Intervista al viceministro degli esteri di FdI: “L’Italia non è più un Paese da operetta, ora c’è un governo serio e atlantista”. I Balcani? “Non abbiamo un’ottica imperialista, ma sono il nostro naturale cono di interesse”. Mosca? “Niente dialogo se non ripristina le regole del diritto internazionale. Da vent’anni i governi di centrosinistra hanno fatto tagli spaventosi nel settore della difesa”
La musica è cambiata, dice a Formiche.net il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli. Merito di un governo serio e atlantista, che fa da contraltare agli esecutivi del recente passato, troppo inclini a mettere in dubbio la postura occidentale dell’Italia. In questa conversazione Cirielli spiega analiticamente come la politica estera del governo Meloni sia altamente strategica, dai Balcani al Mediterraneo, dagli Usa all’Ue, senza dimenticare la macro area caucasica, nella consapevolezza che “l’Italia non è più un Paese da operetta, ora c’è un governo serio e atlantista”.
Non molti mesi fa Emmanuel Macron spiegava che la Nato era in stato di morte cerebrale e affermava il principio dell’autonomia strategica dell’Europa. Oggi la Ue sigla un nuovo accordo con la Nato. È un passo in avanti o un passo indietro?
È sicuramente un passo in avanti. Insomma, a volte siamo abituati ad alcune dichiarazioni della Francia, più rivolte al suo interno: ovvero per questioni di politica interna che non per questioni di politica estera, per cui non bisogna allarmarsi troppo. L’accordo di ieri sicuramente è un fatto positivo: riteniamo che l’Alleanza atlantica sia la cosa più importante che è avvenuta in questi settant’anni sul piano internazionale, ha garantito pace e sicurezza a livello mondiale e soprattutto ai membri dell’Alleanza nel futuro, in un mondo sempre più pericoloso, diventato pericolosissimo per colpa della Russia. Insomma, siamo ferventi sostenitori del rafforzamento della Nato. Quindi tutto quello che va in questa direzione è assolutamente positivo.
L’imminente conferenza sui Balcani potrà essere l’occasione per l’Italia di farsi pivot nel costone balcanico?
Lì noi da sempre svolgiamo un ruolo importante. Non dimentichiamo il lavoro proficuo dei nostri militari impiegati tra la Bosnia e Kosovo, oltre all’efficace attività svolta nei rapporti con l’Albania e comunque anche con la Serbia. Gli italiani sono quelli che parlano di più e con tutti: quindi onestamente difendiamo i cieli della Croazia e della Slovenia da più tempo. Insomma noi siamo già primi attori adesso. Il ministro degli Esteri Tajani ha dato nuovo impulso in questa direzione e non fermeremo il nostro impegno, ma soprattutto la nostra responsabilità. Osservo che l’Italia non ha un’ottica imperialista, ma i Balcani occidentali sono il nostro naturale cono di interesse: sono quelli di fronte a noi ed è giusto che una grande nazione come l’Italia, per conto dell’Unione europea e della Nato, faccia la sua parte di responsabilità e di impegno.
Alcuni media hanno evidenziato ritardi o tentennamenti da parte del governo Meloni nell’assicurare assistenza militare all’Ucraina. È una fake news o ci sono divisioni nella maggioranza sul supporto al governo di Kiev?
Su Kiev nessuna divisione, la maggioranza è granitica. Semmai il problema ce l’aveva la scorsa maggioranza dove autorevoli membri dell’esecutivo prendevano posizioni distinte e distanti dal governo. Noi, invece, abbiamo predisposto un programma preciso in campagna elettorale: non dimentichiamo che da vent’anni i governi di centrosinistra hanno fatto tagli spaventosi nel settore della difesa e questo, in qualche maniera, ha impoverito le nostre forze armate. Per cui in questo momento abbiamo fatto il massimo che potevamo fare: anzi, considerando lo stato dell’arte per i tagli fatti in passato, l’Italia direi che ha fatto anche più di altre nazioni.
Dopo il Trattato del Quirinale con la Francia, si lavora a un’intesa rafforzata con la Germania. Si tratta di una ipotesi che il governo Meloni considera meritevole di approfondimento?
Penso di sì. La Germania è un partner naturale e storico dell’Italia: abbiamo una profonda connessione culturale e umana e abbiamo una piena identità di vedute. Lavoreremo per avere un rapporto privilegiato, come è giusto che sia tra Italia e Germania. Inoltre il governo tedesco ha avuto anche dei significativi, e molto apprezzati, atteggiamenti di apertura rispetto alle istanze portate avanti da Giorgia Meloni: una cosa che ci ha fatto molto piacere.
Il ministro Tajani ha rilanciato l’importanza della Tunisia anche dal punto di vista del contrasto del fenomeno migratorio. Che ne è della Libia? La questione Mediterraneo continua ad essere centrale? C’è un clima nuovo più ottimista sulla stabilità dell’area?
Diciamo che vedo sia un atteggiamento che un clima nuovo, nel senso che in tutto il mondo, compreso nel Nord Africa, si è capito che l’Italia non è più un Paese da operetta: oggi c’è un governo patriottico e autorevole che ha un forte consenso popolare, con una leader che ha le idee chiare e che vuole rilanciare, nel quadro atlantico dell’Unione europea, la centralità e la responsabilità dell’Italia a livello internazionale, anzitutto nelle aree di nostra responsabilità. Più che di interesse, parlerei di aree di responsabilità che coinvolgono i Balcani occidentali, il Nord Africa, il Mediterraneo. Quindi da questo punto di vista tutti hanno capito che ci saremo.
In pochissimi giorni Giorgia Meloni ha incontrato a Roma Weber, Scholz, von der Leyen, Kishida: quale il posizionamento internazionale per il nuovo governo italiano?
Siamo saldamente e coerentemente incardinati nell’Alleanza atlantica e nell’Unione europea: in questo quadro siamo una grande nazione che ha la sua linea diplomatica e noi, avendo una diplomazia millenaria, chiaramente guardiamo con grande interesse anche a popoli che hanno una comune tradizione millenaria. Penso all’India e alla penisola arabica: più che altro cercheremo di avere una linea anche privilegiata, sempre nella coerenza degli accordi centrali e fondamentali di cui facciamo parte nell’Alleanza atlantica e nell’Unione europea, anche con la tradizione mongola, quindi con il Kazakistan e con l’Asia centrale. L’avremmo anche con Mosca, ma purtroppo la Russia di Putin ha preso un’altra strada: insomma, l’Italia in passato giocava anche il ruolo di mediatore con le istanze del popolo russo che riconosciamo essere qualcosa di diverso dalla Russia di Putin. Ma prendiamo atto che, in questo momento, c’è un clima di impossibilità al dialogo, fin quando non si ripristineranno le regole del diritto internazionale da parte di Mosca.