze di polizia, in costante raccordo col comparto intelligence, hanno in corso un monitoraggio di massima attenzione sulla questione”, aveva dichiarato in Aula due settimane fa il ministro Piantedosi spiegando che erano in corso accertamenti sul centro di Milano per verificare che i compiti svolti non comprendano condotte illegalità come la repressione dei dissidenti all’estero. “Seguirò personalmente” il caso delle cosiddette stazioni di polizia cinese in Italia “non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità”, aveva aggiunto. “Quelli dei pattugliamenti congiunti” di polizia con la Cina son “forme di collaborazione” che “non verranno più praticate, né replicate in altre forme”, ha detto il ministro in una recente intervista al quotidiano Il Foglio.

Intanto, però, la Cina respinge le accuse per bocca di Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri. Le dichiarazioni seguono la pubblicazione di una versione aggiornata del rapporto “Patrol and Persuade” da parte dell’organizzazione non governativa spagnola Safeguard Defenders, secondo cui la Cina ha opera “stazioni di polizia” in più di cento località di 53 Paesi nel mondo. L’Italia sarebbe al primo posto per il numero di questi presidi sul suo territorio: nella Penisola se ne troverebbero infatti 11, presenti in Sicilia e in sei città: Roma, Milano, Firenze, Bolzano, Venezia e Prato, che ospita attualmente la più grande comunità cinese in Italia. Istituite formalmente come centri di consulenza per assistere i connazionali all’estero nel rinnovo delle patenti o altre pratiche affini durante la pandemia di Covid-19, le sedi, sostiene l’Ong, sarebbero piuttosto utilizzate dalla Cina per sorvegliare, perseguire e in alcuni casi rimpatriare gli esuli e i dissidenti, avvalendosi di accordi bilaterali in materia di sicurezza siglati con i governi ospitanti.

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