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Italia e Mediterraneo, governo promosso. I voti di Orsina

“La politica estera di Meloni su questo è pienamente in linea con la politica di Draghi, che certamente non aveva un’ideologia sovranista ma, anche per certi versi, con la linea di un ministro di un governo molto diverso, come Minniti”. Conversazione con Giovanni Orsina

La politica italiana nel Mediterraneo converge pienamente con il percorso ideologico di Giorgia Meloni, che è quello della tutela dell’interesse nazionale. Lo dice a Formiche.net il prof. Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government e autore per Rubbettino di Una democrazia eccentrica. Partitocrazia, antifascismo, antipolitica. La nave Italia sta andando, osserva, “le acque non sono tranquille, ma la nave lo è”.

Meloni a Tunisi: chi invocava di passare dalle parole ai fatti anche in politica estera è stato, seppur in parte, accontentato. La tappa di Tunisi è un altro passetto del governo verso nuove intenzioni mediterranee?

È uno di quei casi nei quali la realpolitik si sposa anche con l’ideologia: molto si sta ragionando sul fatto che questo governo, di fronte alla realtà, ha dovuto attenuare alcune sue asserzioni di natura più robustamente ideologica, che erano state fatte nel periodo dell’opposizione. Mi riferisco al rapporto con l’Europa o al tema del Mes: terreni di battaglia che Meloni aveva praticato dall’opposizione e che nel momento in cui va al governo vengono abbandonati, perché la realtà prende il sopravvento.

In questo caso?

In questo caso la realtà converge, invece, pienamente con il percorso ideologico di Meloni, che è quello della tutela dell’interesse nazionale e quindi di una politica internazionale che badi a tutelare gli interessi del Paese e rafforzarlo nei confronti dell’Europa. Questo è uno di quei casi nei quali la realtà ci dimostra che il tema sovranista, del quale si è sempre detto che non era realistico, in realtà non sempre lo è, tanto più che il mondo si sta facendo sempre più difficile su alcuni terreni.

Quali?

Energia e Mediterraneo: si può fare poco altro che una politica di interesse nazionale. Ulteriore dimostrazione è il fatto che la politica di Meloni su questo è pienamente in linea con la politica di Draghi, che certamente non aveva un’ideologia sovranista, ma anche, per certi versi, con quella di un ministro di un governo molto diverso, come Minniti. Per cui siamo in presenza di uno di quei terreni sui quali, alla fine, oltre ai percorsi ideologici, occorre dialogare con quegli interlocutori e cercare di costruire buoni rapporti su una serie di dossier fondamentali come quello energetico e quello dell’immigrazione.

L’idea di costruire un ponte con l’Africa, come dimostrano le numerose citazioni di Mattei, può servire anche come metodo per le relazioni europee da tessere con Francia e Germania?

Sì. Mettere in campo il tema africano, naturalmente, significa articolare lo scenario anche delle relazioni intra europee, in particolare con la Francia. Rispetto alla politica africana c’è una tradizione di concorrenza fra Italia e Francia, quindi fare dell’Italia un ponte con l’Africa può aiutare i rapporti ma anche creare delle frizioni. D’altra parte l’idea di far sì che l’Italia diventi un hub di approvvigionamento energetico per tutta l’Europa magari è velleitaria, magari è difficile da praticare, magari i progetti sono troppo ambiziosi, però ha senso.

Per quale ragione?

Perché l’Italia ha la posizione geografica che ha. L’idea che nel momento in cui i rubinetti energetici russi si chiudono il Paese si candidi a diventare un hub energetico anche al servizio dei partner europei è buona. Però è un progetto del quale sento parlare più o meno da vent’anni: se n’è parlato tanto, non s’è mai fatto. Vediamo se il conflitto russo ucraino darà una spinta per trasformarlo in un qualcosa di reale.

Il realismo di dover fare i conti con l’amministrazione ordinaria (ad esempio giustizia) e straordinaria (sciopero benzinai), impone al governo delle scelte, con la consapevolezza di navigare in acque quasi mai tranquille. Ma la nave comunque va?

La nave sta andando: le acque non sono tranquille, ma la nave lo è. Raramente abbiamo avuto una situazione di politica interna così tranquilla, relativamente s’intende: tranquilla per sostanziale assenza di alternative. L’opposizione, purtroppo, è in una condizione disastrosa: in questo momento non è in grado di presentare un’alternativa di nessun tipo e presumibilmente non lo sarà ancora per molti mesi.

La situazione all’interno della maggioranza?

Non è tranquillissima, però è anche vero che non ci sono alternative neanche per i partner di Meloni. Dove vanno Lega e Forza Italia? Con chi costruiscono un’alleanza? Per cui, di fatto, la nave politica italiana raramente è stata così solida. Le acque restano molto agitate, su questo non c’è dubbio: però tutto sommato la nave sta facendo il suo dovere nel senso che sta affrontando i dossier e le emergenze cercando sostanzialmente di trovare delle soluzioni realistiche e di buon senso.

Dove migliorare?

Nel disegno generale, che ancora non si vede: è pur vero che quando le acque sono molto agitate si bada soprattutto a sopravvivere e non affondare, ma comunque bisogna cercare, per quanto possibile, di indirizzare la nave in una qualche direzione. Non si può soltanto pensare di affrontare i cavalloni uno per uno, bisogna almeno provare a mettere in fila le idee e a pensare dove si vuole andare.

Le frizioni interne alla maggioranza verranno superate dopo le elezioni regionali?

Le frizioni non passeranno mai perché hanno una componente fisiologica a motivo di un sistema elettorale che costringe alle coalizioni e poi genera competizione al loro interno. Detto questo, è ben evidente che una volta passato il voto quelle frizioni dovrebbero diminuire – farsi, in un certo senso, croniche –, per poi ricominciare ad aumentare all’inizio del 2024, quando ci si riavvicinerà alle elezioni europee.

@FDepalo


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