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Italia ponte naturale verso Israele. La visita di Netanyahu vista da Saccone

EastMed? “L’Italia potrebbe, con il nuovo gasdotto, svolgere il ruolo di ponte tra l’Occidente e l’Oriente, senza dimenticare che Israele è una delle pochissime democrazie in quel quadrante mediorientale. Dobbiamo prendere coscienza che abbiamo le porte aperte dappertutto, ma occorre avere una classe dirigente e anche una classe imprenditoriale che siano davvero capaci di mettere a frutto tali occasioni”. Conversazione con l’ex senatore popolare

“Dobbiamo prendere coscienza che abbiamo le porte aperte dappertutto, ma occorre avere una classe dirigente e anche una classe imprenditoriale che siano davvero capaci di mettere a frutto tali occasioni”. Questo il monito che l’ex senatore popolare Antonio Saccone affida a Formiche.net commentando la visita a Palazzo Chigi del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Un’occasione di incontro e di dialogo su temi strategici per Roma, come il gas, l’Ict, l’Iran e la geopolitica legata alle “due sponde” del Mediterraneo. L’EastMed? Secondo Saccone l’Italia potrebbe, con il nuovo gasdotto, svolgere il ruolo di ponte tra l’Occidente e l’Oriente.

ANTONIO SACCONE POLITICO

Benjamin Netanyahu ha detto a Giorgia Meloni di essere rimasto molto colpito dalla sua leadership: che ne pensa?

Credo che abbia avuto la percezione di avere dinanzi a sé una leader non improvvisata, anche se la premier è la prima volta che ha varcato la soglia di Palazzo Chigi. Si è reso inoltre conto che la presidente Meloni ha lavorato pedissequamente nella fase precedente, per svolgere in modo autorevole questa sua funzione. Anche grazie ai resoconti della diplomazia, penso che il premier israeliano abbia avuto un riscontro positivo, vedendo soprattutto il piglio con cui la Meloni sta gestendo la postura italiana nella guerra in Ucraina. Per cui quell’atteggiamento italiano verso l’Ucraina, verso Mosca e verso la compattezza dell’Unione europea è il “filo atlantico” che ci lega ai nostri migliori alleati, gli Stati Uniti d’America: ciò ha dato profonda autorevolezza all’azione della premier, sia nelle varie cancellerie europee che del Medio Oriente.

Come rafforzare l’asse Roma-Tel Aviv, anche in un’ottica geopolitica?

Contano i fatti in politica estera e, purtroppo, la guerra in Ucraina ci ha spiegato che nessuno può essere equidistante: oggi c’è una guerra in corso alle porte dell’Europa e fin quasi al suo interno, per cui non si può scegliere una terza via. O si sta da una parte o dall’altra: credo che questo passaggio sia stato spiegato da Meloni in tutte le sue uscite pubbliche e non pubbliche, oltre che in tutti gli atti formali del governo. Ho sempre in mente una grande frase che mi è stata raccontata da Lorenzo Cesa quando incontrò l’allora cancelliere tedesco Helmut Kohl dopo la riunificazione delle Germanie: se avesse dovuto seguire i sondaggi non avrebbe mai portato a compimento l’Unione, disse Kohl. Quindi, forse memore di quelle parole,  Meloni non segue troppo l’opinione pubblica, quanto i progetti, visto che un leader di un Paese se vuole contare nello scacchiere internazionale non può tentennare assolutamente su temi dirimenti.

Israele, ha detto Netanyahu, vorrebbe “accelerare le esportazioni di gas verso l’Europa attraverso l’Italia”: è questa l’anticamera alla ripresa del gasdotto EastMed?

Me lo auguro. Purtroppo nella scorsa legislatura c’è stato uno stop, poi abbiamo firmato finalmente l’accordo, ma ora osservo che è stato messo a latere. Il mio auspicio e che si concluda positivamente, anche perché il quadro generale è cambiato. Dopo un anno di guerra si è trasformato il modo di concepire le relazioni internazionali e gli interessi geopolitici, si è purtroppo creato un muro immaginario tra le democrazie occidentali, quelle in cui al centro c’è la persona, e le democrazie autarchiche. Necessariamente dobbiamo decidere da quale parte stare. L’Italia potrebbe, con il nuovo gasdotto, svolgere il ruolo di ponte tra l’Occidente e l’Oriente, senza dimenticare che Israele è una delle pochissime democrazie in quel quadrante mediorientale. Per Roma è fondamentale costruire e mantenere un rapporto privilegiato non solo in termini di bilancia commerciale, ma sul tema energetico, settore che l’Europa degli ultimi 30 anni ha totalmente trascurato. Purtroppo lo schiaffo in faccia è arrivato e non possiamo permetterci di dipendere dagli altri.

Netanyahu ha auspicato che Meloni svolga una visita a Gerusalemme accompagnata poi da 100 aziende leader, come già accaduto in India e Eau.

Io sono nato in Israele e gli israeliani sono molto affascinati dallo stile italiano, nella moda e nella cultura. Sono inoltre diventati tra i più grandi produttori di vino nel Golan, grazie all’esperienza maturata qui in Italia 30 anni fa. Per cui dobbiamo prendere coscienza che abbiamo le porte aperte dappertutto, ma occorre avere una classe dirigente e anche una classe imprenditoriale che siano davvero capaci di mettere a frutto tali occasioni. Il fatto che il Governo si comporti in questo modo, così come fatto a Nuova Dehli e Abu Dhabi, assieme ad una forte compagine di aziende italiane è a mio modo di vedere il modo migliore per portare il marchio Italia in giro per il mondo.

Sul dossier Iran quali sono i passi che Roma dovrà compiere?

Invito ad osservare che chi ha avallato l’aggressione militare da parte della Russia in Ucraina, non ne ha valutato i riflessi su altri scacchieri, come Iran e Taiwan. Cosa sarebbe accaduto se fosse passato il messaggio che, in una settimana, una superpotenza come la Russia avrebbe invaso uno Stato sovrano democratico senza conseguenze? Avrebbe costituito una sorta di scintilla per tutti gli altri focolai. Sull’Iran, a mio modo di vedere, avallare l’elaborazione di una bomba atomica significa avallare una situazione drammatica che diventa tale non solo in quel quadrante ma nell’intera umanità. Vedendo come il regime iraniano uccide e reprime il suo stesso popolo, penso che la comunità internazionale debba mantenere ancor più forte la pressione su Teheran.

@FDepalo


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