Bruxelles e Washington stanno lavorando su un accordo per estendere la portata delle sovvenzioni statunitensi per le tecnologie verdi alle industrie europee, attraverso un accordo strategico sulle materie critiche per la transizione, con l’obiettivo finale di contrastare la morsa cinese su tutti i settori cleantech
Prove generali di convergenza tra Unione europea e Stati Uniti sulla questione sussidi verdi. Stando a Bloomberg, che avrebbe parlato con gli addetti ai lavori, i partner transatlantici stanno discutendo i dettagli di una strategia sulle materie prime critiche – alla base delle tecnologie pulite, o cleantech – per consentire alle aziende europee di beneficiare degli incentivi statunitensi previsti dall’Inflation Reduction Act.
Questo è il prosieguo delle aperture di dicembre, quando l’amministrazione di Joe Biden ha risposto alle preoccupazioni europee (e non solo) indicando che avrebbe adottato una definizione flessibile riguardo ai Paesi che hanno un accordo di libero scambio con gli Usa. L’Ue non ce l’ha, ma una futura collaborazione lungo le filiere delle materie critiche potrebbe riempire questo vuoto e consentire, per esempio, ai produttori di auto elettriche europei di accedere agli sgravi fiscali previsti dall’Ira.
Le nuove regole offrono ai consumatori un credito d’imposta fino a 7.500 dollari per i veicoli elettrici assemblati in Nord America, a condizione che almeno il 40% delle materie prime utilizzate per le batterie provengano o siano state raffinate negli Usa o in Paesi collegati con un accordo di libero scambio. Per ora questa provvigione limita la platea a Canada e Messico, tagliando fuori i produttori di auto e batterie europei, coreani e giapponesi – che infatti hanno criticato aspramente il taglio protezionistico dell’Ira.
“Non abbiamo qualcosa con l’Europa e il Giappone che possiamo considerare un’area di libero scambio, ma potremmo negoziare un accordo”, ha detto martedì la Segretaria al Tesoro, Janet Yellen, al Wall Street Journal. “Per esempio, potrebbe esserci un accordo sul commercio di minerali, [materie] critiche e così via. Se i Paesi vi aderissero, potremmo scoprire che una cosa del genere potrebbe qualificarsi in futuro come area di libero scambio. Stiamo ragionando in questa direzione”.
Le discussioni tra Bruxelles e Washington sarebbero solo in fase iniziale, stando alle fonti governative di Bloomberg. Il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha sottolineato l’impegno “a continuare a comprendere le preoccupazioni dei nostri partner”, senza commentare direttamente le trattative. In Ue, intanto, si spinge per includere anche i materiali riciclati nel futuro accordo con gli Usa, mentre internamente si progetta la risposta all’Ira – un “Net-Zero Industry Act” – per sostenere le realtà industriali cleantech.
Per il Vecchio continente, che teme la deindustrializzazione (complice il caro-energia) e la migrazione delle industrie strategiche oltreoceano,le sovvenzioni Usa rimangono una fonte di preoccupazione. Il “come” si discuterà al summit Ue del 9 e 10 febbraio, ma i soliti sospetti rigoristi – Germania e Paesi Bassi – hanno già respinto una bozza delle conclusioni, scritta dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e sostenuta dalla stragrande maggioranza delle capitali Ue, che indicava come soluzione un fondo paneuropeo (per mantenere la parità di condizioni tra Paesi) finanziato a debito comune.
A ogni modo, quella che all’apparenza può sembrare una corsa transatlantica al protezionismo verde va letta in funzione della Cina – la minaccia principale alla transizione di Usa e Ue, in virtù della sua presa saldissima su più filiere cleantech, tra cui pannelli solari e batterie agli ioni di litio, le migliori per le auto elettriche. In questo campo Pechino ha il controllo globale (82%) sull’estrazione della grafite, una componente essenziale, e un monopolio di fatto nei settori della raffinazione, la fabbricazione delle celle, le loro componenti. Oltre che una presa del 54% sulla produzione dei veicoli elettrici (e la grinta per dominare il mercato globale delle auto tra pochi anni), per non parlare delle altre tecnologie verdi.
Fonte: Foreign Policy
Non è un caso se già da novembre la rappresentante al Commercio Usa, Katherine Tai, esortava l’Ue a sviluppare una strategia di sussidi parallela – ancor meglio: complementare – rispetto a quella statunitense. Parimenti, nel suo discorso a Davos, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha minimizzato le tensioni tra le due sponde dell’Atlantico e parlato di pareggiare il campo da gioco, pesantemente inclinato da un ventennio di sussidi mirati e trasferimento di know how occidentale, con la Cina.