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Sostenibilità, ecco la nuova missione delle imprese tra etica e innovazione

Di Mauro Cervini

Pubblichiamo un estratto dal libro dal titolo “Il coraggio di crescere. La roadmap segreta delle aziende che raggiungono il successo quotandosi in borsa” (Edizioni Draw Up) scritto da Mauro Cervini, strategist e professional investor, dal 2022 promotore e coordinatore dell’Osservatorio Euronext Growth Milan dell’Università Federico II di Napoli

Sconfiggere la povertà. Assicurare la salute e il benessere per tutti e tutte le età. Raggiungere l’uguaglianza di genere. Incentivare un’occupazione piena e produttiva, un lavoro dignitoso per tutti. Costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile.

Questi sono solo alcuni degli obiettivi dell’Agenda 2030, un “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”, secondo la sua definizione, volto all’eliminazione di alcuni ostacoli ancora ingenti all’affermazione di un’economia e una cultura che rispettino appieno i presupposti di uno sviluppo sostenibile. Un piano d’azione condiviso dai 193 paesi dell’Onu e sottoscritto nel 2015, che impegna ciascun paese a mettere in atto misure, riforme, incentivi, con risultati che siano trasparenti e misurabili sempre in vista di un unico obiettivo: la sostenibilità. La storia istituzionale dello sviluppo sostenibile ha prodotto negli ultimi cinquant’anni un apparato normativo ampio che costituisce la condizione di possibilità per la creazione e l’esistenza di qualsivoglia impresa o associazione.

Ad ogni modo, se è quasi impossibile oggi imbattersi in un ambito, un progetto, un’impresa, un concept, che nella loro attività non includano i principi fondamentali dello sviluppo sostenibile è perché oggi il termine “sostenibile” è divenuto sinonimo immediato di “etico”; non più solo una sfaccettatura, un corollario del retto agire; non più un plus ma una caratteristica necessaria di ogni azione o scelta che voglia dirsi altruista, rispettosa e condivisibile. La sostenibilità oggi è innanzitutto una missione.

Una vocazione, che caratterizza in modo pervasivo la cultura del presente, e nella mente delle nuove generazioni è sedimentata con la stessa forza di un postulato matematico. Lo sviluppo sostenibile si impone agli imprenditori e aspiranti tali, allora, sia dall’alto sia dal basso: come condizione di costituzione avremo la compliance normativa, come condizione di sopravvivenza il soddisfacimento dei bisogni del consumatore, non più indifferenti a quanto ciò che acquistano testimoni un impegno etico consono e adeguato. Per un’impresa in crescita così come per quelle già esistenti, non rispondere agli imperativi della sostenibilità vuol dire allora porsi automaticamente fuori dai giochi.

Ma cosa si intende per sostenibilità? La definizione oggi condivisa risale al 1987 e al rapporto Brundtland della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. È la seguente: “Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.

Il discorso sullo sviluppo sostenibile, nato negli anni Settanta in reazione al problema energetico conseguente alla crisi internazionale che seguì al conflitto arabo-israeliano, nasce come urgenza di constatare la limitata disponibilità delle risorse naturali ed energetiche del pianeta e di immaginare scenari che minassero meno a tale scarsità e la conservassero; nel tempo, il significato di “sostenibile” si è però ampliato e ha assunto nuove sfaccettature e nuovi contenuti. Non si tratta, ovviamente, di un discorso concluso. Come leggiamo nella definizione, infatti, non esiste una condizione di armonia, in merito alla sostenibilità, che sia definitiva. Invece, nel suo corso, lo sviluppo sostenibile deve costantemente essere tracciato e confrontato con l’effettiva situazione globale. Lo sviluppo sostenibile è un dialogo ancora aperto e una riflessione in fieri tra ciò che è, come risulta migliore rispetto al passato, come potrà migliorare in futuro. Quali sono, dunque, le “risorse” di cui si parla nella definizione?

Oggi, la sostenibilità ha tre significati: Profit, Planet, People.

PROFIT: innanzitutto, si parla di sostenibilità economica. La crescita, pur non essendo condizione sufficiente, rimane comunque una condizione necessaria per lo sviluppo. Non si può parlare di sviluppo sostenibilità in caso di decrescita o di sottosviluppo. Un’attività sostenibile è un’attività che genera ricchezza, crea posti di lavoro, favorisce la crescita di aree del mondo in via di sviluppo aumentando la competitività internazionale.

