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Cinque fratelli per un impero. Il futuro di Mediaset&Co secondo Paolo Bricco

Con la scomparsa del fondatore dell’impero finanziario ed editoriale gli eredi, a cominciare da Marina e Piersilvio, dovranno comportarsi da imprenditori finalmente normali e capaci di confrontarsi con il mercato. Ce la faranno, dalla loro c’è la solidità familiare trasmessa da Silvio. Vivendi? Ad oggi non è un problema. Conversazione con il giornalista e saggista, inviato del Sole 24 Ore, Paolo Bricco

Cinque, sedici, sei. Sono questi i tre numeri da tenere appuntati sul taccuino, se l’argomento della discussione è il futuro dell’impero di Silvio Berlusconi. Cinque sono i figli, sedici i nipoti e sei, euro più, euro meno i meno, il valore in miliardi della galassia creata a partire da quasi mezzo secolo fa dal carismatico imprenditore, fondatore di Forza Italia e protagonista indiscusso di trent’anni di politica italiana. Oggi però, più che mai, il futuro delle aziende della famiglia Berlusconi è da scrivere, su nuove pagine.

L’IMPERO BERLUSCONI

La mattina del 12 giugno 2023, a pochi minuti dalla morte di Berlusconi, il contatore di Forbes segnava la ricchezza netta del leader di Forza Italia e della sua famiglia in 6,9 miliardi di dollari, corrispondenti a circa 6,4 miliardi di euro al cambio odierno. Al centro dell’impero c’è ovviamente Fininvest, la holding finanziaria della famiglia che governa storicamente su tre grandi asset quotati: Mediaset (divenuta Mfe, Mediaforeurope, Mediolanum, la banca di proprietà della famiglia Doris e nata grazie all’intuizione dello scomparso fondatore Ennio uniti ai finanziamenti dell’allora imprenditore edile Berlusconi). E poi c’è Mondadori.

Breve promemoria. Fininvest possiede quote poco sotto il 50% in Mfe, ha il 53,3% del capitale di Mondadori, strappata a Carlo De Benedetti 34 anni fa dopo la guerra di Segrate e possiede il 30,12% di Mediolanum, la società del risparmio gestito ha mosso i primi passi come socio rilevante fin dagli anni 80 quando partì il boom dei fondi comuni e la cui quota Fininvest vale quindi 1,83 miliardi. Di fatto due terzi dell’intero valore del portafoglio delle partecipate quotate di Fininvest. Fin qui lo scacchiere.

Poi ci sono i pedoni, come Vivendi, la media company francese di Vincent Bollorè (già socio di riferimento in Telecom al 23,7%) e che ha in mano il 23,2% del Biscione, sia in forma diretta sia tramite il veicolo Simon Fiduciaria (18,7%). Oggi Berlusconi non c’è più e nelle cronache c’è la tentata scalata francese a Mediaset del 2016, fermata dalla contraerea della stessa famiglia dell’ex premier. Ora la domanda è: e adesso? Formiche.net ne ha parlato con Paolo Bricco, giornalista, saggista ed inviato del Sole 24 Ore.

IL FUTURO DI MEDIASET

“Partiamo da un concetto: Berlusconi ha lasciato una famiglia solida e preparata, nel senso che sia Piersilvio, sia Marina, da tanti anni hanno in mano le aziende del gruppo”, mette subito in chiaro Bricco. “Altro aspetto è Mondadori che è una società molto managerializzata. Mediaset, nonostante sia più datata rispetto ai nuovi player come Netflix, continua ad essere molto guardata dagli over 50. Se, infatti, andiamo a leggere i bilanci, vedremo che la società è tornata a generare utili e margini. Da questo punto di vista, mi aspetto che ci sia la possibilità per il Biscione, di andare incontro ai naturali processi di concentrazione europei. Un meccanismo spesso bloccato dalla condizione politica dello stesso Berlusconi”.  Insomma, “è verosimile prevedere delle integrazioni future anche con altre grandi famiglie di editori di caratura europea, soprattutto per quanto riguarda Mediaset”.

UN GRUPPO NORMALE

Poi, oltre i media e oltre l’editoria “ci sono molte partecipazioni, come Mediolanum. Una partecipazione che ha grande liquidabilità, finanziaria allo stato puro. Quindi, c’è sia un tema finanziario, che riguarda asset come Mediolanum, sia quello più prettamente editoriale, che riguarda Mondadori e Mediaset”, spiega ancora Bricco. “Una cosa è certa: le aziende del gruppo diventeranno normali. Normali nel senso che non avranno più quell’alone della politica. Questo vuol dire, nella sostanza, che queste imprese potranno finalmente confrontarsi con il mondo reale, cosa che finora la presenza di Berlusconi ha sostanzialmente impedito”.

LA VARIANTE VIVENDI

Certo, mai smettere di guardarsi le spalle, anche quando si ha una famiglia solida, unita e aziende in salute. Ma per Bricco, Vivendi potrebbe non essere un problema per gli eredi Berlusconi. “La società francese ha un enorme problema con Telecom (il socio transalpino vuole 30 miliardi per la rete dell’ex monopolista, ma le offerte sia di Kkr, sia di Cdp-Macquarie sono ancora lontane, ndr) e finché non lo risolve non credo possa essere un elemento di preoccupazione. Torno a dire che, come sempre accade alla morte dei patriarchi, spesso i figli hanno il bisogno di diventare degli imprenditori normali, con tutte le scelte del caso. Attenzione, non sto dicendo che i Berlusconi vogliono vendere. Ma certamente occorrerà confrontarsi in modo più diretto con il mercato”.

Anche perché verrà meno quella copertura politica garantita finora dallo status del defunto Berlusconi, di ex premier e fondatore e leader indiscusso di uno dei maggiori partiti della seconda Repubblica. “Da quello che leggo, mi pare ci sia un ottimo rapporto tra Marina e Giorgia Meloni. Marina è sempre stata la figlia più vicina al padre per passione politica. Non mi stupirebbe una comunanza di intenti tra Marina e il premier”.

NIENTE FAIDE

Un’ultima riflessione riguarda la futura unità della famiglia Berlusconi. La storia industriale e finanziaria italiana è piena di faide, dagli Agnelli ai De Benedetti. Ma anche qui Bricco non la vede troppo nera. “Quando ci sono i soldi, si sa, tutto è possibile. Ma quello che Berlusconi ha sempre fatto è trattare con grande generosità i figli, che hanno sempre adorato il padre. Questo vuol dire che molti possibili fattori di scontro, sono stati eliminati e neutralizzati”.

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