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Per gli olandesi di Asml il decoupling tra Asia e Occidente non può funzionare

Christophe Fouquet, vicepresidente esecutivo dell’azienda leader nel settore europeo, è stato chiarissimo: disaccoppiare la catena di fornitura è “estremamente difficile e costoso”, ai limiti dell’impossibile. Un monito nel momento in cui i Paesi vogliono costruire fabbriche di produzione tutte per loro. Ma Asml deve molto del suo successo attuale agli Stati Uniti

“Estremamente difficile e costoso”. Non usa giri di parole il vicepresidente della Asml (Advanced Semiconductor Materials Lithography), Christophe Fouquet, nell’affermare i problemi di un eventuale disaccoppiamento della catena di fornitura dei semiconduttori. Anzi, se proprio deve essere onesto, una prospettiva simile è sostanzialmente impossibile. A non permetterlo è l’attuale situazione mondiale, dove emerge un’unica convinzione, ovvero che l’unione fa la forza. “È solo una questione di tempo prima che le persone realizzino come l’unico modo per avere successo con i semiconduttori è attraverso la cooperazione”, ha affermato a Nikkei. Lo afferma grazie all’esperienza che la sua azienda ha maturato da quando è nata a Veldhoven, nel su dei Paesi Bassi, prima di diventare un punto di riferimento nel mondo dei chip, essendo la più grande azienda fornitrice per questa industria sul globo, e la società europea dalla maggiore capitalizzazione (270 miliardi di euro).

Attualmente l’Asml collabora con le più grandi aziende del settore come Zeiss, Cymer, Tsmc e Intel. Una catena di montaggio efficiente, oltre che indispensabile, perché nessuno di queste potrebbe andare avanti da sola. “L’idea che potremmo tornare in un piccolo angolo buio e fare tutto da soli è, molto probabilmente, un concetto stimolante”, ha aggiunto. Ma tutt’altro che percorribile. Il motivo è presto detto. Se Asml è produttrice esclusiva di Euv (macchine litografia ultravioletta estrema che permettono la realizzazione di microchip al di sotto dei 7 mm – va ricordato che meno sono grandi, maggiore è l’efficienza), Cymer lo è per la sorgente luminosa di queste apparecchiature, mentre Zeiss per lo specchio di precisione. Il che significa una sola cosa: se si inceppa uno, gli altri saranno costretti a farlo.

Un concetto che le giapponesi Nikon e Canon allo stesso modo della cinese Shangai Micro Electronics Equipment sembrano non aver ancora assorbito visto che, come ammesso dallo stesso Fouquet, stanno “cercano di fare da sole”. Questa non è la filosofia di Asml, convinta di come per la tecnologia più sofisticata sia necessaria una produzione più locale possibile. Tra l’80% e il 90% della produzione viene effettuata nella sede olandese e l’intento è mantenerla per il prossimo triennio. Lì concentra anche la riparazione e il riciclo dei materiali: l’anno scorso, l’azienda ha riutilizzato l’87% delle macchine usate ma, entro il 2025, l’obiettivo è salire al 95%.

L’unicità dell’Asml la rende di conseguenza un fiore all’occhiello dell’intero comparto, impossibile da sostituire. Non è possibile replicare le sue macchine Euv, su cui ha un monopolio totale, o almeno non con le stesse garanzie, il che comporta un’inevitabile necessità di cooperarci senza tentare alcun sorpasso. La competitività, in questo caso, sarebbe tutt’altro che sana. Esempio concreto ne sono la Tokyo Electron, la Lam Research e l’Applied Materials, aziende più piccole ma che devono inevitabilmente contare l’una sull’altra, visto che la catena di montaggio dei chip richiede una collaborazione che parte dalla prima fase, quella dello sviluppo, all’ultima. “Ci scambiamo tutte le informazioni necessarie”, ha affermato il vicepresidente. Altrimenti, “le aziende finirebbero dei guai”.

Va ricordato sempre, però, che il monopolio di Asml è legato molto agli Stati Uniti: senza gli investimenti dei fondi e delle banche d’affari, senza i brevetti sviluppati in America, e senza il via libera delle autorità di controllo sugli investimenti stranieri (Cfius), oggi probabilmente il colosso olandese non sarebbe quello che è. Ed è per questo che da Washington esercitano pressione su Asml per non avvantaggiare (o per rallentare) la crescita cinese nei semiconduttori.

La vicenda assume un carattere ancor più centrale nel momento in cui in Europa è in corso una gara per la produzione di chip. Intel ha infatti siglato un accordo record con Polonia4,6 miliardi di euro per l’apertura di un centro di produzione a Breslavia, il più grande investimento mai fatto nella storia polacca – seguito da quello ugualmente enorme con la Germania10 miliardi per un altro centro a Magdeburgo, che aprirà nel 2027. L’azienda statunitense ne ha conclusi altri con Francia e Irlanda, senza contare quello da 25 miliardi con Israele – ed è pronta a fare lo stesso con Italia e Spagna.

E questo è forse l’aspetto più positivo, visto che nelle intenzioni di Intel ogni impianto di back-end è necessario per rendere l’Europa indipendente dai chip asiatici e statunitensi. Diverso invece il discorso per Tesla. Elon Musk sta facendo il giro del continente per capire dove è più vantaggioso aprire la sua gigafactory: e qui la lotta si fa molto più serrata. Da cui sembrerebbero tirarsene fuori Stellantis e Foxconn, che un paio di giorni fa hanno lanciato la loro joint venture SiliconAuto. Dal 2026 si occuperà della progettazione e della vendita di un gruppo di chip di ultima generazioni per l’industria automobilistica, sfruttando le competenze di Foxcoon nel settore Itc e l’esperienza di Stellantis nel rispondere alle esigenze della mobilità mondiale, inclusa quella elettrica.



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