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L’Italia non indugi sul Mes e sui tassi niente illusioni. Parla Messori

Conversazione con l’economista della Luiss e saggista Marcello Messori. Non c’è ragione di temere il Meccanismo di stabilità, la sua attivazione è assolutamente discrezionale. E poi c’è in gioco l’Unione bancaria europea. La Bce non si fermerà tanto facilmente. L’Italia corre più di Francia e Germania perché ha dato più soldi a famiglie e imprese​

C’è poco da indugiare sul Mes. L’Italia farebbe bene a ratificare il Trattato che regola e riforma il Meccanismo di stabilità, perché darebbe un segnale di compattezza all’Europa. E contribuirebbe a posare la prima pietra dell’Unione bancaria. Il giorno dopo l’endorsement di Bankitalia sul Mes, Marcello Messori, economista della Luiss e saggista prende la palla al balzo. Sconfinando, però, anche nel campo della crescita, dopo la triplice promozione tutta italiana arrivata da Moody’s, Istat e la stessa Via Nazionale.

LA VIA DEL MES

“Non ci sono ostacoli oggettivi al Mes, almeno dal punto di vista economico. La riforma permette allo strumento di rimanere un veicolo per la gestione delle crisi di bilancio dell’area euro. Non c’è, in questo senso, nessun obbligo per la sua utilizzazione”, puntualizza Messori. “Dobbiamo capire che il Meccanismo di stabilità è assolutamente discrezionale, non c’è nessun obbligo, ma è al contempo uno strumento prezioso per la risoluzione delle crisi. Inoltre, è un pilastro dell’Unione bancaria europea, senza di esso, questa architettura verrebbe certamente meno. Per questo l’Italia dovrebbe ratificare il Trattato, non ci sono rischi. Bisogna sempre ricordare che, qualora si chiedesse l’intervento del Mes, scatterebbero linee di credito assolutamente precauzionali. Insomma, non vedo perché non dovremmo sbloccare l’impasse a livello comunitario”.

UN PIT STOP PER LA BCE?

L’economista affronta poi il delicato tema dei tassi, a valle delle strette monetarie della Bce, spesso giudicate in fuorigioco. “Bisogna capire una cosa. In assenza di futuri, nuovi, shock esogeni, come una nuova guerra, l’inflazione continuerebbe a calare, come già sta facendo. E allora, la Bce potrebbe intervenire ancora un paio di volte, a cavallo dell’estate, per poi lentamente fermarsi. Ma questo non vuol dire ripiegare, anzi. Le previsioni della stessa Bce dicono che l’inflazione scenderà al 2% non prima del 2025, il che vuol dire che se e quando ci sarà un rallentamento, avverrà a fine 2024. Il che non vuol dire cambiare intonazione della politica monetaria, questo è chiaro. Insomma, la strada è ancora lunga, ma certamente il raffreddamento dell’inflazione è un segnale”.

TURBO ALL’ITALIANA

E che dire del sorpasso italiano su Francia e Germania? “Roma corre più di Parigi e di Berlino, ci sono tante componenti che spiegano tale fenomeno. Il primo è che l’Italia ha avuto una forte spesa pubblica, forti trasferimenti di denaro a famiglie e imprese durante la pandemia e tutti proseguiti anche nel 2022. Penso al sostegno all’edilizia. Questo è un fattore contingente. E poi c’è da dire che l’Italia viene da un periodo di forte stagnazione, dunque un rimbalzo era nelle cose. Ma c’è un fatto positivo, sottolineato anche da Bankitalia: la ristrutturazione dell’apparato produttivo italiano, dunque della manifattura. Questo segna un progresso nella dinamica della produttività”.

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