PLANET: sostenibilità ambientale. È sostenibile ciò che è anche ecologico. Può essere definita ecologica un’azione che mette in discussione e si preoccupa non solo della quantità di risorse utilizzate rispetto alla quantità di risorse disponibili (ad esempio, le materie prime utilizzate in fase di produzione) ma anche delle conseguenze ambientali di tali azioni (emissioni di CO2, inquinamento, impatto a lungo termine sulla biodiversità del pianeta).

PEOPLE: la sostenibilità ha anche una dimensione sociale. Non può dirsi sostenibile un’attività che precluda (o anche non favorisca, restando neutra) uno sviluppo inteso come miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, come progresso verso uguaglianza, pari opportunità, redistribuzione equa della ricchezza. È imprescindibile oggi chiedersi quanto ciò che facciamo aumenti, anche indirettamente, il benessere generale.

Per far sì che ognuna di queste tre dimensioni caratterizzi l’andamento, le strategie e i processi dell’impresa, è necessario che l’imprenditore rimanga costantemente aggiornato sui parametri di una valutazione dell’efficienza ecologica e sostenibile, che assuma una prospettiva di lungo periodo e soprattutto che la sostenibilità non sia soltanto una norma da seguire, ma che costituisca la cultura stessa dell’azienda. La sostenibilità non deve esser vista come una serie di condizioni finali da raggiungere, ma deve entrare nel core business. In altre parole, non deve essere un limite in senso negativo, bensì un obiettivo positivo dell’attività: non si tratta più di evitare processi, materie prime, emissioni potenzialmente nocive per l’ambiente; si tratta invece di contribuire attivamente con la propria attività a spostarsi di un passo avanti rispetto alle tre dimensioni della sostenibilità di cui sopra.

Per questo motivo la sostenibilità come cultura deve divenire parte del nucleo della mentalità e delle strategie aziendali, perché deve indirizzare il modus operandi in ogni ambito tanto quanto l’attività principale. Imprescindibile, a tal proposito, la definizione delle relazioni con gli stakeholder; anche questi ultimi dovranno di necessità condividere la stessa missione, in caso contrario l’impatto complessivo e la valutazione dell’impresa potrebbe risentirne. Un’azienda di Food & Beverage, ad esempio, che non voglia essere estranea agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, dovrà certificare non solo l’impatto ambientale delle emissioni e la cosiddetta carbon footprint, ma anche tracciare in maniera trasparente la sua supply chain, in modo da certificare la sostenibilità della sua catena di fornitura.

Non meno importante della trasformazione del core business e della scelta attenta degli stakeholder è l’utilizzo dell’innovazione ai fini della sostenibilità. Nonostante possa sembrare controintuitivo, perché tipicamente si tende a considerare ecologico o sostenibile ciò che è naturale a discapito di quanto invece implica tecnologia, oggi le aziende, in particolare le industrie, possono contare sulla tecnologia anche per intervenire in maniera attiva: ad esempio, con le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio, oppure sfruttando le tecnologie di produzione di energia sostenibile (eolica o solare) ma anche di produzione di carburanti green, dunque quelle dei trasporti, fino ad arrivare addirittura alla costruzioni di edifici sostenibili e progettazioni urbane ad hoc, nonché alle nuove tecnologie di agricoltura alternative ad un uso intensivo del territorio.

L’innovazione è centrale anche nella progressiva transizione ad un’economia circolare. Altra qualificazione indispensabile insieme ad un’innovazione green, l’economia circolare è un sistema produttivo che prevede il riutilizzo dei materiali di scarto come materie prime che possano innescare nuovamente il processo di produzione. Perciò, non solo può essere definita sostenibile per l’attenzione rivolta alla disponibilità delle risorse, ma anche, da un punto di vista della sostenibilità economica, perché l’affermarsi di tale economia può generare nuovi posti di lavoro. All’economia lineare che prevede una successione di azioni tale per cui si preleva, produce, si consuma e si butta, l’economia circolare introduce un paradigma di consumo incentrato sul recupero, sul riciclo e sulla riduzione dei danni ambientali e degli sprechi.

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