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La stabilità è la ricetta anti-Wagner in Libia. Tutti gli ostacoli secondo Badi (AC)

Il governo italiano non vede nella Wagner soltanto un problema legato alle dinamiche libiche, ma ritiene che il quadro generale delle attività africane della società asset del Cremlino sia giocato per erodere la capacità di azione degli europei e degli americani. Secondo Emadeddin Badi dell’Atlantic Council, la Russia si metterà di traverso alla stabilizzazione del Paese, anche con il veto alle Nazioni Unite

“La nuova strategia decennale per prevenire i conflitti e promuovere la stabilità, in Libia si basa su partenariati costruttivi e programmi a livello di comunità che supportano le aspirazioni del popolo libico per stabilità, responsabilità e governance reattiva. Questa iniziativa sottolinea l’impegno degli Stati Uniti a schierarsi con il popolo libico e sostenere il progresso verso un governo unificato democraticamente eletto, in grado di fornire servizi pubblici e promuovere la crescita economica in tutte le aree”.

Narrazioni e interessi

Il virgolettato è dell’inviato speciale dell’amministrazione Biden per la Libia, l’ambasciatore Richard Norland, che ha diffuso questa dichiarazione pubblica a commento/integrazione dell’uscita della US Straregy to Prevent Conflict and Promote Stability. Si tratta di un documento strategico, preparato dal dipartimento di Stato, con cui Washington concettualizza piani di stabilizzazione di crisi complesse come quella libica. Spiega nel commento che accompagna la strategia il segretario Antony Blinken che “coloro che sono più vicini alle sfide sanno meglio dove si trovano le opportunità per la pace. I nuovi piani decennali per l’attuazione della Strategia per la prevenzione dei conflitti e promozione della stabilità enfatizzano la creazione di partenariati locali per promuovere un cambiamento positivo nelle comunità”.

Il dossier libico è cresciuto di interesse a Washington anche perché è collegato una complessità: la presenza del Wagner Group in Africa. I mercenari russi sono acquartierati da anni (probabilmente dal 2017) in alcune basi della Libia orientale. Da lì hanno dato sostegno alle ambizioni del capo miliziano Khalifa Haftar, che aveva (forse ha ancora?) interesse a diventare il nuovo rais. La Wagner si muove in Libia tramite un accordo firmato al Cremlino alla presenza del deus ex machina della società, Yvgeny Progozhin, gerarca putiniano che sta acquisendo potere, centralità e ambizione sfruttando l’occasione della guerra russa in Ucraina.

Fermare la Wagner

Secondo fonti di Bloomberg, dopo una fase in cui Prigozhin intendeva dare spinta alle sue più alte aspirazioni all’interno del regime russo, probabilmente portato a ridimensionarsi dagli altre figure chiave dell’apparato, avrebbe deciso di tornare a concentrarsi sull’Africa. Il gruppo è un asset della penetrazione geostratgica russa nel continente. Dislocati  in Sudan, Repubblica Centrafricana, Mali, Libia e vari altri Paesi, gli uomini di Prigozhin stringono contratti per la sicurezza con gli attori locali, e cercano fortuna nei business connessi alla gestione delle materie prime e di traffici di vario genere. Questa presenza destabilizzante della società di Prigozhin è considerata parte della strategia con cui la Russia si approccia al continente, curando i propri interessi e costruendo — sia dal punto di vista formale, sia tramite operazioni di infowar — condizioni a detrimento degli ingressi dei Paesi europei e statunitensi. Come ha dichiarato il ministro della Difesa Guido Crosetto, potrebbero essere ormai connessi anche le dinamiche migratorie.

Per esempio, dietro al boom di partenze dall’Est della Libia, potrebbero anche esserci i russi? “Non credo che ci sia ancora alcuna prova pubblica che Wagner sia coinvolto nell’agevolazione del traffico di migranti attraverso la Libia. Si tratta di un’attività nazionale e il traffico di migranti è un mercato cui Wagner non può essere coinvolto in modo indipendente. Però il traffico di migranti attraverso l’Est della Libia è orchestrato da Saddam Haftar e dai suoi accoliti a Tobruk e dintorni. Le incursioni del Libiyan National Army (la milizia haftariana, ndr) nel traffico di migranti non sono nuove, ma le reti orientali hanno ora stabilito i propri punti di partenza attraverso la Libia orientale. Se da un lato i viaggi sono più pericolosi, dall’altro sono più redditizi per le reti criminali della Libia orientale e per i personaggi legati ad Haftar”, ha spiegato a Formiche.net Emadeddin Badi, analista dell’Atlantic Council.

