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Così Nave Bergamini si esercita con gli Usa nell’Indo Pacifico

L’Italia ha partecipato con la fregata Bergamini a un’esercitazione congiunta con alleati europei e statunitensi lungo la fascia occidentale dell’Indo Pacifico, in quell’area di interconnessione con il Mediterraneo allargato. Roma aumenta la sua presenza nel quadrante, dove si muovono anche attori rivali

Unita navali dell’Unione europea e degli Stati Uniti hanno condotto un’esercitazione congiunta nell’Indo Pacifico occidentale il 23 e il 24 marzo. Alle manovre ha partecipato anche Nave Bergamini, fregata lanciamissili della Marina Militare, in un esempio di come Roma abbia interesse a essere presente in quel quadrante, sia commercialmente quanto militarmente e politicamente. L’Italia sta già prendendo parte a certe attività, pianificandone altre come l’invio della fregata Morosini o della portaerei Cavour per missioni nell’Indo Pacifico in coordinamento con Washington e Bruxelles e con gli alleati regionali.

Usa e Ue nell’Indo Pacifico

Le recenti esercitazioni si sono svolte seguendo le decisioni prese nell’ultimo ciclo di consultazioni ad alto livello Ue-Usa sull’Indo-Pacifico che si sono svolte il 2 dicembre 2022 a Washington. Il dialogo tra i due alleati è una delle forme di coordinamento per l’impegno in quella regione cruciale. L’incontro di dicembre era stato condotto dalla vicesegretaria di Stato statunitense Wendy Sherman e dal segretario generale dell’European External Action Service, il diplomatico italiano Stefano Sannino.

In quell’occasione, Sherman e Sannino avevano coordinato i lavori del quarto incontro ad alto livello del EU-US Dialogue sulla Cina – uno degli elementi cardine per costruire certe visioni comuni, emerse anche durante il Consiglio Europeo dei giorni scorsi – e del terzo incontro delle U.S.-EU High-Level Consultations sull’Indo-Pacifico. I due alti funzionari avevano sottolineato in una dichiarazione congiunta che “gli Stati Uniti e l’Unione Europea non sono mai stati così allineati sulle nostre prospettive strategiche”, sottolineando “la forte determinazione transatlantica comune nel difendere la libertà, la democrazia e i diritti umani in tutto il mondo” e rilanciando “il costante impegno a intraprendere ulteriori azioni coordinate per affrontare le attuali sfide globali”.

Le manovre congiunte

L’esercitazione euro-americana si è svolta “nel quadro del pattugliamento e dell’esercizio della libertà di navigazione in alto mare”, spiega un comunicato. Le manovre hanno coinvolto il cacciatorpediniere lanciamissili USS Paul Hamilton della US Navy, la fregata spagnola Reina Sofia e l’italiana Bergamini. Nave Bergamini è una Fremm, acronimo del programma italo-francese con cui sono state costruite queste unità “multi-missione”. Insieme alla Reina Sofia fa parte della Forza navale dell’Ue impegnata nella “Operazione Atalanta”.

Istituita nel 2008, Atalanta è stata la prima operazione militare a carattere marittimo a guida europea. È stata pensata per il monitoraggio della sicurezza marittima in una zona compresa tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e parte dell’Oceano Indiano, Isole Seychelles incluse. Un’area che, spiega la Marina, ha dimensioni simili a quelle del bacino del Mediterraneo, sottolineando che l’obiettivo è “scoraggiare, prevenire e reprimere la pirateria e gli atti di depredazione armata in mare”.

La maritime security è una delle attività considerate cruciali da Usa e Ue – con impegni operativi anche delle unità Nato sono il Maritime Command dell’alleanza. L’area dell’Indo Pacifico occidentale è determinante perché rappresenta il punto di interconnessione tra quella regione e il Mediterraneo allargato (l’ambito di proiezione geopolitica primaria dell’Italia). Le manovre dei giorni scorsi hanno previsto “scambi professionali sulle procedure di imbarco, sulla navigazione e sull’addestramento volto a migliorare l’interoperabilità e l’integrazione”.

L’impegno comune, militare e politico

L’esercitazione rientra nell’impegno comune dell’Ue e degli Stati Uniti a lavorare per una cooperazione marittima concreta e a sostenere un Indo-Pacifico libero e aperto, in linea con documenti quali la Strategic Compass dell’UE, la Strategia dell’UE per la cooperazione nell’Indo-Pacifico e la Indo Pacific Strategy degli Stati Uniti. Nel comunicato condiviso con i media per raccontare le manovre, l’Ue e gli Stati Uniti ribadiscono anche il loro “impegno a perseguire ulteriormente il coordinamento e il lavoro complementare per la sicurezza marittima regionale per sostenere la libertà di navigazione e altri usi legittimi del mare a livello internazionale nell’Indo-Pacifico”.

Insieme agli alleati transatlantici si stanno coordinando anche altri Paesi cosiddetti “like-minded”, come per esempio il Giappone – che già due anni fa ha preso parte a esercitazioni anti-pirateria sul Golfo di Aden insieme al Regno Unito. L’Africa orientale, area perimetrale dell’Indo Pacifico, è diventata oggetto dell’interesse anche della Corea del Sud e in un futuro prossimo potrebbe coinvolgere anche Taiwan (e Singapore, altro Paese impegnato nella sicurezza marittima) nelle varie operazioni, mentre l’India è già presente per evidenti ragioni di carattere geografico e geostrategico.

È proprio in queste operazioni che l’Italia trova spazio, inserendosi come operatore (militare e politico) nell’asse indo-abramatico creato dall’intesa I2U2 tra Israele, India, Emirati Arabi Uniti e Usa. Da sottolineare che la sensibilità e l’importanza della regione è percepita anche da attori rivali, come per esempio Russia, Cina e Iran. I tre Paesi si sono anche recentemente esercitati in quella fascia marittima, creando una contro-narrazione politico-militare attorno alle loro attività e a questo raggruppamento – che sta crescendo per intensità del coordinamento, anche con l’obiettivo di creare un modello di governance (anche del quadro securitario) alternativo a quello attuale, a guida occidentale.

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