Sopprimere la Wagner, stabilizzare la Libia

Va specificato che il governo italiano non vede nella Wagner soltanto un problema legato alle dinamiche libiche, ma ritiene che il quadro generale delle attività africane della società asset del Cremlino sia giocato per erodere la capacità di azione degli europei — e dunque degli americani — nel continente. D’altronde la società di Prigozhin è specializzata nelle attività di guerra ibrida, prodotte anche attraverso compagne di propaganda, interferenza e influenza pensate per produrre effetti in ambito sensibili per i rivali — e il settore dell’immigrazione è uno di questi, visto quanto è in grado di alterare il dibattito politico e pubblico tra membri dell’Ue. Badi ha recentemente prodotto un’analisi che potrebbe fare da guida per gli interessi statunitensi, europei e in definitiva italiani, visto che la tesi che si porta dietro è chiara: per contrastare la presenza del Gruppo Wagner in Africa, gli Stati Uniti dovranno dare priorità alla stabilizzazione della Libia.

“Gli sforzi americani per risolvere lo stallo politico in Libia — spiega l’esperto dell’Atlantic Council — dovranno affrontare molte sfide. Isolata, la Russia probabilmente ostacolerà le iniziative di pace delle Nazioni Unite usando il suo potere di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza. Anche se passasse una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si dovrebbero prendere in considerazione meccanismi alternativi per ancorare meglio i nascenti sforzi di pace delle Nazioni Unite sotto la guida del Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Abdoulaye Bathily”. Per Badi questo è possibile solo se gli Stati Uniti sviluppaeranno la loro politica sulla Libia “in modo più sostanziale e si posizionano come un arbitro che fa leva sulla coercizione e sugli incentivi per influenzare gli alleati e i partner della regione a seguire la loro guida (sotto l’egida dell’Onu). In assenza di un tale sforzo, la Russia si limiterà a superare l’attuale tempesta e la Libia sarà lasciata aperta allo stesso multipolarismo e all’opportunismo transazionale che hanno frenato la sua transizione, su cui Mosca, tra i tanti, ha prosperato”.

L’attivismo americano

Dell’impegno americano sul dossier si è tornati a parlare con maggiore attenzione dopo alcuni recenti passaggi recenti. Innanzitutto, la visita del direttore della Cia, Williams Burns: passato poi al Cairo, il capo dell’agenzia di intelligence ha incontrato vari attori libici e parlato con loro soprattutto della presenza della Wagner. Successivamente anche l’assistente del segretario di Stato per gli affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf, è stata nel Paese (e poi in Egitto): la diplomatica pare abbia strappato una parziale disponibilità di Haftar a sganciarsi dalla Wagner — a determinate condizioni che riguardano il suo futuro ruolo nel Paese. Di queste attività, pensate su Libia e Sudan, condotte anche attraverso i canali military-to-military, se è parlato parecchio in questi primi tre mesi dell’anno.

In particolare, sono state al centro degli incontri che il capo degli Stati maggiori congiunti statunitensi e il generale che guida il Comando Africa del Pentagono hanno avuto a Roma nelle scorse settimane. La capitale italiana ha ospitato il vertice tra la leadership militare americana e quella di svariati Paesi africani. Rassicurati sull’impegno securitario e politico americano, quei Paesi hanno ricevuto informazioni sul ruolo e sugli interessi profondi della Wagner (che spesso in Africa si è macchiata di crimini di vario genere). Nonché hanno ricevuto richieste di cooperazione per limitare le capacità africane di quella che gli Usa classificano come “entità criminale internazionale”.

Il piano di Washington

Gli Stati Uniti sono impegnati ad aiutare i libici nella loro lotta per un futuro più pacifico, stabile e unificato, spiega il dipartimento di Stato. L’approccio personalizzato e scalabile del piano sarà applicato a quattro obiettivi generali che guideranno l’impegno diplomatico, di sviluppo e di sicurezza. Primo, far avanzare la Libia nella transizione “verso un sistema politico unificato, democraticamente eletto e stabile, che goda di un’ampia partecipazione e accettazione da parte della società libica e che sia in grado di fornire in modo efficace ed equo servizi pubblici mirati e di proteggere i diritti umani di tutti i libici”.

Secondo, la Libia “integri meglio il Sud, storicamente emarginato, nelle strutture nazionali, portando a una più ampia unificazione e rendendo sicuro il confine meridionale. Terzo, “la Libia progredisca verso un apparato militare e di sicurezza unificato e controllato dai civili, con il monopolio dell’uso legittimo della forza, in grado di mantenere la stabilità e contribuire agli obiettivi di sicurezza regionale. E infine, “il contesto economico e imprenditoriale della Libia favorisca una crescita economica sostenibile ed equa, attenua la corruzione e consente una migliore gestione delle entrate”.

Contemporaneamente Washington intende coinvolgere gli stakeholder locali durante l’attuazione in modo più sistematico durante tutte le fasi, per favorire l’appropriazione e il coinvolgimento negli obiettivi. Il piano americano dichiara di riflettere un approccio intergovernativo alla pianificazione e all’attuazione, con un contributo sostanziale da parte di tutti i settori della diplomazia, dello sviluppo e della difesa”, l’approccio tridimensionale è quello definito “3Ds”.



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